martedì 6 agosto 2013

Ninì Cassarà e Roberto Antiochia 6 agosto 1985. Gaetano Costa, 6 agosto 1980.

Fare Memoria. "Convinciamoci che siamo dei cadaveri che camminano". Erano state queste le parole di Ninì Cassarà pronunciate durante i funerali del commissario  Beppe Montana ucciso pochi giorni prima, il 28 luglio 1985., nell'estate in cui la mafia decapitò il vertice della Squadra Mobile palermitana. Quelle parole, una tragica profezia, vennero  ricordate anni dopo dallo stesso Paolo Borsellino nella sua ultima intervista rilasciata nel luglio 1992, pochi giorni prima di essere a sua volta ucciso. 
Paolo Borsellino e Ninì Cassarà

Ninì Cassarà non doveva avere scampo: tre killer, protetti da altri uomini nella strada, si erano appostati nei mezzani di tre piani della palazzina dove Cassarà viveva insieme alla moglie Laura e ai due figli: Cassarà aveva avvertito del suo arrivo sua moglie che, come sempre, era affacciata al baloce per controllare che nella strada tutto fosse tranquillo. Un traditore celato fra gli uomini della Questura, e mai scoperto,rinforò i killer dell'arrivo di Cassarà: 9 uomini e 200 pallottole di kalashnikov fecero a brandelli l'Alfetta del Commissario Cassarà che riuscì solo a lanciarsi verso l'ingresso della palazzina, invano. Il poliziotto Roberto Antiochia, 23enne, fece da scudo con il suo corpo a Ninni e morì subito. Solo l'agente Natale Mondo restò illeso ma sarebbe stato ucciso anch'egli il 14 gennaio 1988 davanti al negozio gestito dalla moglie.
Saveria Antiochia, madre di Roberto ucciso insieme a Ninni Cassarà il 6 agosto 1985, dopo i funerali scrisse una lettera aperta di denuncia al ministro dell'Interno Scalfaro, che la Repubblica pubblicò sotto il titolo "Li avete abbandonati"Gli occhi di quella madre, che successivamente avrebbe girato instancabilmente tutta l'Italia, furono sempre presenti ai processi, e quando toccò lei testimoniare, senza un attimo di esitazione, guardarono dritto quelli degli esecutori e dei mandanti.
In questo video, l'intervista di Mauro Rostagno.



Gaetano Costa

fonte Wikipedia
Di lui scrisse un suo sostituto che era un uomo “di cui si poteva comperare solo la morte”.
Alle 19:30 del 6 agosto 1980, mentre passeggiava da solo ed a piedi, morì dissanguato sul marciapiede di via Cavour a Palermo. Al funerale parteciparono poche persone soprattutto pochi magistrati.[
Non va dimenticato che, pur essendo l'unico magistrato a Palermo al quale, in quel momento, erano state assegnate un'auto blindata ed una scorta, non ne usufruiva ritenendo che la sua protezione avrebbe messo in pericolo altri e che lui era uno di quelli che “aveva il dovere di avere coraggio”.
Nessuno è stato condannato per la sua morte ancorché la Corte di assise di Catania ne abbia accertato il contesto individuandolo nella zona grigia tra affari, politica e crimine organizzato.
Da molti settori, compresa la Magistratura, si è cercato di farlo dimenticare anche, forse, per nascondere le colpe di coloro che lo lasciarono solo e, come disse Sciascia, lo additarono alla vendetta mafiosa.
Il suo impegno fu continuato da Rocco Chinnici, allora tra i pochi che lo capirono e ne condivisero gli intenti e l'azione. E a cui, per questo, toccò la stessa sorte.

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