lunedì 25 aprile 2022

LIBERAZIONE è FRUTTO della RESISTENZA: "PER DIGNITA' NON PER ODIO"

Piero Calamandrei: "(...) Vittoria contro noi stessi: aver ritrovato dentro noi stessi la dignità dell’uomo. Questo fu il significato morale della Resistenza: questa fu la fiamma miracolosa della Resistenza. Aver riscoperto la dignità dell’uomo, e la universale indivisibilità di essa: questa scoperta della indivisibilità della libertà e della pace, per cui la lotta di un popolo per la sua liberazione è insieme lotta per la liberazione di tutti i popoli dalla schiavitù del denaro e del terrore, questo sentimento della uguaglianza morale di ogni creatura umana, qualunque sia la sua nazione o la sua religione o il colore della sua pelle, questo è l’apporto più prezioso e più fecondo di cui ci ha arricchito la Resistenza. 

"LIBERAZIONE è FRUTTO della RESISTENZA 

"PER DIGNITA' NON PER ODIO"

Oggi siamo chiamati a riflettere sulla effettiva concretizzazione dei principi della LIBERAZIONE, frutto del sacrificio della RESISTENZA di tante cittadine e cittadini "responsabili": princìpi in gran parte ancora da realizzare, riflessioni che non possono prescindere dal dramma della "schiavitù del denaro e del terrore" che si ri-materializza nella guerra in cui la Russia di Putin, invadendo uno stato libero e indipendente quale l'Ucraina,  scuote e chiama a responsabilità la stessa Europa. 
Oggi vale per l’Europa intera quello che negli anni passati abbiamo auspicato per la nostra comunità: "(…) occorre riscoprire  e rendere vivi i valori di conoscenza e partecipazione per essere cittadine e cittadini responsabili, perché questi sono tempi in cui "ci vuole Coraggio..." anche solo per "fare comunità", per “sentirsi parte di una comunità”. 
Oggi però è anche il momento di mettere da parte l'ipocrisia che consente di mantenere rapporti e affari con Stati che  -pur non essendo "in guerra"- violano i diritti umani; Stati che fanno della loro forza economica, o dell'importanza strategica della loro posizione, la merce di scambio che consente loro di acquistare silenzio e accondiscendenza pur violando principi che dovrebbero essere imprescindibili e non "negoziabili".

Estratto dal discorso di Piero Calamandrei  agli studenti della Cattolica di Milano, inaugurando un ciclo di lezioni sulla Costituzione (26 gennaio 1955): 

"(...) L’articolo 34 dice: “I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”. Eh! E se non hanno i mezzi? Allora nella nostra Costituzione c’è un articolo che è il più importante di tutta la Costituzione, il più impegnativo per noi che siamo al declinare, ma soprattutto per voi giovani che avete l’avvenire davanti a voi. Dice così: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. È compito di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana: quindi dare lavoro a tutti, dare una giusta retribuzione a tutti, dare una scuola a tutti, dare a tutti gli uomini dignità di uomo. Soltanto quando questo sarà raggiunto, si potrà veramente dire che la formula contenuta nell’art. 1 – “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro” – corrisponderà alla realtà. Perché fino a che non c’è questa possibilità per ogni uomo di lavorare e di studiare e di trarre con sicurezza dal proprio lavoro i mezzi per vivere da uomo, non solo la nostra Repubblica non si potrà chiamare fondata sul lavoro, ma non si potrà chiamare neanche democratica perché una democrazia in cui non ci sia questa uguaglianza di fatto, in cui ci sia soltanto una uguaglianza di diritto, è una democrazia puramente formale, non è una democrazia in cui tutti i cittadini veramente siano messi in grado di concorrere alla vita della società, di portare il loro miglior contributo, in cui tutte le forze spirituali di tutti i cittadini siano messe a contribuire a questo cammino, a questo progresso continuo di tutta la società.

E allora voi capite da questo che la nostra Costituzione è in parte una realtà, ma soltanto in parte è una realtà. In parte è ancora un programma, un ideale, una speranza, un impegno di lavoro da compiereQuanto lavoro avete da compiere! Quanto lavoro vi sta dinanzi! (...) Perché quando l’art. 3 vi dice: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana” riconosce che questi ostacoli oggi vi sono di fatto e che bisogna rimuoverli. Dà un giudizio, la Costituzione, un giudizio polemico, un giudizio negativo contro l’ordinamento sociale attuale, che bisogna modificare attraverso questo strumento di legalità, di trasformazione graduale, che la costituzione ha messo a disposizione dei cittadini italiani. Ma non è una Costituzione immobile che abbia fissato un punto fermo, è una Costituzione che apre le vie verso l’avvenire. Non voglio dire rivoluzionaria, perché per rivoluzione nel linguaggio comune s’intende qualche cosa che sovverte violentemente, ma è una costituzione rinnovatrice, progressiva, che mira alla trasformazione di questa società in cui può accadere che, anche quando ci sono, le libertà giuridiche e politiche siano rese inutili dalle disuguaglianze economiche dalla impossibilità per molti cittadini di essere persone e di accorgersi che dentro di loro c’è una fiamma spirituale che se fosse sviluppata in un regime di perequazione economica, potrebbe anche essa contribuire al progresso della società. "(...) Però, vedete, la Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta: la lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile, bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità.  (…)"      

Alessia Candido, giornalista: "Che Aldo torni a dire "26x1" per dare il via alla Liberazione" 

"Il 25 aprile o è antifascista o non è .Il 25 aprile deve essere divisivo, perché fascisti vecchi e nuovi ormai sono troppo bravi a nascondersi.

Il 25 aprile deve essere difeso da chi prima lo ha svuotato di ogni significato e ora cerca di smantellarlo.

Il 25 aprile è stato il culmine della lotta generosa, nelle montagne e nelle città, nelle fabbriche e nei latifondi, contro un italianissimo regime dittatoriale che per vent'anni ha tutelato pochi, soliti, noti padroni delle ferriere e schiacciato, affamato, oppresso, incarcerato, ammazzato molti. Con metodo scientifico e intenzione.

Quei padroni delle ferriere, i loro eredi e i loro emuli sono ancora in giro, si permettono di dare lezioni di civismo, di distribuire patenti di buono e cattivo per nascondere ancora, per l'ennesima volta giochi sporchi. E sono ritornati i ritrovamenti a orologeria delle pistole nelle sedi sindacali, fantomatiche "cellule eversive" fra i compagni, campagne di criminalizzazione di chi chiede pace con tanto di novelli autoproclamati D'Annunzio.

E allora, oggi come allora, Resistenza. E che Aldo torni a dire "26x1" per dare il via alla Liberazione."

(ALDO DICE 26X1: è la frase in codice con cui inizia il testo del telegramma diffuso dal Clnai indicante il giorno [26] e l'ora [1 di notte] in cui dare inizio all'insurrezione che condusse alla  Liberazione dal nazi-fascismo)

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