La parola ebraica "pesach", da cui deriva Pasqua, significa "passare oltre", "tralasciare". Nel racconto biblico l'azione di "passare oltre" fa riferimento alla "decima piaga", nella quale si narra che il Signore, vedendo il sangue dell'agnello sulle porte delle case di Israele, "passò oltre" colpendo solo i primogeniti maschi degli egiziani, compreso il figlio del faraone (Esodo, 12,21-34). La Pesach indica quindi la liberazione di Israele dalla schiavitù sotto gli egiziani e l'inizio di una nuova libertà con Dio verso la terra promessa. Pasqua è la resurrezione del Cristo che sconfigge la morte e "passa oltre".
Pablo Picasso disegnò una "Colomba del Futuro", immagine di un "futuro possibile", in cui il simbolo della Pace -la Colomba- si posa su strumenti di guerra di morte distrutti, sconfitti da una Umanità che "passa oltre". Ma questi sono giorni di una guerra differente, l'attacco del virus CORONAVID 19, una ”tempesta” che, colpendo l’Umanità intera, ha colpito anche noi italiani, gli occidentali, la parte fortunata del mondo fino a ieri in "immeritata vacanza" dalla Storia, dalla miseria, dalle guerre, dalla desolazione e dalla disperazione quotidiana che si svolge a poche ore di volo dalle nostre case.
Le parole pronunciate da Papa Francesco lo scorso 27 marzo 2020 in occasione della momento di
preghiera per la pandemia del coronavirus, in una piazza San Pietro deserta,
saranno uno dei momenti che passerà alla storia: “(…) Da settimane
sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre
piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto
di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al
suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi.
Ci siamo trovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati
presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi
conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello
stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti
bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti. Come quei
discepoli, che parlano a una sola voce e nell’angoscia dicono: «Siamo perduti»
(v. 38), così anche noi ci siamo accorti che non possiamo andare avanti
ciascuno per conto suo, ma solo insieme.(…)”
Passerà nella "storia" di tante esistenze la sofferenza patita in questi giorni per la malattia, il dolore per la perdita di genitori, parenti, amici, conoscenti. Una sofferenza resa ancora più amara, crudele, dalla mancanza dei propri cari proprio mentre il "cammino" si faceva più impervio o mentre addirittura si avvicinava la fine del "cammino". Una sofferenza spesso mitigata dalla vicinanza di medici e infermieri che hanno preso a cura, con pietà e amore, coloro che erano stati colpiti dal virus
Siamo sferzati dalla stessa tempesta ma, a differenza degli apostoli, non siamo sulla stessa “barca”. Si abbia l’onestà di confessarlo: tante sono le differenze, i muri, anche nelle nostre comunità. E tante voci si sono levate in questi giorni ad ammonire che, passata “la tempesta”, nulla dovrà essere come prima, facendo riferimento agli errori di una “umanità moderna” che sembra correre verso il baratro, accecata, nonostante i segnali che ammoniscono sulla insostenibilità di tante sue azioni: lo scandalo della povertà e delle diseguaglianze che annichiliscono la dignità di tante persone, i privilegi dei moderni “faraoni” arroccati in metaforiche fortezze, le offese arrecate all’Ambiente, alla Madre Natura. Ripetiamo allora oggi quanto abbiamo scritto nei giorni passati: se oggi riuscissimo a comprendere l'imprescindibile necessità della "transizione dall'io al noi", l'aver sconfitto questo nemico invisibile (il virus, "il parassita") non sarebbe stato poca cosa! Siamo sferzati dalla stessa tempesta ma, a differenza degli apostoli, non siamo sulla stessa “barca”. Si abbia l’onestà di confessarlo: tante sono le differenze, i muri, anche nelle nostre comunità. E tante voci si sono levate in questi giorni ad ammonire che, passata “la tempesta”, nulla dovrà essere come prima, facendo riferimento agli errori di una “umanità moderna” che sembra correre verso il baratro, accecata, nonostante i segnali che ammoniscono sulla insostenibilità di tante sue azioni: lo scandalo della povertà e delle diseguaglianze che annichiliscono la dignità di tante persone, i privilegi dei moderni “faraoni” arroccati in metaforiche fortezze, le offese arrecate all’Ambiente, alla Madre Natura. Ripetiamo allora oggi quanto abbiamo scritto nei giorni passati: se oggi riuscissimo a comprendere l'imprescindibile necessità della "transizione dall'io al noi", l'aver sconfitto questo nemico invisibile (il virus, "il parassita") non sarebbe stato poca cosa! Sarebbe “un miracolo” la transizione "dall’io al noi",(puoi leggere qui), avrebbe davvero il significato di una Umanità che “passa oltre” per incamminarsi verso una vita diversa, migliore, per tutti a partire da coloro che sono i più deboli: Pace e Giustizia per l'Umanità
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