2 AGOSTO 1980 - BOLOGNA - LA STRAGE
Ripetiamo quello che abbiamo già detto più volte: "Morti innocenti, delitti oscuri perpetrati da mani a cui abbiamo dato il nome di mafie, bande, terroristi, servizi segreti deviati, golpisti. E’ successo e forse potrebbe succedere ancora: delitti commessi pensando che, in Italia, potesse servire “a qualcosa e a qualcuno” spargere sangue innocente, seminare paure e insicurezza per annientare persone, idee, valori".
Nell'anniversario di quattro anni fa, il giornalista del fatto Quotidiano Emiliano Liuzzi ( scomparso nell' aprile 2016) aveva scritto parole dure (leggi qui), gettando una luce su coloro che, anch'esse vittime della Strage, sono stati dimenticati: I feriti, i feriti a morte: "(...) che sono rimasti nell’illusione che il sacrificio sotto a quelle macerie servisse come sacrificio, appunto. Come vergogna".
Se possibile, gli anniversari delle stragi che hanno insanguinato l'Italia diventano ancora più dolorosi se pensiamo a quanto emerso, ad esempio, dal processo "Borsellino Quater", processo nel quale si acclara la verità denunciata sin dall'inizio dalla famiglia Borsellino: anche Via d'Amelio fu una "strage di stato", commessa con la complicità e la collusione di "pezzi" dello Stato impegnati ad eliminare qualunque ostacolo si frapponesse alla "trattativa". Tanto da agire, quei pezzi dello stato, affinchè si mettesse in atto il più grande depistaggio della storia italiana. A nulla sono valsi sinora gli appelli "inusuali" a parlare, a rivelare quel che si sa, appelli rivolti non già a pentiti criminali, mafiosi, ma a uomini e donne delle istituzione che, pure a conoscenza di brandelli di verità, continuano a tacere, a non ricordare.
Non c'è il sentimento della vergogna in quei "pezzi" dello Stato Italiano che, a distanza di 41 anni, consente che anche la strage di Bologna rimanga ancora senza i colpevoli maggiori, i mandanti. Anche per la Strage di Bologna valgono le parole di Roberto Scarpinato: "(...)La storia insegna che quando un segreto dura nel tempo, sebbene condiviso da decine e decine di persone, è il segno che su quel segreto è imposto il sigillo del Potere”.
Non c'è il sentimento della vergogna in quei "pezzi" dello Stato Italiano che, a distanza di 41 anni, consente che anche la strage di Bologna rimanga ancora senza i colpevoli maggiori, i mandanti. Anche per la Strage di Bologna valgono le parole di Roberto Scarpinato: "(...)La storia insegna che quando un segreto dura nel tempo, sebbene condiviso da decine e decine di persone, è il segno che su quel segreto è imposto il sigillo del Potere”.
Paolo Bolognesi, presidente dell'Associazione dei famigliari delle vittime, dal palco di piazza Medaglie d'Oro davanti alla stazione così si è espresso oggi: "C'è un filo nero che parte da Portella della Ginestra fino alle stragi del '92. Gli apparati dello Stato entrano in campo ogni volta a coprire le trame eversive e ci sono sentenze per ogni strage che lo confermano. E' un fatto appurato che l'estrema destra fu protetta dai servizi segreti. Fiumi di sangue in cambio di fiumi di denaro. Giuseppe Falcone lo aveva capito e il terrorista Valerio Fioravanti ha infangato la sua memoria anche nel corso del recente processo Cavallini. Il processo ai mandanti procede nell'indifferenza della stampa nazionale, come se fosse solo un fatto bolognese. Nel manifesto abbiamo scritto: svelare mandanti e depistatori, le implicazioni che emergono dal processo ai mandanti sconvolgono, conoscere i retroscena di Bologna permetterà di capire altri fatti come.l'uccisione di Aldo Moro e di Piersanti Mattarella. Ancora oggi sono in tanti a fare di tutto per nascondere la verità. Se almeno la metà degli italiani conoscesse un quarto di quello che già è stato accertato saremmo una democrazia più vigile e matura".
La strage alla Stazione e le sue vittime innocenti
fonte del testo:
ASSOCIAZIONE TRA I FAMIGLIARI DELLE VITTIME DELLA STRAGE ALLA STAZIONE DI BOLOGNA 2 AGOSTO 1980
Il 2 agosto 1980, alle ore 10,25, una bomba esplose nella sala d'aspetto di seconda classe della stazione di Bologna.
Lo scoppio fu violentissimo, provocò il crollo delle strutture sovrastanti le sale d'aspetto di prima e seconda classe dove si trovavano gli uffici dell'azienda di ristorazione Cigar e di circa 30 metri di pensilina. L'esplosione investì anche il treno Ancona-Chiasso in sosta al primo binario.
Il soffio arroventato prodotto da una miscela di tritolo e T4 tranciò i destini di persone provenienti da 50 città diverse italiane e straniere.
Il bilancio finale fu di 85 morti e 200 feriti.(testimonianze di Biacchesi e da "Il giorno")
La violenza colpì alla cieca cancellando a casaccio vite, sogni, speranze.
Alcune storie
Marina Trolese, 16 anni, venne ricoverata all'ospedale Maggiore, il corpo devastato dalle ustioni. Con la sorella Chiara, 15 anni, era in partenza per l'Inghilterra. Le avevano accompagnate il fratello Andrea e la madre Anna Maria Salvagnini. Il corpo di quest'ultima venne ritrovato dopo ore di scavo tra le macerie. Andrea e Chiara portano ancora sul corpo e nell'anima i segni dello scoppio. Marina morì dieci giorni dopo l'esplosione tra atroci sofferenze.
Angela Fresu, la vittima più giovane della strage |
Maria Fresu, insieme alla figlia Angela di tre anni, si trovava nella sala ove venne deposta la bomba. Stavano partendo con due amiche per una breve vacanza sul lago di Garda. Il corpicino della piccola, la più giovane delle vittime, venne ritrovato subito. Solo il 29 dicembre furono riconosciuti i resti della madre.
Torquato Secci, impiegato alla Snia di Terni, venne allertato dalla telefonata di un amico del figlio Sergio, Ferruccio, che si trovava a Verona. Sergio lo aveva informato che a causa del ritardo del treno sul quale viaggiava, proveniente dalla Toscana, aveva perso una coincidenza a Bologna e aveva dovuto aspettare il treno successivo.
Poi non ne aveva più saputo nulla.
Solo il giorno successivo, telefonando all'Ufficio assistenza del Comune di Bologna, Secci scoprì che suo figlio era ricoverato al reparto Rianimazione dell'ospedale Maggiore.
"Mi venne incontro un giovane medico, che con molta calma cercò di prepararmi alla visione che da lì a poco mi avrebbe fatto inorridire", ha scritto Secci, "la visione era talmente brutale e agghiacciante che mi lasciò senza fiato. Solo dopo un po' mi ripresi e riuscii a dire solo poche e incoraggianti parole accolte da Sergio con l'evidente, espressa consapevolezza di chi, purtroppo teme di non poter subire le conseguenze di tutte le menomazioni e lacerazioni che tanto erano evidenti sul suo corpo".
Nel 1981 Torquato Secci diventò presidente dell'Associazione tra i familiari delle vittime della strage.
La città si trasformò in una gigantesca macchina di soccorso e assistenza per le vittime, i sopravvissuti e i loro parenti.
Quel 2 agosto I vigili del fuoco dirottarono sulla stazione un autobus, il numero 37, che si trasformò in un carro funebre. E' su quel bus che vennero deposti e coperti da lenzuola bianche i primi corpi estratti dalle macerie.
Alle 17,30, il presidente della Repubblica Sandro Pertini arrivò in elicottero all'aeroporto di Borgo Panigale e si precipitò all'ospedale Maggiore dove era stata allestita una delle tre camere mortuarie.
Per poche ore era circolata l'ipotesi che la strage fosse stata provocata dall'esplosione di una caldaia ma, quando il presidente arrivò a Bologna, era già stato trovato il cratere provocato da una bomba.
Incontrando i giornalisti Pertini non nascose lo sgomento: "Signori, non ho parole", siamo di fronte all'impresa più criminale che sia avvenuta in Italia".
Ancora prima dei funerali, fissati per il 6 agosto, si svolsero manifestazioni in Piazza Maggiore a testimonianza delle immediate reazioni della città.
Il giorno fissato per la cerimonia funebre nella basilica di San Petronio, si mescolano in piazza rabbia e dolore.
Solo 7 vittime ebbero il funerale di stato.
Il 17 agosto "l'Espresso" uscì con un numero speciale sulla strage. In copertina un quadro a cui Renato Guttuso diede lo stesso titolo che Francisco Goya aveva scelto per uno dei suoi 16 Capricci: "Il sonno della ragione genera mostri". Guttuso ha solo aggiunto una data: 2 agosto 1980.
Cominciò una delle indagini più difficili della storia giudiziaria italiana.
Una delle fotografie - simbolo della strage di Bologna. La donna si chiama Marina Gamberini, l’unica sopravvissuta della Cigar, la tavola calda del piazzale Ovest
|
Nessun commento:
Posta un commento
Abbiamo deciso di non moderare i commenti ai post del blog. Vi preghiamo di firmare i commenti.