domenica 20 dicembre 2015

"Miseria Ladra"! Rendiamo illegale la Povertà: "essere voce e dare voce a coloro che voce non hanno"

Lo scorso 13 novembre 2015 il presidio LIBERA “Rita Atria” Pinerolo ha tenuto l'incontro pubblico Rendiamo illegale la Povertà: reddito di cittadinanza è reddito di dignità. I relatori intervenuti, esponenti delle forze politiche (la sen. Nunzia Catalfo del Movimento Cinque Stelle, Marco Grimaldi di Sinistra Ecologia Libertà), erano chiamati a confrontarsi a partire dai dati della realtà sociale presentati dall’assessora Agnese Boni, dal Vescovo di Pinerolo mons. Debernardi, da Leopoldo Grosso vice-presidente Gruppo Abele. In quella occasione abbiamo lanciato un appello affinchè l'incontro fosse da considerare il punto di partenza” per “un cammino”, da svolgere anche nella nostra comunità, capace di prefigurare e richiedere un “cambiamento di azione” per il contrasto alla Povertà: un cambiamento necessario, non più rinviabile. 
Le "fotografie"
Sono trascorsi oramai sette anni dallo scoppio della crisi finanziaria le cui conseguenze, a detta di molti economisti, sono paragonabili a quelle di una “guerra”. Lo stesso Papa Francesco ha parlato più volte in termini analoghi a proposito del momento storico che stiamo vivendo: “una terza guerra mondiale combattuta a pezzi”: perchè tanti sono i conflitti in corso nel mondo, più o meno estesi; tanti e diversi sono “i fronti” aperti da questa “guerra”. Il fronte “sociale” è fra i più drammatici.
Per quanto riguarda l'Italia, il RAPPORTO CARITAS 2015 ha presentato la “fotografia” di un Paese frammentato. Un paese che pare avere smarrito il senso della comunità e nel quale la condizione di povertà o di difficoltà economica, è sempre più relegata a questione “privata”, messa ai margini dello stesso “patto sociale” su cui dovrebbe fondarsi la Democrazia del nostro paese. Apprendiamo da quel Rapporto come i cittadini italiani che versano in condizioni di povertà assoluta sono più che raddoppiati dal 2008 ad oggi, passando da un numero di 1.800.000 ad oltre 4.000.000. Ma la realtà del fenomeno della povetà, vecchia e nuova, presenta dati ancora più drammatici: sono infatti circa 10.000.000 coloro che vivono condizioni di “marginazione sociale” conseguente alla difficoltà economica: una “società degli esclusi”: una sorta di “terzo stato” a cui è stato precluso aver “voce e volto”, se non nella massa informe della “gente” che affolla centri di carità e di assistenza. 
Colpe e responsabilità
Ma la “fotografia” del rapporto Caritas non è un mero esercizio di analisi statistica o socio-economica. La CARITAS individua chiaramente quelle che, a suo parere, sono colpe e responsabilità.
Le responsabilità maggiori sono quelle addebitate alla Politica italiana, alla sua storica disattenzione nei confronti del fenomeno della povertà a cui si risponde scaricando pesi e costi sulla “famiglia” (welfare mediterraneo). Una politica italiana corporativa “(...)incentrata sulla rappresentanza e il riconoscimento degli interessi di specifici gruppi professionali e sociali capaci di esercitare pressioni sul Parlamento, a discapito di una visione complessiva del bene comune”.
Colpe hanno pure le forze sindacali, impegnate sì a promuovere e difendere culture politiche incentrate sulla tutela del lavoro e dei lavoratori “già impegnati”, ma “(…) culture politiche che si sono rivelate incapaci di leggere e tutelare la condizione di chi si trovava escluso dal mondo del lavoro.”
Infine, giudizio critico la CARITAS esprime anche nei confronti del cosiddetto Terzo Settore, il mondo del volontariato, delle associazioni, del cooperativismo, che non ha saputo assumere, se non in misura limitatissima, il ruolo di rappresentanza dei cittadini più deboli. Il terzo settore italiano infatti ha finito con lo “specializzarsi” “(...) nella fornitura di servizi per conto delle amministrazioni pubbliche, smarrendo così la propria funzione di rappresentanza e pressione politica in favore dei diritti sociali universali(...)”.
Occorre dare voce alla necessità di un cambiamento possibile e non più rinviabile
La povertà deve essere considerato il vulnus del “patto sociale” su cui si fonda una nazione democratica. Coloro che in Italia vivono in condizioni di difficoltà, i 10.000.000 di cittadine e cittadini senza voce e senza volto, non chiedono elemosine ma chiedono più Giustizia Sociale. Occorrono pertanto misure e azioni differenti da quelle sinora condotte, in cui diritti e doveri costituiscano il “patto sociale” sul quale costruire nuove forme di “bene-essere” della comunità. Misure che portino ad un reale contrasto alle povertà anche attraverso rapporti di maggiore responsabilizzazione dei soggetti stessi: misure e azioni che da un lato vedano riconosciuti e tutelati il principio inderogabile della Dignità dell'individuo, dall'altro prevedano l'assunzione di responsabilità di ciascuno, per quanto ad ognuno compete, nei confronti della comunità.
Sono necessarie azioni i cui mezzi per la loro attuazione non possono essere richiesti se non alla Politica. D'altro canto, se la Politica persevera nella sua “disattenzione” verso il dramma sociale mostrato dalle “fotografie” a cui prima si faceva riferimento, finisce con l'apparire mero esercizio del Potere svolto a favore di interessi e privilegi inaccettabili. Quelle “fotografie”, economiche e sociali, sono in realtà le esistenze reali e dolenti di coloro a cui viene negato la condizione di una vita decorosa: “fotografie” inaccettabili quando permangono sostanzialmente inattaccabili privilegi, corruzione, malaffare. 
Se papa Francesco ha detto che non si può parlare di povertà e vivere “come faraoni”, noi affermiamo che, a partire dalle classi politiche, non ci si può occupare del bene comune” di una comunità e godere al contempo di retribuzioni e privilegi simili a quelli di “signori medioevali”!
 L'Appello
Per questi motivi porgiamo un invito, un appello, a partire dalle associazioni, dalle cittadine e cittadini che sentono la “responsabilità etica” di vivere nella comunità: incontrarsi per dare vita ad un “cammino” (fatto di conoscenza, analisi e riflessioni) necessario ad elaborare azioni e misure concrete da proporre alle Istituzioni a contrasto del dramma delle povertà.

Noi crediamo che sia necessario "essere voce e dare voce a coloro che voce non hanno" per affermare la necessità di un cambiamento, possibile e non più rinviabile


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