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mercoledì 10 settembre 2014

Don luigi Ciotti:"I malavitosi non sarebbero nessuno se una parte dell’imprenditoria o della politica non permettesse loro di entrare nel tessuto sano della società».

Ancora una volta, un articolo pubblicato da La Stampa riprende le parole pronunciate da  Luigi Ciotti in uno dei tanti appuntamenti a cui, infaticabilmente, il sacerdote torinese partecipa cercando di rompere muri di ipocrisie e di convenienze. Per l’ennesima volta, Luigi Ciotti ritorna sul concetto scomodo che “la mafia siamo noi”. Riprende e ripete il concetto scolpito nelle pagine del diario di quella ragazzina siciliana che si chiamava Rita Atria, quella ragazzina che proprio quest’anno avrebbe compiuto i suoi quarant’anni: “(…) la mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarci.”
Ancora una volta , Luigi Ciotti denuncia che la la mafia siamo noi perche “(…) I malavitosi non sarebbero nessuno se, una parte dell’imprenditoria o della politica, non permettesse loro di entrare nel tessuto sano della società».  
Una imprenditoria che non si cura della provenienza di capitali e che non si preoccupa del fatto che investimenti e progetti siano a favore del bene delle comunità.
Una politica che sceglie e "pesa" i suoi uomini sulla base del “pacchetto di voti” di cui ciascuno è portatore. Una politica che, ad ogni tornata elettorale, ripropone “professionisti” e “opportunisti”, volti e maschere, immutabili o di “gattopardiana” memoria.
Proprio in occasione della Giornata della memoria dello scorso 21 marzo 2014, dal palco di Latina don luigi Ciotti urlò:Basta leggi e più  Legge!”. Basta leggi!..più Giustizia! Questo il significato di quelle parole, proprio mentre era in discussione la ri-definizione dell’articolo 416-ter, articolo che avrebbe dovuto punire efficacemente il reato di scambio politico-mafioso. Lo sentimmo personalemte Luigi Ciotti tuonare contro “leggi che sono frutto di accordi sottobanco fra i partiti”, leggi finiscono col favorire mafiosi e delinquenti e di cui il nostro paese ha triste e lunga esperienza: leggi “ad personam”, reati depenalizzati, parole svuotate di significato -legalità e giustizia, antimafia , "parole una volta nobili e ora snaturate da un usosuperficiale che le ha rese inservibili".
Proponiamo l’articolo anche e soprattutto per un altro motivo: quanto riportato, pare confermare pericolosamente le critiche e le perplessità che hanno accompagnato la nuova formulazione del 416-ter, l'articolo che doveva dare efficacia alla persecuzione del reato del voto di scambio scambio politico-mafioso Si paventava che la nuova formulazione dell’articolo e la riduzione delle pene previste. fossero provvedimenti ancora una volta frutto di quegli accordi sottobanco che in questi decenni, di fatto, hanno spuntano le armi di inquirenti e forze dell’ordine. Leggi poco chiare, lungaggini, provvedimenti che riducono ”uomini e risorse” all’azione di prevenzione e di repressioni. Azione che non è certo sufficiente a debellare le mafie ma che, comunque, è azione necessaria, indispensabile.
Pesano, e chiamerebbero a riflessioni e azioni profonde, le parole di Luigi Ciotti: "I malavitosi non sarebbero nessuno se una parte dell’imprenditoria o della politica non permettesse loro di entrare nel tessuto sano della società».  


Fonte: La Stampa

“Sulla ’ndrangheta non si deve tacere”

Don Ciotti: non si può demandare la lotta alle forze dell’ordine

07/09/2014
GIANNI GIACOMINO
Don Luigi Ciotti non lo dimentica che «alcuni Comuni della Valchiusella furono i primi in Italia a sistemare sui cartelli il logo di Libera e della lotta alle mafie. E anche per questo vengo qui molto volentieri». La gente di questa valle lo accoglie con grande calore. Ieri mattina, centinaia di persone, hanno assiepato il salone polivalente di Alice Superiore, per incontrare don Ciotti, invitato dall’associazione «Mastropietro onlus», coordinato dall’infaticabile Gigio Costanza. C’erano anche diversi sindaci e amministratori di quel Canavese che, tre anni fa, fu squassato dall’operazione «Minotauro», operazione condotta contro la ’ndrangheta e  che svelò come sul territorio erano attivi, da tempo, i locali di Cuorgnè, San Giusto, la «bastarda» di Salassa e i vicini della cosca di Volpiano, da sempre considerata dagli investigatori una delle più pericolose.  

«Ma non è finita»  
Ammonisce con forza, don Ciotti che il boss Totò Riina vorrebbe morto. «Invece siamo preoccupati per segnali che arrivano da altri contesti» ammette sibillino il sacerdote, fondatore del Gruppo Abele e di Libera. «Nel Torinese è stato dimostrato che la ’ndrangheta esiste, è in mezzo a noi, è trasversale. Molte di quelle che io chiamo “verità” le vediamo passeggiare per i paesi, notiamo delle frequentazioni, sappiamo delle cose. Per questo occorre un senso di corresponsabilità da parte di ognuno di noi. Non si deve aver paura e non si può delegare tutto alle forze dell’ordine». Don Ciotti ammette che: «Anche qui le mafie hanno rialzato la testa potendo contare su grande liquidità di denaro in questo periodo di crisi. Ma, il vero problema, non sono le organizzazioni criminali. I malavitosi non sarebbero nessuno se, una parte dell’imprenditoria o della politica, non permettesse loro di entrare nel tessuto sano della società».  

Leggi poco chiare  
Tra le sentenze di primo grado del processo Minotauro e l’Appello, si infila ora il nuovo articolo 416-ter del Codice penale sul voto di scambio tra mafia e politica.
In sintesi, secondo la recente interpretazione della legge (applicata pochi giorni fa dalla Cassazione nei confronti di un politico siciliano), è necessario provare l’impegno diretto delle organizzazioni criminali nell’intimidire l’elettore. Una lettura che potrebbe avere risvolti anche sulla posizione dell’ex sindaco di Leini Nevio Coral e sull’ex segretario del Comune di Rivarolo, Antonino Battaglia. Il primo è stato condannato a dieci anni per concorso in associazione esterna. Per i magistrati, Coral avrebbe messo i suoi cantieri a disposizione delle cosche e avrebbe elargito denaro per raccogliere voti. Sia in favore del figlio Ivano, candidato alle provinciali del 2009, sia per se stesso, quando tentò di diventare primo cittadino di Volpiano nel 2011. «La nuova formulazione del 416-ter potrebbe alleggerire la posizione del mio assistito – non nasconde l’avvocato Roberto Macchia – Coral non è mai stato dimostrato avesse la consapevolezza che, le persone attivate in occasione delle campagne elettorali, facessero parte o fossero vicine a organizzazioni criminali. E non mi risulta che nessuno sia mai stato intimidito». 

«Chiarezza sul voto di scambio»  
Il processo d’appello a Battaglia (due anni per voto di scambio semplice in favore del vecchio sindaco di Rivarolo, Fabrizio Bertot) è fissato per il prossimo 15 dicembre. E la Procura ha inoltrato ricorso proprio perché venga rivista la sua posizione in base al 416-ter. «Non si è mai provata l’erogazione di denaro a mafiosi da parte di Battaglia e, infatti, il primo grado ha accolto la nostra versione – evidenziano l’avvocato Franco Papotti, che difende Battaglia con il collega Cesare Zaccone –. Ma abbiamo presentato ricorso perché riteniamo che non ci sia nemmeno stata la promessa di denaro».
Riflette don Ciotti: «La legge sul voto di scambio e sulla corruzione deve essere chiara e categorica perché quello che mi distrugge sono proprio le lungaggini di questi provvedimenti. E, così, il 35% dei processi finisce in prescrizione». Scuote la testa: «Il decreto sulla confisca dei beni alle mafie è fermo da due anni, capite? Due anni. E questo blocca ben 55 mila beni sequestrati, è assurdo». 


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