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martedì 31 dicembre 2013

L'AUGURIO: L'ANNO 2014 PORTI PIU' GIUSTIZIA , PIU' DIGNITA' , PIU' LIBERTA' PER L'AUMANITA' DOLENTE

L'AUGURIO. 
L'ANNO 2014 PORTI ALL'UMANITA' DOLENTE
PIU' GIUSTIZIA , 
PIU' DIGNITA' , PIU' LIBERTA' 




Brano tratto dal tema di maturità di Rita Atria
"(...) Forse un mondo onesto non esisterà mai... ma chi ci impedisce di sognare...forse se ognuno di noi proverà 
a cambiare...forse ce la faremo".
Rita Atria 
Erice 5 giugno 1992


martedì 24 dicembre 2013

'Augurio del presidio Libera "Rita Atria " Pinerolo

CHE CI CREDIATE NO, L'AUGURIO E' SEMPRE LO STESSO 

L’ augurio è di godere di buona salute,
di coltivare amichevoli rapporti,

di saper resistere con mitezza alle contrarietà,
di ricevere nelle difficoltà qualche incoraggiante consolazione ,
di continuare a trovare ragioni promettenti 
per vivere con onestà e decoro"

Giustizia , Dignità e Libertà per tutta l'Umanità
Questo è l'Augurio del presidio Libera "Rita Atria " Pinerolo 





giovedì 21 novembre 2013

I magistrati del processo per la trattativa tra Stato e mafia non sono soli

anche DON LUIGI CIOTTI AL PROCESSO SULLA TRATTATIVA STATO E MAFIA

Palermo, 21 nov.- (Adnkronos) - "Sono venuto qui per dire ai magistrati del processo per la trattativa tra Stato e mafia che non sono soli". Lo ha detto all'Adnkronos don Luigi Ciotti, il Presidente di Libera arrivata pochi minuti fa al bunker del carcere Ucciardone di Palermo per partecipare all'udienza del processo che oggi vedra' l'audizione del pentito Antonino Giuffre'. "Libera si e' costituita parte civile del processo e segue tutte le udienza - dice don Ciotti - tutta la societa' civile deve sentire la responsabilita' di sostenere tutti i magistrati impegnati nella ricerca della verita'". "Alcuni segnali giunti negli ultimi tempi - dice ancora don Ciotti - impongono di vivere questa corresponsabilita' non solo a parole ma anche nei fatti. Per dare uns egnale forte, dire che i magistrati non sono soli. Non si costruisce giustizia senza la ricerca della verita'. Non lasciamoli soli".

Il Paese è cambiato, caro Nino non sei solo

CARO Nino Di Matteo, devi sapere che non sei solo, che tutti voi a Palermo, e in ogni angolo d`Italia, non sarete mai più soli. Dalla stagione delle stragi è cresciuta nel nostro paese la consapevolezza che la questione delle mafie non è solo di natura criminale. È un problema più profondo, anche culturale e sociale. Una questione che non sarebbe ancora cosi grave se a contrastare le mafie ci fossero stati, oltre alla magistratura e alle forze di polizia, la coscienza pulita e l`impegno della maggior parte degli italiani. Questa coscienza e questo impegno, lentamente e faticosamente si sono negli anmmoltiplicati. Devi dunque sapere caro Nino, anche se qualcuno—mafiosi o complici dei mafiosi — continua a minacciare e lanciare messaggi inquietanti, che oggi tu e tutti gli altri magistrati siete meno soli. Che minacciare voi vuoi dire minacciare tanti di noi, tanti italiani, che nei più vari ambiti si sono messi in gioco. Cittadini che non si limitano a scendere in piazza, a indignarsi o commuoversi, ma che hanno scelto di muoversi, di trasformare il loro "no" alle mafie in un impegno quotidiano per la democrazia, per la libertà e la dignità di tutti. Le luci non nascondono però le molte ombre. In tanti ambiti prevale ancora l`indifferenza o una semplice e facile risposta emotiva. Anche la politica non sempre ha saputo affrontare la questione con la pulizia morale e il respiro necessario: pensiamo solo ai troppi compromessi che hanno impedito un`adeguata riforma della legge sulla corruzione e ai patti sottobanco. Lo Stato, tutto lo Stato, deve proteggere se stesso e i suoi cittadini. Ma negli ultimi tempi, come molti segnali lasciano intendere, le mafie — indisturbate nei suoi livelli più alti: economia, finanza, appalti, affari—hanno approfittato per organizzarsii n silenzio. Quelle minacce dall`interno di un carcere dicono perciò una verità imbarazzante: se nell`ambito repressivo e giudiziario importanti risultati sono stati ottenuti, sul versante del contrasto politico e sociale c`è ancora molta strada da fare. Perché di una cosa dobbiamo essere certi:
sconfiggeremo le mafie solo quando sapremo colmare le disuguaglianze sociali che permettono il loro proliferare. Le mafie non vanno solo inseguite: vanno prevenute. Prevenzione vuoi dire anche realizzare la condizione di dignità e di libertà responsabile prevista dalla Costituzione, il primo e più formidabile dei testi antimafia. Altrimenti, nello scarto fra le parole e i fatti, continuerà a insinuarsi la più pericolosa e subdola delle mafie: quella della corruzione, del privilegio e dell`abuso di potere. A te un forte abbraccio da parte mia e dalle oltre 1600 realtà associate a Libera.

Don Luigi Ciotti su Repubblica | 14 nov 2013

venerdì 15 novembre 2013

Combattere la culture della mafie significa davvero essere "sentinelle del territorio" per difendere la Bellezza delle nostre vite.

Lo sappiamo. Combattere la culture della mafie significa davvero essere "sentinelle del territorio" per difendere la Bellezza delle nostre vite.

 Dopo 16 anni, sono diventate pubbliche le dichiarazioni sconvolgenti che l’ex boss del clan dei casalesi, Carmine Schiavone, aveva reso alla commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti. Solventi, scarti industriali, edili, ospedalieri, fusti tossici che valevano due milioni e mezzo di lire a pezzo, venivano nascosti a 25 metri di profondità in queste terre della zona tra Caserta e Napoli nord, per volontà dei boss e con la complicità "dei soliti ignoti", tutti consapevoli del rischio di avvelenare  la loro stessa  terra e le loro stesse comunità. 

Nel ‘97 il pentito annunciava, una sorta di crudele profezia, che tra vent’anni  tutti gli abitanti di quella zona sarebbero morti per i tumori provocati dalle sostanze tossiche che avvelenavano le falde acquifere, o per diossine sviluppate dagli incendi appiccate ai rifiuti. Così è nata quella che ora chiamiamo "Terra dei Fuochi".
Non basta. Ancora più sconvolgente è la constatazione dell'immobilismo, del sostanziale occultamento della verità,  perpetrato da ha conosceva fatti, luoghi e circostanze e le ha taciute più di un decennio.
Ora Legambiente ricostruisce le inchieste sul traffico dei rifiuti condotte dalla magistratura nel periodo 1991-2013 nel  "Dizionario dell'ecocidio nella Terra dei Fuochi",  alla vigilia della manifestazione promossa da comitati, associazioni, studenti che si svolgerà domani a Napoli per chiedere il ritorno della legalità e della sicurezza nelle zone devastate dai clan.
Fonte LA REPUBBLICA

Legambiente, le inchieste tracciano le rotte dei rifiuti in Campania

Sono 83 indagini - nel periodo 1991-2013 - sul traffico che ha determinato l'ecocidio nella Terra dei fuochi. L'associazione ambientalista ha ricostruito questa rete. E domani a Napoli chiederà il ritorno alla legalità nelle zone devastate dai clamdi ANTONIO CIANCIULLO
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IN 82 INCHIESTE sul traffico dei rifiuti condotte dalla magistratura nel periodo 1991-2013 sono racchiusi i dati e i nomi che compongono il "Dizionario dell'ecocidio nella Terra dei Fuochi". Lo ha ricostruito laLegambiente alla vigilia della manifestazione promossa da comitati, associazioni, studenti che si svolgerà domani a Napoli per chiedere il ritorno della legalità e della sicurezza nelle zone devastate dai clan.

Queste inchieste (tra le altre Adelphi, Black Hole, Caronte, Cassiopea, Chernobyl, Dirty Pack, Ecoboss, Falena, Giudizio Finale, Houdinì,  Madre Terra)  si sono concluse con 915 ordinanze di custodia cautelare, 1.806 denunce, 443 aziende coinvolte. Per un quarto di secolo lungo le rotte dei traffici  illeciti, è viaggiato di tutto: polveri di abbattimento dei fumi, morchia di verniciatura, reflui liquidi contaminati da metalli pesanti, amianto, terre inquinate provenienti da attività di bonifica. Nel complesso 10 milioni di tonnellate di rifiuti di ogni specie. Il che vuol dire, visto che un tir trasporta in media 25 tonnellate, circa 411 mila camion carichi di rifiuti che hanno attraversato mezza Italia. Camion che per lo più sono risultati invisibili ai controlli, ma ben presenti ai cancelli delle industrie intenzionate a scaricare sulla collettività  -  con danni gravissimi  -  costi che avrebbero dovuto essere iscritti ai bilanci aziendali.
"Queste aziende sono fisicamente situate, in larghissima maggioranza, nelle regioni settentrionali e centrali del nostro paese", ricorda Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente. "E' un dato da tener presente mentre sta partendo una campagna che tende a criminalizzare l'intera Campania dimenticando che la zona a rischio è solo una piccola parte del Casertano e del Napoletano. La stagione drammatica dell'illegalità va archiviata senza sconti, ma anche senza forzature comunicative che mettano in pericolo l'economia di un'intera regione".
Legambiente avanza anche alcune proposte: rendere pubblica e aggiornare la mappatura dei siti contaminati; avviare una sistematica attività di campionamento e analisi dei prodotti ortofrutticoli e alimentari; individuare strumenti efficaci per la messa in sicurezza e la bonifica delle aree inquinate; sostenere una rete di aziende e soggetti pubblici che promuovano e difendano la Campania pulita; predisporre un piano di riconversione delle aree contaminate basato sulle tecniche no food e sulla fitodepurazione; introdurre nel codice penale i delitti contro l'ambiente. 

giovedì 14 novembre 2013

Di Matteo deve morire.L’ULTIMO RICATTO DEL BOSS STANCO?

"Di Matteo deve morire. E con lui tutti i pm della trattativa, mi stanno facendo impazzire", avrebbe detto Totò Riina  dopo l’ultima udienza del processo che sta cercando di indagare i segreti della trattativa (oscena)  fra Stato e mafia ai tempi delle stragi del 1992-93. 
"Quelli lì devono morire, fosse l’ultima cosa che faccio", ha urlato a un compagno di carcere. 


Nino Di Matteo nel giorno della commemorazione della strage di Via D'Amelio


don Luigi Ciotti
Di oggi la dichiarazione di don Ciotti: "Caro Nino Di Matteo, devi sapere che non sei solo, che tutti voi a Palermo, e in ogni angolo d`Italia, non sarete mai più soli. Dalla stagione delle stragi è cresciuta nel nostro paese la consapevolezza che la questione delle mafie non è solo di natura criminale."
Ma le parole di Riina, come sempre accade nelle parole di mafioso, nascondono e celano un messaggio criptato, un messaggio celato e indirizzato a qualcuno. E' quanto prova s spiegare Attilio Bolzoni nel suo articolo riportato sotto





L’ULTIMO RICATTO DEL BOSS STANCO (Attilio Bolzoni) 

La furia di Totò Riina non è soltanto furia. Sono parole che trasportano un messaggio disperato, molto obliquo. Apparentemente il suo bersaglio è il magistrato Nino Di Matteo, in realtà sta “parlando” con altri e per conto di altri. I suoi complici nelle stragi del 1992. Ha scaricato la sua rabbia contro il pubblico ministero del processo sulla trattativa fra Stato e mafia ma il vecchio boss di Corleone, che farà ottantatré anni sabato, tenta di giocare la sua ultima carta per non restare incastrato come unico responsabile delle bombe che hanno ucciso Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Avvisa, esplode in modo inusuale per un capo della sua levatura, si scompone, si sfoga per avvertire che «ucciderà ancora», nella sostanza però si rivolge a chi l’ha trascinato nella tragica stagione stragista per poi seppellirlo per sempre in una tomba carceraria.


È forse il grido finale di Totò Riina, una sorta di estremo appello per condividere passato e responsabilità o — come sostiene qualcuno — per fermare chi sta facendo affiorare frammenti di verità su quei delitti eccellenti. Non è mai semplice decifrare i “ragionamenti” di un capo mafioso. Ma questa volta Totò Riina è rimasto nudo, si è scoperto fragile come mai prima — nei 21 anni di detenzione è stato un detenuto modello — proprio sul processo sulla cosiddetta trattativa, il suo nervo scoperto, la vicenda dove ha perso la faccia e il suo onore davanti al popolo mafioso.



Cosa voleva dire il boss di Corleone minacciando l’uccisione di Di Matteo e degli altri magistrati siciliani? Quale era il suo obiettivo, ben sapendo che ogni suo sospiro sarebbe stato intercettato dalle microspie che gli hanno inserito probabilmente anche fra i capelli? Voleva trasmettere coscientemente qualcosa fuori, all’esterno. Voleva far sapere che lui non vuole più “accollarsi” tutto il peso dei massacri di Capaci e di via D’Amelio. Questa è la prima ipotesi che si può avanzare sulla sceneggiata che è andata in onda in un braccio del carcere milanese di Opera.



L’altra ipotesi, molto più inquietante, la rilancia — con un linguaggio contorto — il solitamente prudente procuratore capo di Palermo Francesco Messineo che spiega: «Se così fosse nelle minacce di Totò Riina c’è una specie di copertura ideale per le azioni violente fatte da soggetti diversi da Cosa Nostra». Una «chiamata alle armi », dice poi il procuratore. Indirizzata a chi? Chi sono questi «soggetti diversi» o le «entità esterne» a Cosa Nostra cui allude il procuratore di Palermo?



Il punto centrale dello sfogo di Riina è proprio questo: a chi e perché sta mandando le sue minacce. Ha preso di mira un magistrato che da molti anni è immerso a indagare fra trame di mafia e di Stato. Un magistrato che dalla fine del 2010 è pedinato, spiato, intercettato, minacciato. Un magistrato che la scorsa estate è entrato nei santuari dei servizi segreti per cercare indizi su quel negoziato fra apparati e fazioni di Cosa Nostra al tempo delle stragi. È un caso, solo un caso che il boss abbia scelto lui come personaggio da colpire con le sue invettive? È un caso che abbia citato nel suo sproloquio — ben sapendo che sarebbe stato ascoltato — il pm della trattative? È un caso che abbia speso qualche parola anche per quell’altro magistrato — Roberto Scarpinato, il procuratore generale di Palermo, «che prima era a Caltanissetta e ora è tornato a Palermo e si dà troppo da fare» — che è uno di quei pubblici ministeri che fin dal 1992 insegue i fili delle contiguità tra «sistemi criminali italiani» e la mafia?

La sfuriata di Totò Riina è la lucida conseguenza di una tormentata riflessione su se stesso e sulla sua organizzazione criminale. Si è sentito fottuto per sempre. E ora lancia fuoco e fiamme. Per ricostruire questa vicenda dove Stato e mafia sono legati da indicibili accordi, dimentichiamo lo scontro dei pm di Palermo con il presidente della Repubblica su quelle quattro telefonate intercettate con l’ex presidente del Senato Nicola Mancino (sono state distrutte), dimentichiamo i contrasti istituzionali che ne sono seguiti. È tutto contorno, fuffa per non affrontare seriamente cosa è accaduto 21 anni fa giù in Sicilia. Chi alimenta quelle polemiche non vuole andare sino in fondo alla questione, chi ancora rivanga il duello Napolitano-pm di Palermo perde di vista il cuore del problema: la trattativa che c’è stata, le «convergenze di interessi» che hanno portato alle uccisioni di Falcone e Borsellino. Ma c’è chi fa ancora resistenza, chi ha interesse a confondere, a far finire nomi grossi a tutti i costi nell’arena.
Ma non è così. Non sono i nomi di “grido” quelli che richiama Totò Riina, non sono capi di Stato o fantomatiche potenze straniere quelle che vuole coinvolgere. Sono nomi più nascosti. E lui si è rivolto a loro. Solo a loro. Mettendo in un tritacarne un magistrato di Palermo che non sa più chi sono gli amici e chi sono i nemici, chi è che con lui e chi è contro di lui. 
La furia di Totò Riina è un ricatto, l’ultimo.

martedì 12 novembre 2013

AUGURI DI BUON COMPLEANNO!'


Il presidio Libera "Rita Atria"  Pinerolo compie due anni! 

Dovremmo, vorremmo, fare un bilancio di un altro anno trascorso. 
Un altro anno denso di attività. Dovremmo aggiungere altri fotogrammi al collage di immagini che riportiamo sotto, un collage "fermo" in realtà a iniziative e momenti del nostro primo anno di vita. Dovremmo ricordare coloro che hanno fatto sì che il presidio "Rita Atria"  si formasse. Dovremmo riicordare i tanti volti incontrati nelle scuole pinerolesi; le loro parole; il flash-mob della Giornata della Memoria; lo spettacolo teatrale che ci hanno dedicato gli studenti di una scuola media di Pinerolo alla fine dell'anno scolastico. Dovremmo ricordare il nostro impegno come sentinelle del territorio per difendere la Bellezza" della nostra città, Pinerolo. Dovremmo ricordare la nascita di Rachele, nata il 23 maggio di questo anno, e salutare -ringraziadoli- Angela e Francesco per l'impegno e la passione che ci hanno regalato in questi mesi. Dovremmo ricordare il nostro impegno nel provare a costruire "reti ed esperienze" per rendere più efficace l'impegno di coloro che agiscono nella nostra comunità. 
Dovremmo ricordare tante cose, e parlare di tante altre che si approssimano, proprio a partire dai prossimi giorni. me parleremo
Oggi, 12 novembre 2013,  non abbiamo il tempo per fare tutto quello che vorremmo. Ma ci facciamo ugualmente gli auguri, regalandoci le parole scritte da Rita Atria nella conclusione del suo tema di maturità
"(...) L'unica speranza è non arrendersi mai. Finché giudici come Falcone, Paolo Borsellino e tanti come loro vivranno, non bisogna arrendersi mai, e la giustizia e la verità vivrà contro tutto e tutti. 
L'unico sistema per eliminare tale piaga è rendere coscienti i ragazzi che vivono tra la mafia che al di fuori c'è un altro mondo fatto di cose semplici, ma belle, di purezza, un mondo dove sei trattato per ciò che sei, non perché sei figlio di questa o di quella persona, o perché hai pagato un pizzo per farti fare quel favore. Forse un mondo onesto non esisterà mai, ma chi ci impedisce di sognare. Forse se ognuno di noi prova a cambiare, forse ce la faremo."    
Rita Atria - Erice 5 giugno 1992

i rappresentanti del  del presidio "Rita Atria" nel momento del "battesimo del presidio" .
Torino , Fabbrica delle E,  12 novembre 2011) 

sabato 19 ottobre 2013

Oggi a Milano, alle ore 10.00, in piazza Beccaria, si terranno i funerali di Lea Garofalo, testimone di giustizia calabrese fatta rapire e uccisa dal marito,

Riportiamo anche oggi la notizia dei funerali di Lea Garofalo perchè Lea garofalo, come Rita Atria, rappresenta per noi un esempio - purtroppo drammatico- della volontà del "cambiamento": la mafiosità non è un destino a cui si è condannati. 
Oggi a Milano, alle ore 10.00, in piazza Beccaria si terranno i funerali di Lea Garofalo, testimone di giustizia calabrese fatta rapire e uccisa dal marito, Carlo Cosco, il 24 novembre 2009. Libera parteciperà ai funerali che saranno celebrati da don Ciotti. I funerali di Lea sono fortemente voluti da sua figlia, Denise Garofalo, che ha testimoniato contro il padre assassino, con coraggio e con fermezza. 
Le parole di Don Luigi Ciotti:  «Porteremo in piazza il coraggio delle donne che hanno reagito. Prima Lea, poi Denise. Dobbiamo far capire che la mafia non è un destino a cui si è condannati, ma c'è la possibilità di scegliere».

Lea Garofalo
La funzione religiosa si celebrerà al mattino, alle ore 10.00, in piazza Beccaria . Al pomeriggio in via Montello, in quello che era il fortino della famiglia Cosco, alla vittima di mafia sarà intitolato il giardino pubblico, nell'ambito di una festa cittadina che coinvolgerà Comune e associazioni. spiega Il sindaco Giuliano Pisapia  «Denise, la figlia di Lea Garofalo, ha voluto che il funerale di sua madre si tenesse a Milano,  Lo celebreremo in una piazza della città per testimoniare la vicinanza dei milanesi e di tutti coloro che, da ogni parte d’Italia combattono le mafie e la criminalità organizzata. Il giorno dei funerali sarà un momento di riflessione che coinvolgerà tutta la  città. Lea Garofalo non era nata a Milano, ma in questa città era arrivata piena di speranze, qui ha avuto il coraggio di ribellarsi all’ndrangheta diventando testimone di giustizia. Un coraggio che ha pagato con la vita».
L'ultima immagine di Lea Garofalo, ripresa da una telecamera mentre
 passeggia per le strada di Milano, pochi istanti prima di essere rapita
Lea Garofalo era diventata una testimone di giustizia nel 2002, quando aveva deciso di testimoniare sulle faide interne tra la sua famiglia e quella del suo ex compagno Carlo Cosco. Sottoposta a protezione, nel 2009 commise l'errore di telefonare all'ex, rivelando la propria residenza. Rapita, torturata e uccisa mediante strangolamento, il corpo di Lea venne bruciato in un bidone metallico e poi sepolto nei pressi di Monza. Al processo Denise, la figlia di Lea, decise di testimonare contro il padre, diventando anche lei una collaboratrice di giustizia e facendolo condannare all'ergastolo insieme ad altre quattro persone.
«Lea è stata risucchiata in una famiglia mafiosa, ma poi ha avuto la forza di reagire - spiega il fondatore e presidente di Libera, Don Ciotti - Perché la violenza non è soltanto quella delle armi, ma è anche quella del perbenismo, della delega, dell'indifferenza. La giornata di sabato serve a non farci voltare dall'altra parte».
A Lea Garofalo sarà anche  dedicato il secondo festival dei Beni Confiscati che si terrà a Milano dall’8 al 10 novembre.
«Milano è in prima fila nella lotta contro le mafie e lo testimoniano anche le motivazioni con cui il Comune è stato ammesso come parte civile (video) nel processo contro gli assassini di Lea - ha concluso Pisapia - Il Tribunale ha riconosciuto come il Comune abbia concretamente dimostrato di essere intervenuto con la propria attività amministrativa nel contrasto alle culture mafiose»


venerdì 18 ottobre 2013

Domani 19 ottobre 2013 a Milano si terranno i funerali di Lea Garofalo,

Domani 19 ottobre 2013 a Milano si terranno i funerali di Lea Garofalo, testimone di giustizia calabrese fatta rapire e uccisa dal marito, Carlo Cosco, il 24 novembre 2009. Libera parteciperà ai funerali che saranno celebrati da don Ciotti. I funerali di Lea sono fortemente voluti da sua figlia, Denise Garofalo, che ha testimoniato contro il padre assassino, con coraggio e con fermezza. 
Le parole di Don Luigi Ciotti:  «Porteremo in piazza il coraggio delle donne che hanno reagito. Prima Lea, poi Denise. Dobbiamo far capire che la mafia non è un destino a cui si è condannati, ma c'è la possibilità di scegliere».
 
Lea Garofalo
La funzione religiosa si celebrerà al mattino, alle ore 10.00, in piazza Beccaria . Al pomeriggio in via Montello, in quello che era il fortino della famiglia Cosco, alla vittima di mafia sarà intitolato il giardino pubblico, nell'ambito di una festa cittadina che coinvolgerà Comune e associazioni. spiega Il sindaco Giuliano Pisapia  «Denise, la figlia di Lea Garofalo, ha voluto che il funerale di sua madre si tenesse a Milano,  Lo celebreremo in una piazza della città per testimoniare la vicinanza dei milanesi e di tutti coloro che, da ogni parte d’Italia combattono le mafie e la criminalità organizzata. Il giorno dei funerali sarà un momento di riflessione che coinvolgerà tutta la  città. Lea Garofalo non era nata a Milano, ma in questa città era arrivata piena di speranze, qui ha avuto il coraggio di ribellarsi all’ndrangheta diventando testimone di giustizia. Un coraggio che ha pagato con la vita».
L'ultima immagine di Lea Garofalo, ripresa da una telecamera mentre
 passeggia per le strada di Milano, pochi istanti prima di essere rapita
Lea Garofalo era diventata una testimone di giustizia nel 2002, quando aveva deciso di testimoniare sulle faide interne tra la sua famiglia e quella del suo ex compagno Carlo Cosco. Sottoposta a protezione, nel 2009 commise l'errore di telefonare all'ex, rivelando la propria residenza. Rapita, torturata e uccisa mediante strangolamento, il corpo di Lea venne bruciato in un bidone metallico e poi sepolto nei pressi di Monza. Al processo Denise, la figlia di Lea, decise di testimonare contro il padre, diventando anche lei una collaboratrice di giustizia e facendolo condannare all'ergastolo insieme ad altre quattro persone.
«Lea è stata risucchiata in una famiglia mafiosa, ma poi ha avuto la forza di reagire - spiega il fondatore e presidente di Libera, Don Ciotti - Perché la violenza non è soltanto quella delle armi, ma è anche quella del perbenismo, della delega, dell'indifferenza. La giornata di sabato serve a non farci voltare dall'altra parte».
A Lea Garofalo sarà anche  dedicato il secondo festival dei Beni Confiscati che si terrà a Milano dall’8 al 10 novembre.
«Milano è in prima fila nella lotta contro le mafie e lo testimoniano anche le motivazioni con cui il Comune è stato ammesso come parte civile (video) nel processo contro gli assassini di Lea - ha concluso Pisapia - Il Tribunale ha riconosciuto come il Comune abbia concretamente dimostrato di essere intervenuto con la propria attività amministrativa nel contrasto alle culture mafiose»


giovedì 17 ottobre 2013

L'ex Melettificio Turk. In fiamme un pezzo della storia di Pinerolo

"Bomba ad orologeria"; "Una vergogna...edificio da abbattere". Queste le affermazioni e i ritratti estemporanei sentiti dopo che, nella giornata di domenica scorsa 13 ottobre, un incendio ha devastato l'edificio dell'ex Merlettificio Turk.

la fotografia di Alessandro Turin: fiamme e fumi avvolgono il Turk 

L'edifico, che è parte della memoria storica della città di Pinerolo, secondo uno dei proprietari dell'area era da abbattere "(...) per realizzare un progetto splendido che prevede alloggi e un grande parco". Quante volte , in questa Italia devastata abbiamo sentito intonare lodi a "da palazzi e cemento...immersi nel verde"?

Cos'era, cosa poteva essere, l'ex Merlettificio Turk per la città di Pinerolo e per i suoi cittadini? 
Proveremo a dare risposte, aspettando che doverose indagini chiariscano ed accertino le cause dell' incendio.

Ester Castano, giornalista di 23 anni dell’Altomilanese, insegna come essere "sentinelle del territorio": i suoi articoli contribuiscono a far scoprire le mafie dell'hinterland milanese

La notizia è stata diffusa nella giornata di ieri: Sedriano, comune della periferia nord di Milano, è stato sciolto per infiltrazioni mafiose.  In casi come questi, i fatti sono sempre i medesimi: amministratori che agiscono in combutta con organizzazioni mafiose, oppure sono "a disposizione" di queste per indirizzare appalti e politiche di gestione del territori. E' la prima volta che in Lombardia una amministrazione viene sciolta per questi motivi. In quella Lombardia dove "le mafie non esistono" e il problema "mafie" era lontano dai territori della regione. Questo affermavano politici, governatroi e amministratori di quella regione, almenso sino a un paio d'anni . La realtà era purtroppo ben diversa, come ha dimostrato la clamorosa operazione "Crimine" condotta dal procuratore Ilda Boccassini nel 2010 e "il caso Buccinasco", altro centro del milanese nelle mani della 'ndrangheta calabrese. 

Ma riportiamo la notizia dello scioglimento di Sedriate perchè sempre ci chiediamo cosa posa fare la società civile, la comunità dei cittadini, per ergersi a difesa del territorio, per essere "sentinelle del territorio" contro il sistema corruttivo delle mafie. Ce lo insegna Ester Castagno una giovane giornalista che facendo onestamente il proprio lavoro ha fatto quello che molti , noi tutti, potremmo fare: imparare "a vedere" le cose e non limitarci "a guardare". Questo significa essere cittadini responsabili; quello che ha fatto Ester Castagno significa essere sentinelle del territorio

Fonte: La Stampa

Sedriano, la giovane cronista anti-mafia
“Comune sciolto? Il premio più bello”


Ester Castano, classe 1990, è una giovane cronista del settimanale L’Altomilanese. Anche grazie al suo lavoro si è arrivati allo scioglimento del comune di Sedriano per infiltrazioni con la criminalità organizzata

Ester Castano, giornalista di 23 anni dell’Altomilanese, ha contributo con i suoi articoli a sollevare il caso nell’hinterland milanese
DAVIDE LESSI (NEXTA)
TORINO
«Aspetta un attimo», dice. E interrompe la telefonata per parlare al fotografo. «Guarda è quello l’avvocato del sindaco». Ester Castano, 23 anni, risponde al cellulare da Sedriano, il primo comune lombardo sciolto per infiltrazioni della criminalità organizzata. Il giorno dopo la decisione del Consiglio dei ministri lei è ancora lì. Sulla strada. A fare il suo lavoro di giovane cronista per il settimanale l’Altomilanese. Lo stesso nel quale continua a pubblicare, da più di due anni, articoli e inchieste che hanno contribuito allo scioglimento per mafia di questo comune di 11 mila anime nell’hinterland milanese. «Quando ieri sera ho saputo del provvedimento comunicato da Alfano ho provato una grande emozione», dice. E aggiunge irriverente: «Il vicepremier non mi sembra il primo dei comunisti...Insomma, non vedevo la mafia dovunque solo perché ho origini siciliane». 

Ester Castano, in realtà, ci aveva visto bene. La conferma è arrivata nell’ottobre 2012 quando l’assessore della Lombardia Domenico Zambetti è finito in carcere insieme con altre 19 persone. Tra queste, agli arresti domiciliari, c’era proprio il sindaco del Pdl di Sedriano Alfredo Celeste. Il «Celeste», come lo chiama Ester, aveva stretto rapporti con Eugenio Costantino, chiamato da tanti il «boss» e accusato di associazione mafiosa. «Il bello è che, dopo tre mesi ai domiciliari, il sindaco non si era ancora dimesso». Peggio. Il primo cittadino ha continuato a querelare la giovane cronista e il suo settimanale. Una campagna iniziata nell’ottobre del 2011, quando Ester riesce ad ottenere la prima e ultima intervista con «il Celeste». Da lì in poi è un’escalation di querele per diffamazione. «Non so nemmeno quante sono. L’ultima è arrivata due settimane fa», racconta. E aggiunge: «Il prossimo 18 dicembre ho l’udienza al tribunale di Biella per il procedimento penale che è stato aperto nei miei confronti. Non ho fatto altro che il mio mestiere».  

Un mestiere per cui Ester è pagata una manciata di spiccioli ad articolo. «Dai due ai dieci euro per pezzi che realizzo anche in cinque giorni», racconta. Certo, il “caso” Sedriano le ha portato un po’ di celebrità, alcuni riconoscimenti - due settimane fa ha vinto il premio giornalistico “Vita da cronista” dell’Unci - e qualche collaborazione in più. «Ma continuo ad avere difficoltà - ammette-. Negli ultimi giorni ho mandato il mio curriculum per trovare un lavoro: cameriera, pr, baby sitter. Qualsiasi cosa mi permetta di avere un po’ di soldi per continuare a fare il mestiere che amo, il giornalismo». Un giornalismo fatto sul campo e sui dati. «Scartabellando gli atti del Comune, gli albi, qualsiasi carta possa tornare utile». 
Un giornalismo che ha contribuito a sciogliere il primo comune lombardo per infiltrazioni mafiose. «Ma non chiamatemi eroina anti-mafia. Non sono la prima né l’ultima che prova a cambiare le cose nel modo più semplice: facendo bene il mio lavoro».  


domenica 13 ottobre 2013

Costituzione Italiana. "La Via Maestra". 12 ottobre 2013.

Si è svolta a Roma la manifestazione a difesa della Costituzione Italiana promossa da, Lorenza Carlassare, Stefano Rodotà, Gustavo Zagrebelsky, Don Luigi Ciotti, Maurizio Landini. Sono questi coloro che hanno lanciata l’appello nel quale , fra l’altro, si leggeva: "La difesa della Costituzione è innanzitutto la promozione di un’idea di società, divergente da quella di coloro che hanno operato finora tacitamente per svuotarla e, ora, operano per manometterla formalmente. [...] Non è la difesa d’un passato che non può ritornare, ma un programma per un futuro da costruire in Italia e in Europa

LA COSTITUZIONE È LA LEGGE FONDAMENTALE DELLO STATO


Le parole dal palco 
Don Ciotti:" Siate sempre eretici!(…) La Costituzione e' stata tradita, se no non saremmo qui! Cosa ce ne facciamo di quegli F-35 se non ci sono i soldi per le persone e per i servizi? Una domanda me la pongo ed e': ci sara' una priorita' in questo paese quando non ci sono le risorse per le persone bisognose? E' una vergogna. Noi non siamo qui per sondare nuovi partiti ma per difendere la Costituzione. Siamo tutti chiamati a collaborare ...La nostra Costituzione e' la legge fondamentale dello Stato, un grimaldello delle coscienze...Sono venuto qui come cittadino, come italiano e anche comes sacerdote perche' il Vangelo sta dalla parte degli umiliati, dei poveri, degli esclusi. La Costituzione e' scritta proprio per dire mai piu' poverta', mai piu' esclusione, mai piu' disuguaglianze. Dobbiamo difenderla". Per il fondatore di Libera: "non possiamo costruire speranze se non partendo dagli ultimi e anche il Vangelo e' dalla parte degli umiliati, dei poveri, degli esclusi e di quelli che fanno piu' fatica. La Costituzione chiede impegno e coerenza e non devono dimenticarsi di questo quei politici che dicono essere cattolici. Oggi il problema non e' solo la crisi economica. Abbiamo anche una crisi etica e culturale, una crisi della politica che ha tradito la sua funzione di servizio alla comunita'. Quando gli interessi pubblici vengono mangiati da quelli privati e ' inevitabile che un Paese si impoverisca".Don Ciotti ha chiuso il suo intervento facendo un appello a tutti i presenti: "Siate eretici perche' gli eretici sanno scegliere, esprimere un giudizio autonomo e ricercare la verita'". Ricercate la verità che è più importante della verità stessa. Rifiutate il cinismo e l'ipocrisia di chi dice NOI ma pensa IO. Eretico è chi si ribella alle ingiustizie e al sonno delle coscienze. Siate sempre eretici!"
Gustavo Zagrebelsky che dal palco incassa subito gli applausi della gente e dice: "Noi qui oggi siamo una piazza di moderati, siamo stati esclusi da tanti, però noi non escludiamo nessuno". E respinge le accuse di 'conservatorismò sulla Costituzione. Il professore ha poi continuato: "Abbiamo paura che la macchina delle riforme, una volta messa in moto, non si fermi più. Abbiamo paura dei danni che ci potrebbero essere". Si è poi rivolto ai 'saggi' nominati da Napolitano: "Ai miei colleghi costituzionalisti dico che la cultura non si presta a fiancheggiare i progetti del potere. La cultura è libera, vi prometto che noi non finiremo qui, che non ci faremo spiaggiare".

Stefano Rodotà lancia un progetto: "Possiamo mettere insieme una coalizione dei vincenti che abbia al centro la Costituzione. (…) abbiamo avuto qualche imbarazzante diserzione. Alcuni non sono venuti qui abbandonando la battaglia comune di anni per calcoli molto modesti. Non si perde l'identità qui, la si rafforza". E ancora, rivolgendosi al premier Enrico Letta: "La Costituzione è stata sequestrata e  sono state distorte le regole fondative. Io vorrei che il presidente del Consiglio usasse una parola di verità, le sue parole sono tra la denigrazione e il terrorismo ideologico". Sulla riduzione del numero dei parlamentari e la modifica del bipolarismo perfetto, il giurista ha aggiunto che "c'è ampio consenso sociale. Si sarebbe potuto avviare un processo di revisione limitata della Carta". Invece, ha sottolineato, si sta tentando, "in assenza di consenso, una scorciatoia pericolosa. Stare attorno alla Costituzione oggi vuol dire evitare un rischio per la democrazia".

venerdì 4 ottobre 2013

La Sicilia è stata definita dal Ministro Mauro "la più grande portaerei sul mediterraneo"

Associazione Antimafie "Rita Atria"

La Sicilia è stata definita dal Ministro Mauro "la più grande portaerei sul mediterraneo". Sigonella nel 2015 diventerà la capitale mondiale dei droni. A Niscemi stanno costruendo il MUOS (il quarto sistema satellitare al mondo per telecomandare i droni e quindi le guerre del nuovo millennio). 

Non si può proclamare il lutto nazionale ed essere artefici di scelte politiche che non fanno altro che distruggere i popoli per accaparrarsi le loro risorse e le posizioni geografiche di prestigio sul mediterraneo. 



Non si può proclamare una giornata di lutto nazionale se i pescherecci che aiutano i migranti a salvarsi vengono poi processati per una legge dello stato italiano. Non si può proclamare il lutto nazionale quando si è autori di una politica che nega i corridoi umanitari.

La Sicilia dovrebbe essere un ponte di cultura sul Mediterraneo e invece è diventata Terra di morte.... dove arrivano i morti e da dove partono strumenti che uccidono. Il Movimento NO MUOS da mesi resiste all'installazione di questi strumenti. Lo facciamo con i nostri corpi, prendiamo denunce... nell'indifferenza del Paese Italia... nella complice indifferenza dei media. Un Paese il nostro che ormai si commuove a comando.... che piange per un giorno e poi continua ad essere complice di una politica carnefice.

Oggi in Sicilia scenderemo in piazza per i nostri fratelli africani... e per non diventare "la più grande portaerei sul mediterraneo". Pio La Torre è stato ucciso per questo. Noi abbiamo il dovere almeno di non perdere la Memoria. Scusate lo sfogo.

Viaggiano nel buio delle coscienze dell'occidente: "Vergogna"

Papa Francesco: "...una sola parola: Vergogna". 




Oggi -quando indosseranno le facce "pittate a lutto"- abbiano il coraggio di parlare di bambini, ragazzi, donne e uomini!...non di clandestini! 
Parlate  i bambini, ragazzi, donne e uomini che raccolgono le loro speranze per deporle su una barca che viaggia nel buio delle coscienze dell'occidente.
Vergogna!

Oggi parlate di questi bambini, ragazzi, donne e uomini
Alcune fotografie delle vittime del naufragio di Lampedusa
 e recuperate dai soccorritori