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lunedì 25 marzo 2013

Libera oggi compie 18 anni.


Libera oggi compie 18 anni.


Le parole di Francesca Rispoli, coordinatrice nazionale di Libera.
"18 anni di memoria e di impegno, di crescita collettiva, di unione di singoli, sigle, scuole, università.
18 anni di vicinanza ai familiari delle vittime e alle vittime, ai testimoni di giustizia, a chi quotidianamente facendo il proprio mestiere si oppone alle mafie e alle logiche mafiose, che si annidano in tutte le professioni e ad ogni latitudine.
Ci sono tre donne che è importante ricordare in una giornata così. 
Sono tre madri.
La prima è la madre di Antonio Montinaro, il caposcorta di Giovanni Falcone, che ci ha affidato il bisogno di dare a ciascuno la dignità del suo nome. Soffriva Carmela, quando la memoria di Antonio, di Rocco e di Vito, veniva liquidata con l’espressione “i ragazzi della scorta”.
“Perché” si chiedeva “il nome di mio figlio non lo dicono mai. E’ morto come gli altri”. Da lì, da questo bisogno, da questo grido di identità negata nasce il 21 marzo, Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie. Ogni anno una città diversa, ogni anno un lungo elenco di nomi scandisce la memoria che si fa impegno quotidiano.
La seconda è la madre di Roberto Antiochia, agente della Polizia di Stato che proteggeva il vice questore di Palermo Ninni Cassarà. Mori trucidato di colpi, nell’agosto dell’85, cercando di fare da scudo al “suo” questore. Saveria dopo quel lutto decise di impegnarsi, anche politicamente, per portare rinnovamento e azioni volte al ripristino della legalità. Poi a metà degli anni ’90 ha accompagnato la nascita di Libera ed è stata la prima a tessere pazientemente la rete tra i familiari delle vittime delle mafie, che oggi è forte e trasversale.
La terza è la madre di Pierantonio Sandri, giovane scomparso a Niscemi nel 1995, a soli diciannove anni. Ninetta non si è data pace finché non ha avuto una tomba su cui piangere. Finalmente nel 2009, grazie alle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, sono stati ritrovati i resti di Pierantonio. Ninetta ha urlato più che ha potuto, fino alla morte, che suo figlio era vittima di un sistema omertoso, che per quindici anni non ha consentito di fare luce sul caso.
Oggi queste madri si sono ricongiunte ai loro figli e a noi hanno lasciato un’eredità straordinaria, di forza, di impegno, di fame e sete di giustizia e verità.

E’ anche grazie a loro che Libera è arrivata a compiere 18 anni.
18 anni è un’età importante, in cui i ragazzi diventando maggiorenni affrontano le nuove sfide che la vita propone loro.
In primis, il diritto di voto. Il diventare pienamente cittadini della Repubblica, esprimendo le proprie idee politiche affinché vengano rappresentate in Parlamento. Libera su questo è stata un “enfant prodige”: fin dalla sua nascita infatti ha portato avanti proposte che potessero diventare realtà, grazie all’interlocuzione permanente con le Istituzioni.
A cominciare dalla legge sull’uso sociale dei beni confiscati alle mafie, proposta con la raccolta di un milione di firme.
E in questi 18 anni sono state molte le istanze portate avanti, per poter rispondere con efficacia all’emergere di nuove forme di investimenti criminali nel nostro Paese.
Oggi più che mai è chiaro che per sconfiggere le mafie è necessario un maggior investimento in termini di innovazione, per dare la possibilità ai giovani di trovare la propria dimensione e non cedere ai miraggi di guadagni facili e illegali.

In questi giorni l’Italia ha guadagnato un triste record: il tasso di disoccupazione giovanile lambisce il 40%. Pensare che ci siano 4 giovani su 10 che non trovano spazio, non può che spingerci a reagire e a fare ciò che è in nostro possesso per migliorare la situazione.
Libera è un’associazione in cui tanti giovani trovano il loro modo di essere attivi, attraverso i presidi territoriali e i coordinamenti, attraverso i campi estivi, le cooperative, i corsi universitari, i laboratori scolastici. E poi attraverso tanti linguaggi diversi, come la musica, i film, l’arte in tutte le sue forme, le sperimentazioni digitali.

Una rete in cui esiste un forte patto generazionale, una solida alleanza tra coloro che hanno esperienza e coloro che vogliono fare esperienza, senza che si crei un rapporto gerarchico.
Una rete in cui chi vuole essere protagonista trova spazio e agibilità.
E’ per questo che negli ultimi anni é aumentata esponenzialmente la presenza di giovani che vedono in noi ciò che probabilmente non trovano più in altri luoghi: spazi di formazione, di libertà di espressione, di attivismo, di proposta politica e, soprattutto, di cambiamento.
Molti di loro non erano neanche nati quando la rete è stata pensata, quando ci sono state le prime riunioni che ponevano al centro la necessità dello “stare insieme” per non creare l’ennesima associazione accanto alle altre.
Tutti questi giovani però hanno dentro lo spirito originario di Libera e ne vivono a pieno le attività, essendo protagonisti accanto ai più adulti. In una logica intergenerazionale che ci pone corresponsabili verso il nostro Paese: perché l’Italia ha bisogno di cambiamento oggi e solo se c’è un forte legame tra gli adulti e i giovani, che insieme rappresentano il presente, questo cambiamento può essere generato.
Francesca Rispoli

giovedì 21 marzo 2013

A Pinerolo, sabato 23 marzo, Yvan Sagnet racconterà al sua storia


Venerdì 15 marzo Yvan Sagnet, leader della rivolta dei braccianti di Nardò, è diventato dottore in Ingegneria, titolo conseguito al Politecnico di Torino.

Yvan Sagnet racconterà la sua storia a Pinerolo, sabato 23 marzo 2013 nell'ambito della manifestazione che celebrerà la  XVIII Giornata della Memoria e dell'Impegno in Ricordo delle Vittime delle mafie",  

Fonte: LECCESETTE

Una storia di dignità e riscatto. Dopo anni di sacrifici, ha un sapore un po' speciale la laurea in ingegneria conquistata venerdì da Ivan Sagnet. 
Lui, camerunense arrivato in Italia come tanti altri cittadini migranti, ha segnato il passo della storia di questo Paese diventando il leader della rivolta dei braccianti di Nardò. Per la prima volta dopo anni di sfruttamento nei campi, grazie a lui i lavoratori hanno cominciato a riacquistare un volto ed un nome, incrociando le braccia e rifiutandosi di subire in silenzio le angherie dei caporali. 
Un eroe dei nostri giorni con alle spalle una storia di emigrazione come tante. Arrivato nel nostro Paese con ancora negli occhi il mito dell'Italia di Roberto Baggio, si scontra subito con le mille difficoltà dello status di immigrato. Cresciuto all'ombra di uno zio  che gli ha trasmesso l'amore per la cultura, deve ricominciare tutto d'accapo. Studia l'italiano innanzitutto e lavora qui e lì per pagarsi l'iscrizione all'Università di Torino. Poi arriva l'esperienza di Nardò. Qui, bracciante e laureando, si scontra con una realtà di inusitato sfruttamento. Forte della sua consapevolezza, ha il coraggio di ribellarsi, trascinandosi dietro gli altri lavoratori. Poi arrivano le minacce dei caporali, l'attenzione mediatica e, come da copione, la guerra tra poveri, l'antipatia di chi  - debole tra i deboli – è disposto a tutto pur di mangiare. 
Ma proprio da quell'esperienza nasce la sua fortuna. Si allontana dal Salento, dove è in pericolo, ma non tace. Comincia invece a raccontare, anche in un libro, la sua esperienza, raccogliendo intorno a sé solidarietà e simpatie. Comunque  continua a studiare, testardamente, fino al traguardo: la laurea in ingegneria che venerdì a Torino lo ha consacrato dottore in ingegneria delle telecomunicazioni

martedì 19 marzo 2013

XVIII Giornata della memoria e dell'Impegno in Ricordo delle Vittime delle mafie


A Firenze il 16 marzo 2013

A Pinerolo il 23 marzo 2013 

il gruppo scout di Pinerolo a Firenze
In tanti hanno sfilato, sabato scorso a Firenze:  150 mila persone, arrivate nel capoluogo toscano per la "XVIII° Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie", organizzata da Libera e Avviso Pubblico
Ascoltare gli oltre 800 nomi delle Vittime Innocenti delle mafie voleva avere il significato di "fare memoria" di tutti coloro che, innocenti, hanno sacrificato la loro vita, uccisi dalla "peste", come Don Ciotti ha definito le mafie. Fare memoria: conoscere, capire, agire affnchè le storie drammatiche  del passato non abbiano più a ripetersi. Fare memoria; essere vicini ai familiari delle Vittime Innocenti affinchè il loro sacrificio non sia dimenticato; impegnarsi a difendere la Bellezza delle nostre vite contro il puzzo della "montagna di merda" - così Peppino Impastato ci ha insegnato a chiamare le mafie; Tutto questo significa la "Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie". 
Memoria e impegno sono i semi e fiori che i partecipanti alla manifestazione offrono come servizio alle nostre comunità.
A Firenze eravamo presenti anche noi, del presidio "Rita Atria" Pinerolo, rappresentati da uno dei gruppi scout della città: giovani, nuove generazioni che, come ci ha insegnato Paolo Borsellino, sono "(...) le più adatte a sentire subito  il fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza della contiguità e quindi della complicità". 
gli scout e lo striscione del presidio "Rita Atria" marciano a Firenze

Il prossimo 23 marzo 2013, celebreremo, anche a  Pinerolo, la "Giornata della memoria e dell'Impegno in Ricordo delle Vittime delle mafie".
Il seme della Memoria nutre  il fiore del nostro Impegno

sabato 16 marzo 2013

FIRENZE 16 marzo 2013: XVIII Giornata della memoria e dell'Impegno in ricordo delle Vittime innocenti delle mafie


Firenze 16 marzo 2013. 

Semi di Giustizia, fiori di Corresponsabilità


Quest'anno saranno ricordati a Firenze gli oltre 900 nomi di vittime delle mafie: semplici cittadini, magistrati, giornalisti, appartenenti alle forze dell'ordine, sacerdoti, imprenditori, sindacalisti, esponenti politici e amministratori locali: m

orti per mano delle mafie perché colpiti inermi, senza colpa alcuna; morti per mano delle mafie perché, con rigore e coerenza, hanno compiuto il loro dovere.
“Ma da questo terribile elenco - sottolinea Libera - mancano tantissime altre vittime, impossibili da conoscere e da contare”.





Libera, per la XVIII edizione della Giornata della Memoria e dell'Impegno in Ricordo delle Vittime delle mafie", ha scelto la Toscana, ha scelto Firenze ."Semi di Giustizia, fiori di Corresponsabilità" è lo slogan della manifestazione.
La piazza si riempirà di fiori colorati di vita, colorati di impegno grazie ai lavori realizzati dagli studenti di tutte le scuole d'Italia  in  memoria delle vittime. Sui fiori sarà scritto il nome della vittima, una frase, un disegno, per ricordare e far vivere il sacrificio della persona uccisa dalla criminalità mafiosa. Nel pomeriggio si svolgeranno 17 seminari tematici dalla corruzione al doping, dall'intreccio mafia e politica all' ecomafie, dall'educazione ai beni confiscati, dall' informazione all' etica delle professioni. Sono previsti sette  spettacoli teatrali. 
Perché Firenze? Le ragioni sono tante. Firenze è, la città sfregiata dalla strage di via Georgofili, nella notte del 26 e 27 maggio 1993 e di cui quest'anno ricorre il ventennale. Vittime del terrorismo mafioso, morirono cinque persone: la famiglia Nencioni composta dal papà Fabrizio e mamma Angela, le figlie Nadia di 9 anni e Caterina di soli 50 giorni. Morì Dario Capolicchio, studente siciliano di architettura trasferitosi in Toscana, amante della montagna e impegnato nella difesa dell'ambiente. 
Firenze è la città adottiva del giudice Antonino Caponnetto, l'uomo che succedette a Rocco Chinnici- anche lui ucciso dalla mafia-  alla guida della Procura di Palermo, l'uomo che strutturò il "pool antimafia" di Falcone e Borsellino
Firenze ha dato i natali anche  a un altro valoroso magistrato, Pier Luigi Vigna, da poco scomparso, nonché al giudice Gabriele Chelazzi, morto anni fa, e alle cui strenue indagini sulla strage di Via dei Georgofili  si devono molti dei risultati dell'inchiesta. 
Faremo memoria di tutti. Li ricorderemo insieme a tutte le altre vittime innocenti delle mafie, stretti attorno ai loro parenti e famigliari.



mercoledì 13 marzo 2013

Pinerolo 23 Marzo - XVIII Giornata della Memoria e dell'Impegno in Ricordo delle Vittime delle mafie

Semi di giustizia, fiori di corresponsabilità”



La “Giornata della Memoria e dell'Impegno” vuole ricordare tutte le vittime innocenti delle mafie. Sono oltre 900 nomi: cittadini, magistrati, giornalisti, appartenenti alle forze dell' ordine, sacerdoti, imprenditori, sindacalisti, esponenti politici e amministratori locali. Morti per mano delle mafie perché colpiti inermi, senza colpa alcuna; morti per mano delle mafie perché, con rigore e coerenza, hanno compiuto il loro dovere.“Ma da questo terribile elenco - sottolinea Libera - mancano tantissime altre vittime, impossibili da conoscere e da contare



Programma

Mattinata


Ore 9.15: inizio della manifestazione. 
Presentazione della “Giornata Della Memoria in Ricordo delle Vittime Innocenti di mafia”; saluto al Sindaco, ai cittadini, alle Autorità, alle scuole, ai rappresentanti delle categorie 
Illustrazione delle attività e dell’impegno svolto dal presidio “Rita Atria”: società e scuola 
Interventi dei docenti e degli studenti delle scuole pinerolesi coinvolte nei progetti.
Intervento del Sindaco di Pinerolo
Intervento del Procuratore della Repubblica (o altro rappresentante delle Istituzioni)
Ore 11.30: Lettura dei Nomi delle Vittime Innocenti di mafia
Chiusura manifestazione mattutina

Pomeriggio 

In Piazza Facta, banchetto del Presidio “Rita Atria” presentando i prodotti di Libera Terra e materiale illustrativo; banchetto della Libreria “VOLARE” ( in Piazza Facta) a sostegno della partecipazione-intervento di Yvan Sagnet. In concomitanza, banchetto dei prodotti di Libera Terra e materiale illustrativo presso la COOP Pinerolo 
In Piazza Facta, durante il corso del pomeriggio si svolgeranno attività, proiezioni e contributi audio-visivi sul tema della Giornata, sulle attività di Libera e del presidio “Rita Atria”, 

Serata

Ore 20.45: Fiaccolata per le vie cittadine, da Piazza Facta all’Auditorium “Baralis”, via Marro n. 6 Pinerolo
Ore 21.30: presso l’Auditorium “Baralis”, incontro con Yvan Sagnet e presentazione del suo libro “Ama il tuo sogno”. Dibattito sul tema conduttore: lavoro – mafie - crisi sociale

Processo Minotauro. E' l'ora dei politici "che non sanno"


Nell'aula Bunker delle Vallette, ieri è stato il momento di sentire la politica: "la politica che non sa!" La Procura ha chiamato a testimoniare gli esponenti che hanno intrattenuto rapporti al fine di ottenere il consenso con persone poi tratte in arresto a seguito della conclusione dell'operazione Minotauro. 


Fonte: Libera Piemeonte

Se per molti rappresentanti della politica piemontese si è scelto di acquisire agli atti le dichiarazioni rese agli inquirenti, per Fabrizio Bertot, ex Sindaco di Rivarolo Canavese e Francesco Brizio Falletti, attuale sindaco di Ciriè e presidente della GTT, la procura ha preferito sentire quanto avessero da raccontare.

Bertot, incalzato dal Pm Sparagna, ha raccontato come fosse arrivato al pranzo elettorale - per la sua elezione alle europee del 2009 - al Bar Italia, di proprietà di Giuseppe Catalano e luogo di summit della 'ndrangheta. A portarlo Antonino Battaglia, segretario di Rivarolo Canavese -- comune sciolto per infiltrazione mafiosa -- oggi a processo di voto di scambio. L'ex sindaco di Rivarolo, a suo dire, era consapevole del bacino elettorale al quale stava chiedendo voti -- quello del gruppo dei calabresi -- ma non certo del profilo criminale delle persone incontrate. Sapeva anche del passato legato ad ambienti malavitosi di Giovanni Iaria, uomo che ha appoggiato la sua candidatura, ma pensava si trattasse di un parente, come ha riferito in aula.
Il primo cittadino di Ciriè, appoggiato secondo la tesi della Procura da Salvatore De Masi, capo locale di Rivoli, era all'oscuro di tutto: non sapeva a chi stesse chiedendo il consenso.



Emblematica la percezione che il Sindaco aveva della presenza della 'ndrangheta in provincia di Torino, prima della chiusura dell'operazione Minotauro. Incalzato dal Procuratore Gian Carlo Caselli, che ha elencato gli atti ufficiali e pubblici che testimoniavano l'esistenza della criminalità organizzata in Piemonte, ben prima del 2011, l'esponente pd ha dichiarato di non esserne al corrente, nonostante la lettura attenta dei giornali.

martedì 12 marzo 2013

Commuoversi non basta è arrivato il momento di muoversi


Don Ciotti, "commuoversi non basta
è arrivato il momento di muoversi"

Don Ciotti, fondatore di Libera, in occasione della Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime delle mafie, a Firenze il 16 marzo. "Da questa città deve partire un rinascimento civile"

Fonte: La Repubblica
Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, ospite ieri di Repubblica, ha risposto alle domande dei giornalisti della redazione sulla 18° Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo della vittime delle mafie, che si terrà a Firenze il 16 marzo (vedi box nell’altra pagina), e su alcuni temi caldi della vita del paese.


La vostra iniziativa si chiama Giornata della memoria e dell’impegno, con un accento messo sul fare, più che soltanto sul dovere del ricordo. In concreto questo cosa significa?


«Che commuoversi non basta più, ma bisogna muoversi. E che la memoria che parla, racconta, porta a distinguere il giusto dall’ingiusto, a capire ciò che serve, costringe a mobilitarsi e a farlo tutti insieme. Perché il vero cambiamento ha bisogno di ciascuno di noi in prima persona, di fatti concreti, e della coesione dell’intero Paese».

Parlare di mafia non solo al sud, ma in giro per l’Italia, vuol dire, insomma, vederlo come un ‘caso’ per ogni italiano, in qualunque angolo viva.

«Libera è nata nel ’95 nel clima di indignazione seguito alle stragi di Capaci e di via D’Amelio, e dal bisogno urgente di reagire attraverso un percorso culturale, educativo, di conoscenza, di impegno civile, l’unico in grado di garantire lo stato di salute di una democrazia. Così, nel ’96 siamo riusciti a raccogliere 1 milione di firme a sostegno della legge sulla confisca dei beni della mafia e il loro uso sociale, per cui si era battuto ed era morto Pio La Torre, e che prima di essere approvata ha trovato mille ostacoli in parlamento. Abbiamo conosciuto la fatica di andare a bussare alla porta dei capigruppo, uno per uno, di lottare con i tempi di lavori parlamentari, il patema dell’approvazione». 

La legge è poi arrivata.

«In extremis. E oggi sappiamo quanto sia faticoso farla funzionare, arrivare alle confische, restituire terre e beni immobili alla collettività, garantire la loro rinascita economica a vantaggio di tutti. Basti pensare che solo 35 delle oltre 1.600 aziende confiscate sono finora sopravvissute e in grado di camminare. Eppure sappiamo anche quanto sia importante in quei territori vedere i giovani al lavoro nei campi appartenuti a Riina e Provenzano, occupare le case e le ville che furono di boss autori di stragi, e i prodotti delle cooperative sociali come il vino Centopassi serviti al rinfresco del presidente Napolitano per la festa della Repubblica. Uno schiaffo alla mafia costato una raffica di attentati e distruzioni, che ci hanno toccato nel vivo. Ma ormai sappiamo che questa è l’unica strada da percorrere».

Il momento più forte della manifestazione di sabato sarà quando verrà letta a voce alta la lista di 900 nomi di vittime delle mafie, un elenco che fa già impressione, eppure incompleto. 

«Ogni volta speriamo che le vittime che siamo costretti a piangere siamo le ultime, e invece dal ’92 a oggi se ne sono aggiunte molte altre, mentre ogni anno emergono dall’ombra almeno 10-15 famiglie chiuse nel loro dolore, che hanno visto lo Stato soltanto a ridosso delle loro vicende, poi più. Tutte queste persone, molte delle quali sfileranno a Firenze come il fratello di Giancarlo Siani, o la sorella di Manuela Loi, morta in via d’Amelio, o la figlia di Lollo Cortisano, ucciso dalla n’drangheta, in questi anni si sono conosciute, frequentate, ritrovando voce e dignità. E sabato sentiranno pronunciare alto e forte il nome dei loro cari. Non dimenticherò mai la mortificazione della madre di Antonio Montinaro, caposcorta di Giovanni Falcone morto anche lui nella strage di Capaci e i cui fratelli saranno con noi sabato, nel veder scomparire il nome di suo figlio dentro la generica definizione di ‘ragazzi della scorta’. Eppure, anche loro, come Falcone e Borsellino, e tutte le altre vittime innocenti, sono morti per la stessa ragione: la difesa della democrazia».

Ma perché è così difficile in Italia parlare di mafia?

«La mafia è un potere trasversale al Paese, che ha radici al sud, ma mette rami e fa frutti che si raccolgono al nord, dove ci sono il benessere, l’economia, gli investimenti, essenziali al riciclaggio del denaro sporco, e dalla cui infiltrazione nessuna regione d’Italia può dirsi al riparo, nemmeno la Toscana, dove è forte l’usura, una delle tante attività legate alla mafia, come, ovunque, il gioco d’azzardo, il traffico e lo spaccio di droga, i grandi interessi immobiliari, la corruzione della pubblica amministrazione. La lotta alle mafie, insomma, non è cosa da operatori solitari, le cose si possono cambiare solo facendo rete, parlando a nome di un ‘noi’ collettivo, senza confini territoriali e senza bandiere di partito, in cui la memoria si faccia prossimità fra persone in carne e ossa, perché la prima dimensione della giustizia è l’accoglienza, il rispetto, la vicinanza. E’ per questo che a Firenze arriveranno migliaia di persone da ogni angolo d’Italia, giovani, adulti, anziani, al seguito delle 1.600 organizzazioni nazionali di ogni colore, dall’Azione Cattolica ai sindacati confederali, dalla Fuci a Legambiente, dall’Agesci all’Arci, che fanno parte di Libera insieme a molte piccole associazioni locali, o mobilitati nelle scuole, nelle università, nei luoghi di lavoro, dove di mafia si parla tutto l’anno. E in particolare ci saranno molti giovani delle carceri minorili».

Giovani che, molto spesso, fanno parte loro malgrado del tessuto sociale di cui si alimenta la mafia, anche loro vittime, in un certo senso.

«Sapete chi è che va a trovarli nelle carceri, ad aiutarli a crescere e a liberarsi dei condizionamenti del loro ambiente, a ritrovare una vita? I familiari delle vittime! E vedere gli uni e gli altri sfilare accanto per le strade di Firenze, vorrà dire assistere ad una delle pagine più alte della storia di questo Paese».

Voi ricordate come il vostro appuntamento sia ormai ‘rituale’, eppure ogni volta la Giornata di Libera viene vissuto come una forte provocazione civile, rivolto innanzitutto alla politica. In tempi di protesta diffusa e urlata, quale è il segno che volete lasciare?

«Denunciare e basta non basta più. E’ il momento di chiedere conto a noi stessi in prima persona, di quello che facciamo. Il problema non è solo chi fa il male, ma anche chi lascia che lo si faccia. Firenze, città del Rinascimento, è stata vittima anche lei della mafia con l’attentato ai Georgofili, e proprio in quanto capitale della cultura, come ora Napoli è stata sfregiata dal rogo della Città della scienza. Perché la cultura è presidio di democrazia, sveglia le coscienze, è strumento di responsabilità e libertà. Lo sapeva bene Antonino Caponnetto, ‘nonno Nino’ che ha girato l’Italia fino all’ultimo per dire che la mafia teme più le scuole che la giustizia. Ma al suo funerale non c’era un solo rappresentante dello Stato».

Evidente sottovalutazione della radice culturale della mafia.

«Sì, e a Firenze, sabato, ci saremo anche in memoria di Nino. Da qui partirà l’appello ad un Rinascimento nuovo, fatto dalle persone che hanno voglia di riappropriarsi dei loro diritti, e che dalla politica pretendono soluzioni e non parole. La lotta alla mafia non si può più fare con i proclami, ma con il sostegno alle famiglie, i servizi ai territori, le politiche per il lavoro, la lotta contro il gioco d’azzardo, la legge contro la corruzione, l’accoglienza dei profughi del nord Africa per non farne manodopera della criminalità, la prevenzione dei reati, anziché la rincorsa, che costa molto di più. In una parola, con una politica che al più presto rimettere al centro le persone, la loro dignità, rendendo loro giustizia».

Insieme a Michele Serra, Roberto Saviano, Roberto Benigni e altri, lei ha firmato l’appello «Facciamolo!», rivolto a Pd e 5 Stelle perché trovino un accordo di «governo di alto profilo». Eppure Libera è sempre stata contraria alle «sirene del populismo».

«Non chiamerei populisti i 5 Stelle, che hanno dato una scossa al Paese ponendo domande ineludibili a tutta la politica. Conosco molti di questi ragazzi, portatori di una voglia di cambiamento e di una rabbia sana, quella che si prova per ciò che si ama. In parlamento sono entrati finalmente volti di giovani, intelligenti e appassionati, che ora vanno ascoltati e fatti lavorare». 

Sì, ma con che governo? 

«Non sta a noi dirlo, ma di sicuro tutto ciò va raccolto per ridare speranza al Paese. L’appello non servirà a niente, ma almeno è un tentativo di chiamare in causa tutti, nessuno escluso, ad una responsabilità diretta, ad una politica alta, chiara, trasparente, vicina alle storie delle persone. L’unico modo per salvare l’Italia. Mai lasciare che una crisi si trascini dietro anche la crisi della speranza. Il nostro è un graffio sulla coscienza di tutti, un invito a non perderci, per non dover un giorno batterci il petto, e a fare scelte anche scomode, a trasformare i tanti ‘no’ che diciamo, in tanti ‘noi’».

Lei è un prete, e il mondo cattolico, in questo momento, non solo perché si apre un Conclave, è chiamato ad una stagione di scelte cruciali, spirituali e culturali, e in un certo senso anche politiche. Quali, secondo lei?

«Ogni cristiano ha una duplice responsabilità: cristiana, appunto, e civile. Non può accontentarsi di affermare un ideale, deve entrare nella storia. E sapere che ovunque è a rischio la dignità, lì viene sacrificato il principio di libertà dell’uomo. La Chiesa deve avviare un processo di purificazione e rinnovamento, diventare più povera, più sobria, meno burocratica, più essenziale, più libera. Parlare il linguaggio della vita delle persone, su sessualità, divorziati, bioetica, uso del denaro. E lo Ior deve passare alla banca Etica, subito». 

E alla luce di tutto questo, chi vorrebbe che diventasse Papa?

«Il cardinale di Vienna, Christoph Schoenborn. Uomo profondo, pieno di umanità, coraggio, capacità di stare con la gente. Lui sì che sarebbe una bella svolta nella Chiesa».

mercoledì 6 marzo 2013

Don Ciotti, da Firenze contro la mafia ."Peste che si combatte in Parlamento"


Il presidente di Libera presenta la diciottesima edizione della “Giornata della Memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie“ in programma il 16 marzo. 

Fonte: La Repubblica
Le radici delle mafie sono certo al Sud, ma i loro rami e loro frutti si propagano fino al Nord, passando per il Centro. E anche in Toscana i clan hanno messo radici”. Per don Luigi Ciotti la lotta alla criminalità organizzata ormai è una battaglia “da combattere in Parlamento, con leggi giuste e interventi giusti, non più soltanto con le forze dell’ordine”. Con questo appello il presidente di “Libera" ha scelto di presentare la diciottesima edizione della “Giornata della Memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie“ in programma a Firenze per il 16 marzo. Un grande evento per cui Libera conta di far arrivare in città 150 mila persone. “Non chiamatela più mafia, ma peste. Perché questo è diventata per il nostro Paese la criminalità organizzata”, dice don Ciotti di fronte al parlamento regionale degli studenti. 
Quest’anno la Giornata, che tradizionalmente si svolge il 21 marzo nel primo giorno di primavera, viene anticipata a sabato 16 marzo per favorire una massiccia partecipazione di quanti (sono attesi 500 pullman nonché un treno speciale dalla Liguria) arriveranno da ogni parte di Italia. Lo slogan 2013 (“Semi di giustizia, fiori di corresponsabilità“) accompagnerà il meeting e la marcia. A Firenze sono attesi circa 600 familiari delle vittime di mafia, in rappresentanza di un coordinamento composto da oltre 5 mila familiari. Saranno loro ad aprire il corteo che partirà dalla Fortezza da Basso (ore 9) per sfilare in centro e poi approdare all’Artemio Franchi. Proprio sotto la curva Maratona verrà allestito il palco da cui si susseguiranno gli interventi e verramnno letti i 900 nomi delle vittime di mafia. Un appuntamento preceduto da 100 iniziative su tutto il territorio regionale ma anche seguito nel pomeriggio da 17 forum tematici. 
Sono molte le ragioni che ci hanno fatto scegliere Firenze - dice don Andrea Bigalli, coordinatore toscano di Libera - È innanzitutto la città sfregiata dalla strage di via Georgofili, di cui quest’anno ricorreranno i vent’anni dall’attentato in cui morirono 5 persone. Firenze è poi la città adottiva di Nino Caponnetto, quella in cui è nato Pier Luigi Vigna nonché del giudice Gabriele Chelazzi”.
Firenze come tappa del rinascimento morale, sociale e civile, continua Don Ciotti, che però non dimentica come "la Toscana sia anche terra di massoneria". Lo fa ricordando un'omelia che il cardinale Carlo Maria Martini pronunciò nel 1984 nel Duomo di Milano. "Parlò di corruzione bianca e siriferiva alla corruzione dei colletti bianchi come ad una peste. Lo faceva molto prima di Mani Pulite e oggi quel discorso è di nuovo di sconcertante attualità".
Ma Firenze sarà protagonista di molte iniziative a partire dal 15 marzo. Nel pomeriggio nel Salone dei Cinquecento è previsto un incontro dei familiari delle vittime e una preghiera interreligiosa alle 18 è prevista in Santa Croce. Alle 21, all'Obihall, la presentazione del No crime festival e lo spettacolo teatrale di Fiamma Negri "Ultimo domicilio: sconosciuto e sempre alle 21 una veglia organizzata dall'Agesci presso la Palestra Ridolfi.