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lunedì 10 gennaio 2022

"Criminalità organizzata dietro l'angolo": l'inchiesta di "Riforma- L'eco delle valli valdesi" sulle mafie presenti nei nostri territori

Ancora una volta ci tocca ringraziare un organo della stampa  locale, "Riforma- L'eco delle valli valdesi", per l'attenzione che dimostra verso il tema delle mafie presenti anche nella nostra regione,nei nostri territori, con la pubblicazione dell'inchiesta Criminalità organizzata dietro l'angolo, inchiesta riportata nell'edizione in edicola . 
Ad un mese dall'intervista rilasciata a Patrizio Righero, direttore di Vita  Diocesana (puoi leggere qui), si torna quindi a parlare di mafie e "pensiero mafioso", temi che altrimenti paiono essere "scomodi"e troppo spesso "scansati e messi da parte" anche nella nostra comunità,. Eppure  quanto dichiarato in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2020 da Francesco SaluzzoProcuratore Generale della Repubblica di Torino, non lascia spazio a fraintendimenti: «Non vi è porzione del nostro territorio che sia rimasta immune dalla penetrazione della struttura criminale di natura mafiosa (...) un fenomeno pervasivo, insidioso, pericolosissimo. Di fronte al quale si registra, in molti casi, una certa “neutralità” del territorio e di sue componenti sociali nei confronti di questi personaggi: un atteggiamento spesso ambiguo, altre volte di soggezione, altre volte, purtroppo, come le indagini hanno dimostrato, una accettazione e una condivisione di fini e di strumenti criminali. È la mafia trasparente, che raramente uccide, ma si insinua nel mondo commerciale e cerca al contempo di condizionare la politica come avvenuto a Bardonecchia, a Leinì, Rivarolo e altrove. Sembra dunque mancare una “cultura dell’antimafia” capace di far comprendere la pericolosità di certe relazioni e situazioni, e di conseguenza di denunciarle".
Una dichiarazione, quella delProcuratore Francesco Saluzzo che, a nostro parere, rafforza,  l'auspicio che anche a Pinerolo si creino occasioni di riflessione e dibattito utili ad "una maggiore conoscenza del fenomeno mafioso e delle sue dinamiche, affinché non si riproducano condizioni che favoriscano la sua eventuale presenza e accrescenza".

L'inchiesta  Criminalità organizzata dietro l'angolo si compone di quattro distinti articoli, ognuno dei quali incentrato su un particolare aspetto del tema "mafie":
 
- "Il camaleonte mafioso e liquido" (di Gian Mario Gillio) è il titolo dell'intervista a Gian Carlo Caselli, magistrato Procuratore  della Repubblica di Torino. Ricordiamo le parole che il magistrato pronunciò nell'ambito del processo Minotauro nell'accorata requisitoria contro le cosiddette "relazioni esterne": “(...)La mafia c’è perché c’è mercato per i suoi servizi. Ci sono tante persone che traggono vantaggio dall’esistenza della mafia, persone che non hanno nessun interesse a denunciarla. Persone, politici e amministratori, che la legge penale non può punire perché la loro colpa è lopportunismo”. "Pecunia non olet!"

- "Fatti e  cronache nel Pinerolese" (di Claudio Geymonat): nell'articolo si riportano fatti e personaggi che testimoniano chiaramente della presenza mafiosa. Fra altre cose, ad esempio si ricorda che Vincenzo Riggio, uno dei più importanti narco-trafficanti italiani, aveva qui alcune delle sue proprietà: la cascina di Volvera, sequestratagli nel 1994 e divenuta luogo di aggregazione di Libera ("Cascina Arzilla"), e le due ville, a Valgioie e a Roletto, dove venne nuovamente arrestato nel 2007.

- "Un pastore contro la mafia" (di Claudio Geymonat): si "fa memoria" della storia di Pietro Valdo Panascia a Palermo, che si espose per primo e coraggiosamente contro “cosa nostra”, aprendo una nuova stagione.

-"Sentinella del territorio" (di Claudio Geymonat): è il titolo dell'intervista rilasciata da Arturo Francesco Incurato, referente del gruppo denominato Associazione "Rita Atria" Pinerolo, gruppo che oramai da un decennio si propone dicontribuire al contrasto culturale a mafie e "pensiero mafioso" attraverso incontri nelle scuole, l’attenzione verso la gestione del bene pubblico territorio-paesaggio, l’attenzione verso le crescenti ingiustizie e diseguaglianze all’interno della società.
Di seguito riportiamo il testo integrale dell'intervista.
Due parole sul tuo ruolo nell'associazione. 

Il ruolo del sottoscritto all’interno del gruppo denominato Associazione “Rita Atria” Pinerolo, già presidio “Rita Atria” Pinerolo dell’associazione LIBERA, è quello di referente: una sorta di “portavoce- raccoglitore” delle riflessioni e delle attività nate in questi dieci anni di attività attorno al tema delle”mafie”, tema che -anche a nostro parere- riveste un carattere eminentemente “culturale”. Da questa considerazione preliminare sono derivate le linee di  impegno che si sono succedute in questo decennio della nostra attività: gli incontri nelle scuole; l’attenzione verso la gestione del bene pubblico territorio-paesaggio; l’attenzione verso le crescenti ingiustizie e diseguaglianze all’interno di una società in cui il decadimento dei valori fondanti la nostra Democrazia appare preoccupante.

Le varie relazioni della Direzione investigativa antimafia da anni lanciano l'allarme sulla pervasiva presenza mafiosa in Piemonte come sancito dai noti processi di queste stagioni, e al contempo sottolineano una certa indole a non volere vedere, a non capire o meglio a fingere di non capire. Nel Pinerolese questa tendenza a una certa sottovalutazione pare addirittura ampliarsi: pochi casi di cronaca, poche denunce. Ma siamo un'isola felice ? O la realtà è un'altra? Eppure casi di cronaca qua e là nel tempo (estorsioni, sequestri) dovrebbero destare attenzione. 

Se il Pinerolese fosse davvero “un’isola felice”, libera da presenze mafiose, ovviamente non ci sarebbe che godere e gioire di questo privilegio. Tuttavia quanto accaduto nella nostra regione, in comunità a noi assai vicine, dovrebbe non solo destare attenzione ma pure stimolare ad una maggiore conoscenza del fenomeno mafioso e delle sue dinamiche, affinché non si riproducano condizioni che favoriscano la sua eventuale presenza e accrescenza. Il “sabaudo orgoglio” ostentato dalle comunità e dagli amministratori piemontesi nel recente passato, nei confronti della supposta estraneità della regione al fenomeno mafioso,  è del resto  miseramente crollato dinanzi alle risultanze dell’operazione “Minotauro” (giugno 2011) e del processo che ne è poi seguito. Gian Carlo Caselli , allora Procuratore capo di Torino, nel 2013 riserva a se stesso la  relazione sui rapporti dei mafiosi con la cosiddetta “zona grigia”, requisitoria che si trasforma in una “lezione” che non si deve dimenticare: “Perché la magistratura è stata lasciata sola? (…) La mafia c’è perché c’è mercato per i suoi servizi: ci sono tante persone che traggono vantaggio dall’esistenza della mafia, persone che non hanno nessun interesse a denunciarla. Persone, politici e amministratori, che la legge penale non può punire perché la loro colpa è l’opportunismo”.

Scopi primari della costituzione della vostra associazione: sono cambiati nel tempo rispetto a quanto vi aspettavate? 

Come abbiamo detto più volte detto,l’intento che ci eravamo posti era quello di provare ad essere “sentinelle  del territorio” attraverso un’attività di contrasto culturale conto mafie e “pensiero mafioso”. Il “pensiero mafioso”: così abbiamo definito il pericolo da cui dobbiamo tutti difenderci:  “cercare di ottenere quel che non ci meritiamo”, pensiero  che può albergare in ciascunno di noi, anche in coloro che “mafiosi” non possono essere propriamente detti. “Pensiero pericoloso” perché può indurre ad avvalersi sinanco dei “servizi” che le mafie possono offrire,  a conferma della frase scritta da Rita Atria all’indomani dell’uccisione di Paolo Borsellino:“(…)  La mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarci”.

Pnrr, una pioggia di miliardi sui territori, compreso il nostro: avete già segnali di un'attenzione particolare rivolta a queste ampie possibilità imprenditoriale? 

Auspichiamo e ci auguriamo che le nostre amministrazioni siano in grado di utilizzare le risorse che arriveranno dall’Europa con consapevolezza, capaci di eleborarare progetti e strategie coordinate e complessive, strategie che -per una volta- non si riducano a “grandi opere” a vantaggio  di “soliti noti” quanto piuttosto si realizzino “opere grandi” a vantaggio del bene lungimirante delle comunità. Le recenti dichiarazioni di Nicola Gratteri, procuratore capo di Catanzaroe e uno dei magistrati cardine nella lotta alla’ndrangheta e ai suoi “opportunisti”, rilanciano l’allarme: “Questo per le cosche è un momento magico. Punta ai soldi del Recovery, mentre dall’agenda del governo scompare l’antimafia..(…) Oggi hanno una nuova arma: la corruzione.(…)”. Insomma, le parole di Gratteri non fanno che richiamare la storica “regola”: quando le mafie non fanno parlare di sé significa che godono di ottima salute  e conducono ottimi affari!

Credete che le amministrazioni locali, la società civile, parlo sempre delle nostre aree di riferimento, abbiano strumenti per contrastare la presenza di malavita organizzata sui propri territori. 

Il primo baluardo contro le mafie è da molti considerato la nostra stessa Carta Costituzionale. A nostro parere, proprio nei suoi Principi Fondamentali si ritrovano tutti gli stimoli e le indicazioni a cui debbono fare riferimento comunità e amministrazioni che vogliano impegnarsi responsabilmente per costituire una baluardo culturale contro le mafie: la difesa della dignità dell’uomo, il diritto al lavoro, allo studio, alla salute; la tutela del territorio e della cultura; l’importanza della ricerca; i diritti riconosciuti agli stranieri, ai migranti. Pertanto, facile comprendere quanto sia lungo il cammino ancora da compiere per costruire “anticorpi” efficaci che che pongano le comunità  al riparo dalle lusinghe devastanti delle mafie.

 

 




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