No! Vogliamo ricordare uomini i quali, per il significato delle azioni che hanno compiuto nella loro vita, sono stati uccisi da coloro che vedevano in quegli uomini un pericolo per il sistema criminale che domina in tante parti d'Italia.
Sono tanti gli uomini che, come Angelo Vassallo, sono stati però lasciati soli dalle istituzioni di una nazione che troppe volte ha dimostrato di non voler combattere le mafie con serietà , continuità ed efficacia.
Angelo Vassallo aveva combattuto per preservare la bellezza del territorio che era stato chiamato ad amministrare.
Anche per questo è stato ucciso la sera del 5 settembre 2010.
Anche per questo è stato ucciso la sera del 5 settembre 2010.
A due anni non sono ancora stati scoperti nè i suoi assassini nè le ragioni della sua morte.
A noi resta il significato della sua vita e della sua azione di amministratore
Stralcio di un capitolo del libro
«Il sindaco pescatore» di Dario Vassallo, fratello di Angelo Vassallo:
“Le nove e un quarto di sera del
5 settembre 2010: Angelo Vassallo ha ancora pochi minuti di vita. Sta
rientrando dopo una giornata trascorsa a Cuccaro Vetere dove è stato ospite di
un politico, Antonio Valiante, insieme ad altri sindaci — avrà mangiato l’Acqua
Sale che gli piaceva tanto. L’ha accompagnato Luca Marinelli, un ormeggiatore,
uno di famiglia. Verso le 19 Angelo ha fatto un passaggio sul porto di
Acciaroli, ha dato un'occhiata al suo mare, le solite quattro chiacchiere con
gli amici e un paio d’ore dopo è ripartito e ha deciso di prendere la via di
sinistra. Qualcuno lo segue con lo scooter e non lo perde mai di vista — sono
sicuro che è andata così. Gira a destra, mio fratello, e comincia a salire
sulla stradina che, giusto tre mesi prima, aveva fatto asfaltare. È lunga meno
di un chilometro. A un certo punto frena di colpo: un’auto bloccata sul lato
destro, proprio davanti alla sua, lo obbliga a fermarsi e a spostarsi dalla
parte opposta, contromano. I lampioni sono insolitamente (volutamente) spenti.
Angelo non ha la percezione del pericolo: non l’ha mai avuta. Si sarebbe
fermato anche se avesse incontrato il diavolo. Un’ombra si avvicina al
cristallo di sinistra. Sono sicuro che il bastardo prima di farlo fuori gli
urla: «Sindaco del cazzo, ora ti sparo!» E lui: «Sai dove te la devi mettere la
pistola?» Nove colpi, sette lo centrano.
L’assassino fa fuoco da meno di
mezzo metro, e riesce a sbagliare due volte. Un proiettile scheggia la mano
sinistra di Angelo che, d’istinto, prova a proteggersi — non lo immagino
fragile e vinto. Nove colpi, nove botti che nessuno sente. Eppure, adesso,
scorgo due persone che cenano sul terrazzo della casa nascosta dagli ulivi: è a
poche decine di metri dall’angolo morto. Cenavano sul terrazzo anche la sera
del 5? E perché non hanno sentito? E com’è possibile che la signora che è
passata da quelle parti pochi minuti dopo non si sia accorta di nulla? Ha visto
l’Audi di Angelo ferma sul lato sinistro, una posizione insolita, l’ha
riconosciuta; dentro c’era il sindaco, ma ha pensato che stesse telefonando.
Come ha potuto, il bastardo che ha sparato, fallire due volte da quella
distanza? L’ha fatto apposta per far credere che si trattasse di un dilettante?
Ad Angelo l’ha ammazzato la camorra: la malavita che prevale sulla buona vita.
O possono essere stati quei
drogati che l’avevano minacciato qualche giorno prima sul porto. I servizi,
sono stati i servizi segreti perché il modello di sviluppo di Angelo Vassallo
spaventava a morte il potere, quello vero: l’obiettivo raggiunto dal sindaco
pescatore era lo sviluppo del territorio a costo zero. Ipotesi, dubbi,
congetture, improvvise folgorazioni, mille inevitabili domande. Se riparto
adesso senza una risposta sprofondo immediatamente nell’abisso.
Cerco di riordinare le idee e di
farle coincidere con le poche tracce, ma la confusione di quella notte rende
tutto più complicato. Quando arrivai da Roma, sconvolto, trovai una ventina di
persone attorno all’auto, carabinieri, il pubblico ministero Alfredo Greco,
gente comune, inutili curiosi, un paio d’auto passarono indisturbate; il corpo
di Angelo non c’era già più — prevalevano il disordine e le lacrime, la notte
dell’assassinio di un giusto. Un disordine voluto? Mi hanno parlato falsamente
e ognuno mi ha detto una cosa diversa.”
Dario Vassallo
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