19 luglio 1992 - ore 16.58 - Strage di Via D'Amelio: il dovere di fare memoria sullo scandalo di una strage di Stato, sull'infamia di "pezzi" di Stato collusi con mafie e "zona grigia". Anche la Strage di Via D'amelio, come le altre che hanno insanguinato la storia del nostro Paese, attende piena Verità e piena Giustizia. Questo il debito che abbiamo nei confronti di coloro che persero la vita per essere, sino in fondo, fedeli servitori dello Stato e della comunità.
La strage di via D'Amelio.
Paolo Borsellino: "Per battere la mafia lo Stato meriti fiducia. (...) Bisogna prendere atto che il sottosviluppo economico non è da solo responsabile della tracotanza mafiosa, che ha radici ben più complesse". Qui l'articolo integrale su AGI
Fonte AGI: Un audio inedito del giudice Paolo Borsellino è stato ritrovato negli archivi dell'Istituto siciliano di studi politici ed Economici (Isspe). Si tratta di un'audio-registrazione di 26 minuti il cui contenuto è stato trascritto a macchina con le correzioni a mano fatte dallo stesso magistrato. L'AGI ne pubblica in esclusiva un estratto insieme al testo scritto. In questo, Paolo Borsellino affronta il tema della lotta alla mafia, senza sconti per la politica e la borghesia.
Fabrizio Fonte, presidente del Centro studi Dino Grammatico e vice presidente di Isspe: "La registrazione, per la sorprendente attualità delle riflessioni espresse dall'indimenticabile magistrato palermitano su Cosa nostra, meritava di essere resa pubblica. Questo ritrovamento ha un valore storico e culturale perchè ci consente di poter ascoltare dalla viva voce del giudice Paolo Borsellino un'analisi di ciò che era la Sicilia in quegli anni, senza alcuna mediazione o alterazione, basta pensare che, nel corso di questi trent'anni, caratterizzati anche da tristi e preoccupanti depistaggi, le uniche certezze sono state radicate a interviste e interventi dell'epoca, sia Borsellino sia dal magistrato Giovanni Falcone, comprendendo ogni volta qualcosina in più".
Paolo Borsellino: "Per battere la mafia lo Stato meriti fiducia"
"Bisogna prendere atto che il sottosviluppo economico non è, o non è da solo, responsabile della tracotanza mafiosa, che ha radici ben più complesse, tanto da farla definire in recenti studi non il prezzo della miseria, ma il costo della sfiducia.(...)
La risposta statuale intesa in termini meramente quantitativi di impiego di risorse umane e finanziarie non risolve il problema e altri spesso lo aggrava. Tutti abbiamo recentemente appreso delle polemiche scatenatisi in ordine alla grande profusione di risorse finanziarie nei territori campani terremotati che hanno finito per scatenare gli appetiti della camorra, trasformando quelle terre per il loro accaparramento in un tragico teatro di sangue ed è noto quale timore si nutrono a Palermo per l'attenzione immancabile di Cosa nostra al fiume di finanziamenti che, si spera, dovrebbero apprestarsi a riversarsi sulla nostra città. (...)
La via obbligata per la rimozione delle cause che costituiscono la forza di Cosa nostra passa attraverso la restituzione della fiducia nella pubblica amministrazione. Nessun impiego anche massiccio di risorse finanziarie produrrà benefici effetti se lo Stato e le pubbliche istituzioni in genere, non saranno posti in grado e non agiranno in modo da apparire imparziali detentori e distributori della fiducia necessaria al libero e ordinato svolgimento della vita civile. Continuerà altrimenti il ricorso, e non si spegnerà il consenso, espresso o latente, attorno a organizzazioni alternative in grado di assicurare egoistici vantaggi, togliendoli, evidentemente ad altri. (...).
La fiducia che distribuisce la mafia è a somma algebrica zero. Fiducia nello Stato significa anche fiducia in un'efficiente amministrazione della giustizia sia penale, sia soprattutto civile. Si tratta di impedire che, specie in Sicilia si perpetui e consolidi il ricorso a un sistema alternativo criminale di risoluzione delle controversie. E fiducia nelle istituzioni significa soprattutto affidabilità delle amministrazioni locali, quelle cioé con le quali il contatto con i cittadini è immediato e diretto. Si tratta di gestire la cosa pubblica senza aggrovigliarsi negli interessi particolaristici e nelle lotte di fazioni partitiche. Il rischio, altrimenti, per le istituzioni che sono incapaci di riformarsi e di guardare la bene comune, è quello di diventare veicoli principali delle pressioni mafiose e delle lobby affaristiche loro contigue. (...)
Una sfida che lo Stato deve vincere in tempi rapidi perché è in grado di farlo, se non entro il 1992, come ottimisticamente recita il titolo di questo convegno (organizzato nel gennaio 1989, ndr) almeno in tempi che ci consentano di affrontare la maggiore integrazione europea forti di una sana e ordinata vita civile. Questo aspettano le nuove generazioni che tutte ormai si dimostrano, anche clamorosamente, desiderose di vivere in modo diverso e migliore del nostro. Esse ci richiedono questi impegni e questi sacrifici".
Dopo tutti questi anni (29!!!!) la verità sembra sempre più lontana. Possibile che nessuno si vergogni e decida di parlare? Ma in che cavolo di Repubblica delle Banane mi trovo, e ci troviamo tutti, a "dover" vivere oggi??? E dunque tutti complici di delinquenti e colpevolmente mafffffiosi siamo? Tutti NOI "collaboratori di mafia" siamo?
RispondiEliminaAncora qualcuno dei veri complici tace! Perché?
Allora qualcuno abbia il coraggio di dirmi sui denti se esiste la GIUSTIZIA qui, nel nostro Paese!
Io dico di NO! CIAO lù