A partire dallo scorso lunedì 9 gennaio 2017, sul quotidiano La Repubblica ha preso avvio il blog “MAFIE”, da una idea di Attilio Bolzoni. Il primo articolo pubblicato ha un titolo significativo: “Dov'è? Dove si è nascosta?” (qui la pagina del blog "MAFIE"). E Attilio Bolzoni chiede infine, provocatoriamente: “Si è tramutata (la mafia) in un'élite che punta ad accorciare sempre di più le distanze fra mondo illegale e legale?(...) fra qualche anno ( le mafie) non le troveremo più. Non sapremo più riconoscerle“. Le domande contenute del titolo, muovono anche da un breve scritto di Letizia Battaglia. A venticinque anni dall'estate del '92, Letizia Battaglia non sa più dove andare a fotografare i mafiosi” perchè “(...)I mafiosi (e gli amici dei mafiosi) non sembrano più mafiosi. Rassomigliano fisicamente troppo alle persone perbene (….).
Letizia Battaglia, lo ricordiamo, è la fotografa che testimoniò col sul lavoro gli anni di sangue che cosa nostra sparse nella Sicilia sconquassata dalla "seconda guerra di mafia" che avrebbe portato alle stragi dell'estate del 1992. Fra le tante fotografie, fu proprio Letizia Battaglia a scattare quella che ritrae l'attuale presidente della Repubblica mentre soccorre il fratello morente, Pier Santi Mattarella, pochi minuti dopo essere stato colpito dai killer di cosa nostra, la mattina del 6 gennaio 1980.
Le lezioni "sulla mafia" che tanti fingono di non ricordare."Dov'è (la mafia)? Dove si è nascosta (la mafia)?" Cominciamo dal Piemonte, ad esempio...
Proprio noi che viviamo in Piemonte qualche
suggerimento su dove andare a cercare le mafie di oggi ci permettiamo
però di darlo. Per (re)imparare a (ri)conoscere quello che sono
diventate le mafie, per comprendere come agiscono oggi, basterebbe
rileggere -studiandola magari a fondo- la requisitoria che Gian Carlo
Caselli pronuncia al processo Minotauro la mattina del 27 giugno
2013( leggi qui uno degli articoli dell'epoca).
L'allora procuratore capo di Torino riserva a sé proprio
l'esposizione dei fatti rilevati nei confronti della cosiddetta “zona
griga” piemontese: imprenditori, uomini politici , amministratori,
“pezzi” della società civile che per mera convenienza, per
opportunismo(!), diventano complici o strumenti delle organizzazioni
mafiose; le quali organizzazioni -occorre ricordarlo- fondano da
sempre la loro forza e il loro potere proprio sulle “relazioni
sociali” che sono capaci di intessere in una comunità, in uno
scambio di “reciproche convenienze”.
Giancarlo Caselli: “(...) La
mafia, soprattutto nella sua espansione fuori dalle aree
tradizionali, non rinunzia certo alla violenza, ma la usa come
ultima risorsa, (…) alle spalle abbiamo oltre trent’anni di
mimetizzazione delle mafie al Nord. Questa mimetizzazione rappresenta
un elemento di prova decisivo quanto alla pericolosità
dell’associazione. Perché presuppone
il filtro di una ZONA GRIGIA che costituisce un
punto di forza dell’organizzazione (…) Per realizzare i loro
affari i mafiosi hanno sempre più bisogno di “esperti”:
ragionieri, commercialisti, immobiliaristi, operatori finanziari e
bancari, notai, avvocati, politici, amministratori, uomini delle
istituzioni [purtroppo, magistrati compresi]: la cosiddetta borghesia
mafiosa. (…) Ecco perché non è accettabile la richiesta che
spesso viene rivolta ai magistrati di indicare soltanto con molti
omissis la rete di relazioni intrecciate dalla criminalità nel
tessuto politico e sociale della comunità. Sarebbe un grande errore,
il silenzio si trasformerebbe in omertà diffusa e non contribuirebbe
sicuramente a bonificare il tessuto sociale. (…) Per fare questo
non bastano i magistrati che perseguono i delitti, non bastano gli
investigatori: c’è bisogno che tutti [anche, se non soprattutto,
la politica e l’intera classe dirigente del Paese] si schierino e
operino nella stessa direzione, per togliere spazi alla criminalità.
(...) Vedremo che ci sono tante persone che
traggono vantaggi dall'esistenza della mafia. Persone che non hanno
interesse a denunziare nulla. Persone (politici, amministratori) che
la legge penale non può punire perchè la loro colpa è
l'OPPORTUNISMO. Una colpa grave sul piano politico/morale ma non
penalmente sanzionata. Una colpa che espone alla ricattabilità.(...)”
Che le mafie, non siano “coppola e lupara” ma "ingiustizia e corruzione, gestione distorta della cosa pubblica, lo sappiamo da decenni, da secoli!
Per fotografare la mafia "di oggi" bisognerebbe semplicemente “fare memoria”! Ad esempio, partire dall'intuizione del “prefetto
di ferro” Cesare Mori il quale, spedito in Sicilia da Mussolini nel 1924, ma poi richiamato a Roma ( da
chi?...domanda retorica) proprio per fermare l'offensiva militare
messa da lui in atto contro brigantaggio e “cosa nostra” nella Sicilia dei primi anni del '900, così ebbe a dichiarare: “Quando i
giornali parlano di colpo mortale alla mafia, non hanno capito che
brigantaggio e mafia sono due cose diverse. Il colpo mortale alla
mafia lo daremo quando ci sarà consentito di rastrellare non solo
tra i fichi d'india ama nelle prefettture, nelle questure, nei gradni
palazzi padronali e, perchè no, in qualche ministero”.
Facciamo
memoria allora e traiamone comportamenti e analisi conseguenti! Uno dei passaggi più significati dell'intervista
che Carlo
Alberto Dalla Chiesa rilasciò
a Giogio Bocca il 10 agosto 1982, pochi giorni prima di essere
ucciso: “La mafia ormai sta nelle maggiori
città italiane dove ha fatto grossi investimenti edilizi, o
commerciali e magari industriali. A me interessa conoscere questa
‘accumulazione primitiva’ del capitale mafioso, questa fase di
riciclaggio del denaro sporco, queste lire rubate, estorte che
architetti o grafici di chiara fama hanno trasformato in case moderne
o alberghi o ristoranti à la page . Ma ancor più mi interessa la
rete mafiosa di controllo, che grazie a quelle case, imprese e
commerci magari passati a mani insospettabili e corrette, sta nei
punti chiave, assicura i rifugi, procura le vie di riciclaggio,
controlla il potere”.
E allora per fotografare la mafia di oggi, ma
soprattutto per impedire che mafie e “zona grigia” continuino a
dominare questo paese, è necessario davvero “fare memoria”
e mettere in pratica "la lezione" sulla mafia tenuta dal giudice Paolo Borsellino il 26 gennaio 1989 all' Istituto Tecnico Professionale di Bassano Del Grappa:
“(...)
L'equivoco su cui spesso si gioca è questo: si dice 'quel
politico era vicino ad un mafioso', 'quel politico è stato accusato
di avere interessi convergenti con le organizzazioni mafiose, però
la magistratura non lo ha condannato, quindi quel politico è un uomo
onesto'. E no! questo ragionamento non va, perché la magistratura
può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale , può
dire: 'beh... Ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi, ma io
non ho la certezza giuridica, giudiziaria, che mi consente di dire
quest'uomo è mafioso'. Però, siccome dalle indagini sono emersi
tanti fatti del genere, altri organi, altri poteri, cioè i politici,
le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, i
consigli comunali o quello che sia, dovevano trarre le dovute
conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi, che non
costituivano reato ma rendevano comunque il politico inaffidabile
nella gestione della cosa pubblica. Questi giudizi non sono stati tratti perché ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza: questo tizio non è mai stato condannato, quindi è un uomo onesto. Ma dimmi un poco, ma tu non ne conosci di gente che è disonesta, che non è stata mai condannata perché non ci sono le prove per condannarla, però c'è il grosso sospetto che dovrebbe, quantomeno, indurre soprattutto i partiti politici a fare grossa pulizia, non soltanto essere onesti, ma apparire onesti, facendo pulizia al loro interno di tutti coloro che sono raggiunti comunque da episodi o da fatti inquietanti, anche se non costituenti reati. (...)”.
Ancora Paolo Borsellino: "Politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio: o si fanno la guerra o si mettono daccordo".
Ancora Paolo Borsellino: "Politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio: o si fanno la guerra o si mettono daccordo".
La lezione che fingiamo di dimenticare
A
Letizia Battaglia, verrebbe allora certo impedito di entrare nei luoghi
“deputati” a ritrovare-fotografare mafie, mafiosi e “zona
grigia” dei nostri giorni, perchè quei luoghi non sono ovviamente
le strade dove scorreva il sangue delle guerre di mafie dello scorso
secolo. E anche quella, in realtà, era solo la carneficina dei
“pesci piccoli”, dei “picciotti-carne-da-macello”, mentre i
“pezzi da novanta”, subito rimpiazzati i capi del
“maxi-processo”, avrebbero continuato a manovrare vite e
strategie nei luoghi del “potere oscuro”: i luoghi delle
relazioni imprescrutabili, degli affari “indicibili”, degli
“insospettabili", della "zona grigia"; di quel "mondo di mezzo" così cristallinamente illustrato da Massimo Carminti, uno dei maggiori imputati di "Mafia Capitale" (vedi qui).
Nei luoghi ove agiscono oggi mafie e pensiero mafioso, ha ragione Letizia Battaglia, “(...) anche i mafiosi non sembrano più mafiosi e rassomigliano fisicamente troppo alle persone perbene.”
Nei luoghi ove agiscono oggi mafie e pensiero mafioso, ha ragione Letizia Battaglia, “(...) anche i mafiosi non sembrano più mafiosi e rassomigliano fisicamente troppo alle persone perbene.”
A 25 anni dalle stragi
siciliane del 1992 tocca alle donne e agli uomini che continuano a
credere nella Speranza incarnata da uomini che hanno sacrificato la
loro vita per sconfiggere “mafie e pensiero mafioso” nel nostro
Paese far sì che “le lezioni” impartite da quegli uomini non
siano dimenticate o scansate: per tutti ricordiamo Carlo Alberto Dalla Chiesa, Rocco Chinnici, Giovanni,
Falcone, Paolo Borsellino.
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