RITA ATRIA
TESTIMONE DI GIUSTIZIA
"(...) Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c'è nel giro dei tuoi amici; la mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarci. (...)". Rita Atria
TESTIMONE DI GIUSTIZIA
"(...) Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c'è nel giro dei tuoi amici; la mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarci. (...)". Rita Atria
26
Luglio 1992
Roma
Quartiere
Tuscolano
33
gradi
ore
15,00
Il
frullio di ali di un passero, scuote velocemente le fronde di un
albero di fronte al numero 23 di viale Amelia e si alza in volo,
inseguendo una traiettoria ripida, superando il tetto del palazzo.
Lassù,
al settimo piano, una finestra si apre, una ragazza si affaccia.
I
capelli ondulati, scuri, sciolti, ben pettinati.
La
pelle chiara, gli occhi neri.
La
ragazza si chiama Rita.
Al
secondo piano una signora sparecchia la tavola del pranzo.
Piccole
cose, dettagli.
Alle
spalle della ragazza le stanze sono spoglie, neanche l’ombra di un
oggetto familiare sui mobili, di una collana appoggiata
momentaneamente su un tavolino, nessuna maglietta dimenticata su una
sedia.
Solo
scatoloni da trasloco pronti ad essere svuotati, pieni di vestiti e
di pochi oggetti.
Quella
ragazza è abituata ai traslochi improvvisi, ma questa volta quei
vestiti, ha deciso di lasciarli sul fondo delle scatole.
Ha
deciso che uscirà così, indossando il pigiama di seta rosa con le
righe bianche, leggero, estivo.
Si
è preparata, si è pettinata, si è truccata, ora è pronta.
…
Rita
si arrampica sulla finestra.
Vuole
provare a riempire quel suo corpo di vento.
Vuole
abbandonare la sua vita nelle scatole alle sue spalle per riscriverla
nel vento.
Con
un gesto abituale si sistema i capelli …
… e
si lascia cadere.
…
(frammento tratto dal
testo drammaturgico, in opera di compimento, di Guido Castiglia).
Rita Atria
Rita Atria è nata il 4 settembre 1974 a Partanna,
in provincia di Trapani, figlia di Vito Atria, un boss della mafia
locale. Rita ha solo 17 anni quando, dopo l’uccisione del padre e del
fratello Nicola, nel novembre del 1991 decide di seguire l’esempio della
cognata, Piera Aiello, denunciando i segreti che le erano stati confidati dallo stesso Nicola.
Nasce così il particolare rapporto di fiducia col Procuratore della Repubblica di Marsala, il giudice Paolo Borsellino il
quale, per Piera e Rita, diventerà lo “zio Paolo”. Sarà Paolo
Borsellino a far trasferire Rita e Piera Aiello a Roma, sotto falsa
identità, per meglio proteggerle dalla vendetta dalle cosche.
Il giorno dopo la strage di via D'Amelio, Rita scrive nel suo diario nel
diario le parole che costituiscono il suo testamento spirituale, parole
che da allora -come abbiamo spesso detto- si impongono alla riflessione
di ognuno: "(…)Ora
che è morto Borsellino, nessuno può capire che vuoto ha lasciato nella
mia vita …Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di
coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi
combattere la mafia che c'è nel giro dei tuoi amici; la mafia siamo noi e
il nostro modo sbagliato di comportarci. Borsellino sei morto per ciò
in cui credevi, ma io senza di te sono morta. "
Nonostante l'affetto e la vicinanza di Piera Aiello, con Paolo Borsellino muore anche “la speranza" del cambiamento possibile che Rita Atria aveva riposto nel giudice. "Un'altra delle mie stelle è volata via., me l'hanno strappata dal cuore".
Queste sono le parole che Rita confiderà singhiozzando a Piera, dopo
aver appreso della morte del giudice e degli agenti della sua scorta, le parole riportate dal Piera Aiello nel suo libro "Maledetta mafia"
Sabato 25 luglio 1992. Rita aveva deciso di restare a Roma e non seguire Piera Aiello che ha bisogno di andare in Sicilia: tornare per rivedere la madre e cercare di attenuare in qualche modo l'angoscia della morte dello "zio paolo". All'aereoporto, improvvisamente, Rita dice a Piera: "Io non parto". E ritorna nella casa di Via Amelia, nel quartiere Tuscolano.
Domenica 26 luglio 1992, la domenica successiva alla strage di via D'Amelio.
In quel pomeriggio Rita lascia cadere la speranza, l'ultima, nel vento.Sabato 25 luglio 1992. Rita aveva deciso di restare a Roma e non seguire Piera Aiello che ha bisogno di andare in Sicilia: tornare per rivedere la madre e cercare di attenuare in qualche modo l'angoscia della morte dello "zio paolo". All'aereoporto, improvvisamente, Rita dice a Piera: "Io non parto". E ritorna nella casa di Via Amelia, nel quartiere Tuscolano.
Domenica 26 luglio 1992, la domenica successiva alla strage di via D'Amelio.
Tema di maturità di Rita Atria
Titolo
"La
morte del giudice Falcone ripropone in termini drammatici il problema
della mafia. Il candidato esprima le sue idee sul fenomeno e sui
possibili rimedi per eliminare tale piaga".
Svolgimento
"La
morte di una qualsiasi altra persona sarebbe apparsa scontata davanti
ai nostri occhi, saremmo rimasti quasi impassibili davanti a quel
fenomeno naturale che è la morte del giudice Falcone, per chi aveva
riposto in lui fiducia, speranza, la speranza di un mondo nuovo, pulito,
onesto, era un esempio di grandissimo coraggio, un esempio da seguire.
Con lui è morta l'immagine dell'uomo che combatteva con armi lecite
contro chi ti colpisce alle spalle, ti pugnala e ne è fiero.
Mi chiedo per quanto tempo ancora si parlerà della sua morte, forse un mese, un anno, ma in tutto questo tempo solo pochi avranno la forza di continuare a lottare. Giudici, magistrati, collaboratori della giustizia, pentiti di mafia, oggi più che mai hanno paura, perché sentono dentro di essi che nessuno potrà proteggerli, nessuno se parlano troppo potrà salvarli da qualcosa che chiamano mafia.
Mi chiedo per quanto tempo ancora si parlerà della sua morte, forse un mese, un anno, ma in tutto questo tempo solo pochi avranno la forza di continuare a lottare. Giudici, magistrati, collaboratori della giustizia, pentiti di mafia, oggi più che mai hanno paura, perché sentono dentro di essi che nessuno potrà proteggerli, nessuno se parlano troppo potrà salvarli da qualcosa che chiamano mafia.
Ma
in verità dovranno proteggersi unicamente dai loro amici: onorevoli,
avvocati, magistrati, uomini e donne che agli occhi altrui hanno
un'immagine di alto prestigio sociale e che mai nessuno riuscirà a
smascherare. Ascoltiamo, vediamo, facciamo ciò che ci comandano, alcuni
per soldi, altri per paura, magari perché tuo padre volgarmente parlando
è un boss e tu come lui sarai il capo di una grande organizzazione, il
capo di uomini che basterà che tu schiocchi un dito e faranno ciò che
vorrai.
Ti
serviranno, ti aiuteranno a fare soldi senza tener conto di nulla e di
niente, non esiste in loro cuore, e tanto meno anima. La loro vera madre
è la mafia, un modo di essere comprensibile a pochi. Ecco, con la morte
di Falcone quegli uomini ci hanno voluto dire che loro vinceranno
sempre, che sono i più forti, che hanno il potere di uccidere chiunque.
Un segnale che è arrivato frastornante e pauroso.
I primi effetti si stanno facendo vedere immediatamente, i primi pentiti ritireranno le loro dichiarazioni, c'e chi ha paura come Contorno, che accusa la giustizia di dargli poca protezione. Ma cosa possono fare ministri, polizia, carabinieri? Se domandi protezione, te la danno, ma ti accorgi che non hanno mezzi per rassicurare la tua incolumità, manca personale, mancano macchine blindate, mancano le leggi che ti assicurino che nessuno scoprirà dove sei. Non possono darti un'altra identità, scappi dalla mafia che ha tutto ciò che vuole, per rifugiarti nella giustizia che non ha le armi per lottare.
I primi effetti si stanno facendo vedere immediatamente, i primi pentiti ritireranno le loro dichiarazioni, c'e chi ha paura come Contorno, che accusa la giustizia di dargli poca protezione. Ma cosa possono fare ministri, polizia, carabinieri? Se domandi protezione, te la danno, ma ti accorgi che non hanno mezzi per rassicurare la tua incolumità, manca personale, mancano macchine blindate, mancano le leggi che ti assicurino che nessuno scoprirà dove sei. Non possono darti un'altra identità, scappi dalla mafia che ha tutto ciò che vuole, per rifugiarti nella giustizia che non ha le armi per lottare.
L'unica
speranza è non arrendersi mai. Finché giudici come Falcone, Paolo
Borsellino e tanti come loro vivranno, non bisogna arrendersi mai, e la
giustizia e la verità vivrà contro tutto e tutti. L'unico sistema per
eliminare tale piaga è rendere coscienti i ragazzi che vivono tra la
mafia che al di fuori c'è un altro mondo fatto di cose semplici, ma
belle, di purezza, un mondo dove sei trattato per ciò che sei, non
perché sei figlio di questa o di quella persona, o perché hai pagato un
pizzo per farti fare quel favore.
Forse
un mondo onesto non esisterà mai, ma chi ci impedisce di sognare. Forse
se ognuno di noi prova a cambiare, forse ce la faremo.
Rita Atria
Erice 5 giugno 1992
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