Numerose, oramai quotidiane, sono le inchieste giudiziarie e giornalistiche che fanno emergere e mostrano quanto sia diffuso -anche nel Nord Italia- il processo di "calabrizzazione" a cui fa riferimento l'articolo che proponiamo di seguito: Di poche ore fa l'ultima operazione nei confronti della 'ndrangheta in Toscana ed Emilia Romagna.
In Piemonte, addirittura viviamo ancora le vicende del Processo Minotauro dal quale sono usciti i nomi e le vicende di insospettabili, di "opportunisti", così li defini Gian Carlo Caselli nella sua requisitoria, che non hanno alcun interesse a denunciare mafie e mafiosi. Questi, intrattenendo rapporti non "penalmente perseguibili", hanno trovato modo e tempo per tornare presto alla ribalta grazie ai partiti di appartenenza e alla sostanziale ignavia della cosiddetta "società civile", che mai come in questo caso si è dimostrata "poco responsabile"
In Piemonte, addirittura viviamo ancora le vicende del Processo Minotauro dal quale sono usciti i nomi e le vicende di insospettabili, di "opportunisti", così li defini Gian Carlo Caselli nella sua requisitoria, che non hanno alcun interesse a denunciare mafie e mafiosi. Questi, intrattenendo rapporti non "penalmente perseguibili", hanno trovato modo e tempo per tornare presto alla ribalta grazie ai partiti di appartenenza e alla sostanziale ignavia della cosiddetta "società civile", che mai come in questo caso si è dimostrata "poco responsabile"
Facile profezia si era dimostrata quella di affermare i che i mali della Calabria , così come quelli della Sicilia e della Campania, per citare le terre storicamente pervase dal sistema mafioso, potevano rappresentare "un rischio" per l'Italia intera se non fossero cambiati sostanzialmente i valori culturali di riferimento della nostra società!
Sembrava evidenza storica affermare che lo stato di decadimento economico in cui versano parti importanti delle terre prima menzionate ha causa certa e provata nella criminalità che, in connubio con la mala-politica, governa e domina su quei territori. Proprio il mantenimento di uno "stato di bisogno" è la fonte primaria del potere di stampo mafioso! Oggi lo spiegano, vanamente, anche insigni economisti: un sistema corrotto allontana e preclude "sviluppo e futuro" vero, reale e sostenibile.
Le mafie , lo ricordiamo sempre , sono il mezzo più sicuro ed efficace per ottenere ciò che non ci si merita: un sistema fondato anzitutto sull'ingiustizia! Quel che è peggio, come affermò Antonio Ingroia, è che quei metodi si sono diffusi e vengono utilizzati anche da chi non si può considerare mafioso in senso stretto.
Cosicchè quelli che venivano considerati "veniali" atti di malcostume, si sono rivelati essere il primo atto di complicità e accondiscendenza ad un sistema clientelare e di tipo mafioso: il "favore" richiesto o ottenuto dal potente di turno, anzicchè la rivendicazione di un Diritto da conquistare dopo che si è adempiuto ad un Dovere; la “raccomandazione” che ci permette di occupare un ruolo senza esserne all'altezza e a danno di altri che -per capacità e preparazione- avrebbero meritato più di noi quella posizione; il "voto" l'arma politica di noi cittadini ridotta "a merce" quando il voto, anzichè essere libera espressione delle convinzioni politiche di ciascuno, viene comprato, venduto, barattato, con la promessa ( l'illusione?) di un posto di lavoro o per la conquista dei tanti privilegi di cui gode la classe politica dirigente di questo paese; l'esistenza stessa di quei "privilegi" che dovrebbero costituire scandalo -di per sè - in uno stato che si dica civile e democratico!
Comportamenti di "tipo mafioso", mero esercizio di "potere", hanno provocato la degenerazione e il decadimento di una intera comunità-nazione. Così trova una possibile spiegazione la palese mediocrità di una parte della “classe dirigente” del paese: una spirale perversa che porta all'elezione di personaggi il cui scopo è ben lontano dal voler amministrare il "bene pubblico" a favore della collettività.
Sembrava evidenza storica affermare che lo stato di decadimento economico in cui versano parti importanti delle terre prima menzionate ha causa certa e provata nella criminalità che, in connubio con la mala-politica, governa e domina su quei territori. Proprio il mantenimento di uno "stato di bisogno" è la fonte primaria del potere di stampo mafioso! Oggi lo spiegano, vanamente, anche insigni economisti: un sistema corrotto allontana e preclude "sviluppo e futuro" vero, reale e sostenibile.
Le mafie , lo ricordiamo sempre , sono il mezzo più sicuro ed efficace per ottenere ciò che non ci si merita: un sistema fondato anzitutto sull'ingiustizia! Quel che è peggio, come affermò Antonio Ingroia, è che quei metodi si sono diffusi e vengono utilizzati anche da chi non si può considerare mafioso in senso stretto.
Cosicchè quelli che venivano considerati "veniali" atti di malcostume, si sono rivelati essere il primo atto di complicità e accondiscendenza ad un sistema clientelare e di tipo mafioso: il "favore" richiesto o ottenuto dal potente di turno, anzicchè la rivendicazione di un Diritto da conquistare dopo che si è adempiuto ad un Dovere; la “raccomandazione” che ci permette di occupare un ruolo senza esserne all'altezza e a danno di altri che -per capacità e preparazione- avrebbero meritato più di noi quella posizione; il "voto" l'arma politica di noi cittadini ridotta "a merce" quando il voto, anzichè essere libera espressione delle convinzioni politiche di ciascuno, viene comprato, venduto, barattato, con la promessa ( l'illusione?) di un posto di lavoro o per la conquista dei tanti privilegi di cui gode la classe politica dirigente di questo paese; l'esistenza stessa di quei "privilegi" che dovrebbero costituire scandalo -di per sè - in uno stato che si dica civile e democratico!
Comportamenti di "tipo mafioso", mero esercizio di "potere", hanno provocato la degenerazione e il decadimento di una intera comunità-nazione. Così trova una possibile spiegazione la palese mediocrità di una parte della “classe dirigente” del paese: una spirale perversa che porta all'elezione di personaggi il cui scopo è ben lontano dal voler amministrare il "bene pubblico" a favore della collettività.
Alla luce di certi fatti e di certe cronache se una "unificazione" dell'Italia è avvenuta, questa è avvenuta purtroppo nel radicamento delle dinamiche e dei modi indotti dalle organizzazioni criminali colluse con la mala-politica
L'articolo che proponiamo dal Blog di Guido Cavalli è quindi l'ennesima dimostrazione di come 'ndrangheta e cosa nostra ( la mafia siciliana) siano oramai a "casa nostra"!
L'articolo che proponiamo dal Blog di Guido Cavalli è quindi l'ennesima dimostrazione di come 'ndrangheta e cosa nostra ( la mafia siciliana) siano oramai a "casa nostra"!
Emilia Romagna compresa!... E proprio nel paese che fu teatro della famosa saga fra Don Camillo e Beppone, i due personaggi inventati da Guareschi nel secondo dopoguerra e che incarnarono quel confronto-scontro fra "destra e sinistra" fondato -almeno sullo schermo- sui valori dell'onestà e del buona fede! A vedere la situazione di oggi, viene da dire: "Altri tempi!,signora Maria!"...Altro secolo! Altri uomini!
Come dice Leporello nel Don Giovanni di Mozart "(...) il catalogo è questo!"
Del resto, lo ricordiamo sempre , le mafie "votano! e , soprattutto, "fanno votare"! pertanto, l'appartenenza del politico mostrato nel filmato è davvero poco rilevante giacchè fatti e cronache hanno dimostrato che le mafie non fanno distinzioni partitiche e non hanno "preferenze" politiche. Le mafie sono, da tempo, una sorta di società di servizi e stringono alleanze e rapporti con coloro che vogliono avvalersi " di quei servizi"!
Come dice Leporello nel Don Giovanni di Mozart "(...) il catalogo è questo!"
Fonte: Blog di Giulio Cavalli
Fenomenologia di una calabrizzazione
Prendetevi qualche minuto per guardare la prima parte di questo documentario dalla webtv Cortocircuito, parte del loro ultimo documentario “La ‘ndrangheta di casa nostra. Radici in terra emiliana“. I ragazzi intervistano il sindaco di Brescello Marcello Coffrini (PD);Il primo cittadino parla della realtà locale negando che ci siano “mai state denunce per estorsione o ricettazione”. E poi descrive come “una persona educata e composta” Francesco Grande Aracri, boss condannato in via definitiva per mafia nel 2008, soggetto a regime di sorveglianza speciale e considerato il punto di riferimento dell’ndrangheta in Emilia.
La troupe di giovani studenti e giornalisti si fa accompagnare da Coffrini sui terreni sequestrati alla famiglia (beni per 3 milioni di euro). Subito vengono raggiunti da un furgoncino che chiede spiegazioni e poi dallo stesso Aracri. Il sindaco si apparta con il boss per spiegare la situazione e tornato in macchina spiega: “E’ lui Francesco Grande Aracri. E’ gentilissimo, molto tranquillo. Parlando con lui si ha la sensazione di tutto tranne che sia quello che dicono che sia. Lui è uno molto composto ed educato che ha sempre vissuto a basso livello. La famiglia qui ha un’azienda che adesso è riuscita a ripartire: fanno i marmi. Mi fa piacere che siano ripartiti”.
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