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mercoledì 2 luglio 2014

Cosa lega TAV, 'ndrangheta, Cetto Laqualunque? Risposta: il Piemonte

Le parole di Giulio Cavalli: "Provate per un secondo a pensare a tutti gli "antimafiosi" che vi vengono in mente che non siano magistrati o appartenenti alle forze dell'ordine: vi accorgerete che tutti, ma proprio tutti, sono stati bollati come visionari, strani, interessati alle donne, con qualche amante, in cerca di gloria, anarchici, complottisti, con molti punti oscuri. Tutti, da Impastato a Beppe Alfano a Rostagno a Pippo Fava e tutti gli altri. Ora pensate chiudendo gli occhi all'isolamento che si è voluto creare intorno a quelli che hanno provato a lanciare l'allarme delle infiltrazioni mafiose e TAV, e leggete queste righe di un qui l'articolo de L'Espresso". 

scavo tunnel esplorativo a Chiomonte

La conclusione dell'articolo: "(...)la filosofia di Toro che in una delle telefonate dice: «Ricordati queste parole... che ce la mangiamo io e te la torta dell'alta velocità».

Delle imprese Toro e Lazzaro però c'era anche traccia nei documenti sequestrati ai militanti No Tav. Bollati come terroristi che accumulavano materiale chissà per quale scopo criminale. Oggi invece la storia sembra un po' diversa: facevano lavoro di controinformazione".




Tutto questo all'indomani della visita a Torino della Commissione Antimafia, all'indomani dell'insediamento del nuovo Consiglio Regionale piemontese, all'indomani dell'ennesima dichiarazione di Sergio Chiamparino (per la verità, è lo stesso Chiamparino  che anni addietro si era detto indignato degli allarmi  "pretestuosi" sulla presenza delle mafie a Torino e in Piemonte..sic!) 
Intanto, Cetto Laqualunque, il personaggio di Antonio Albanese, è divenuto il simbolo di tanta mala-politica locale (e nazionale): personaggi improbabili vengono eletti e subito nominati assessori;...e naturalmente gli "opportunisti" continuano a commettere atti non penalmente rilevanti!
Intanto la società responsabile continua a tacere e a far finta di non vedere "gli opportunisti"
Intanto, "pezzi" della politica continuano a premiare "gli opportunisti"

Fonte : La Stampa

Facciamo eleggere un Cetto Laqualunque...”

Le “storie criminali” raccolte nell’ordinanza del gip e le investigazioni segrete condotte dai malavitosi
A
TORINO
Non solo Tav. Ecco alcune delle altre «storie criminali» raccolte nelle 996 pagine dell'ordinanza del gip Elisabetta Chinaglia. 
Lo «007» della ’ndrangheta è un investigatore privato, Giovanni Ardis. Per i boss «acquisisce - secondo il gip - informazioni riservate circa eventuali investigazioni nei loro confronti, vanta aderenze nell’ambito delle forze di polizia e polizia locale». È in buoni rapporti con un maresciallo dei carabinieri della caserma di Beinasco. Non solo, cerca le microspie piazzate dagli investigatori. «Ai primi di marzo 2011 - annotano i carabinieri del Ros - si assisteva all’inizio dei rapporti tra Nicola Mirante (uno dei sodali in carcere per associazione mafiosa) e Ardis, investigatore abusivo, finalizzati alla bonifica da apparati di intercettazioni nelle autovetture e uffici del Mirante». In questo capitolo di gole profonde, c’è anche un ispettore della polizia municipale, in servizio presso l’ufficio Gip del tribunale di Torino. «Violando i doveri inerenti alla sua funzione e comunque abusando della sia qualità, rivelava a Domenico Greco (in cella anche lui per far parte del gruppo criminale) notizie di ufficio». Informazioni su denunce, fascicoli aperti dalla procura. Violando la sua funzione, si introduceva abusivamente «all’interno del sistema informatico “Re.Ge.”, e raccoglieva dati protetti». 

La riunione 
Il 19 aprile 2012, c’è una riunione al ristorante «Non solo vino» di Almese. Partecipano Gregorio Sisca, amico di Giovanni Toro, l’imprenditore che sogna di mettere le mani sul Tav, Raffaele Bressi, Giuseppe Gisabella e il candidato dei Moderati in corsa al Comune di Grugliasco, Domenico Verduci. «Gli scopi della riunione - osservano gli uomini del Ros - erano ancora una volta rivelati da Toro, che all’uscita del ristorante diceva “anche qua ci vuole un Cetto Laqualunque... anche noi dobbiamo avere un Cetto Laqualunque”. Il pensiero del Toro veniva ribadito nel corso di un dialogo registrato tra un imprenditore e una donna, dove il primo si diceva certo dell’efficacia dell’intervento effettuato dalla compagine criminale a favore del candidato “guarda che diventa assessore questo... eh! grazie a noi!». 

Il candidato  
Il 27 aprile Toro e Bressi partecipano ad un incontro elettorale organizzato da Verduci. Sisca non c’è. Così Toro lo chiama per raccontargli la serata e si rammarica per la sua assenza: «Guarda che ho conosciuto più gente questa sera che in tutta la mia vita... lì, Rivoli, bordelli cose. Perché non sei venuto? Ho stretto la mano a un po’ di persone che valgono qualcosa voglio dire...». E nella telefonata, annotano i carabinieri «prosegue che all’incontro c’erano Antonino Triolo, - candidato al consiglio comunale di Bruzolo - e un assessore di Rivoli e che già il giorno seguente avrebbero potuto raccogliere i frutti del rapporto intrapreso».
Alle elezioni del 6 del 7 maggio, Verducci veniva eletto con 121 preferenze e veniva nominato vice presidente della seconda commissione «Ambiente, pianificazione, territoriale». Quando ha bisogno di un nominativo per un problema a Bussoleno per un appalto, Verduci gli fa il nome di Antonino Triolo, eletto anche lui, ma alla carica di assessore con delega allo Sport, smaltimento rifiuti, arredo urbano a Bruzolo.  

La gara  
Il 13 settembre 2012, Toro lo chiama e lo esorta ad «intercedere presso le sue conoscenze in quel Comune (Bussoleno, ndr) poiché la sua società, la Toro srl, nonostante avesse espresso una percentuale di ribasso che avrebbe permesso l’aggiudicazione di una gara d’appalto, era stata esclusa per errori formali nella documentazione prodotta». «Ascolta - dice Toro al telefono - è tutto a posto. Adesso, però, mi è arrivata una notizia, hanno aperto Bussoleno ma sa che ero pure destinato a vincere ’sta gara perché è andata sul 24 e qualcosa. E io ci sono, ma mi hanno escluso per una dichiarazione sbagliata». Così, spiegano i carabinieri nell’annotazione, più tardi Triolo informava Toro di essersi interessato al problema. Il suo interlocutore lo aveva informato che non c’era la possibilità di una riammissione ufficiosa. Dice Triolo: «Senti lì niente, devi fare per forza ricorso». A volte gli «amici» deludono, infatti Toro, insiste: «Sì sì però abbiamo ragione noi, alla fine, abbiamo parlato con l’avvocato sono tutti gli altri da escludere.. hanno inciuccato tutto». Triolo e Verduci sono solo citati nell’ordinanza, non sono indagati.  

I biglietti 
Non solo l’edilizia, nelle mire delle cosche. Adolfo Crea e Giacomo Lo Surdo avvicinano Lorenzo La Rosa, socio di minoranza di Set Up, società specializzata nell’organizzazione di eventi. Pretendono biglietti per i «compari». In passato, Lo Surdo c’era andato un po’ pesante. Quando La Rosa si era mostrato indeciso di fronte alle pressioni, aveva minacciato senza mezzi termini di buttargli giù la porta. «Queste parole qua non si dicono agli amici», aveva cercato di difendersi La Rosa. Poi, per placare gli animi, ricordava a chi lo stava minacciando che i biglietti erano stati «sempre dati».  
Più tardi, La Rosa parlerà con il socio di maggioranza, Giulio Muttoni, che valuta l’ipotesi di chiedere l’intervento di Luigino Greco, uno degli arrestati di ieri, se le pressioni per avere biglietti avessero superato un certo limite. «Ci ho già parlato io», risponderà La Rosa. Pressioni e minacce, evidentemente, non erano un’iniziativa personale di Lo Surdo.  

La protezione  
La gente si rivolgeva a Luigino Greco per chiedere protezione. Come fossimo in Calabria. Lui era sotto intercettazione, telefonica e ambientale. Così, i carabinieri del Ros hanno scoperto la richiesta d’aiuto di Giorgio Toma, titolare del ristorante-pub «Befed», nel centro commerciale 45° Parallelo a Moncalieri. Qualche giorno prima, aveva avuto un diverbio con alcuni nomadi sinti, che pretendevano di fargli lasciare aperto il locale oltre l’orario. Lui si era ribellato e temeva ritorsioni. Tanto più che quei personaggi si erano soffermati a guardare la sua auto. Così, Luigino Greco si era rivolto a Gregorio Sisca e a Domenico Greco: «Conosciamo qualche sinto dalle parti di Moncalieri? C’è un amico mio che ha quel ristorante grosso…». Un giro di telefonate, poi la chiamata per rassicurare Toma: «Ascolta, guarda che molto probabilmente la prossima settimana, magari un pomeriggio ti liberi un’ora che andiamo fino da quegli amici, stamattina ho parlato con un mio amico che li conosce bene, sia quelli di Moncalieri che quelli di Nichelino. Ci facciamo un giretto, così ci presentiamo. Avevo detto che mi interessavo e mi sono interessato...». A questo punto, è Toma a temere che la faccenda prenda una brutta piega. «Ma con tutta tranquillità, ci si presenta, gli dici “guarda che siamo amici”», raccomanda. Ma per Greco, la questione è un’altra. E’ un punto d’onore, è in gioco il rispetto: «Ci sono io lì, punto e basta. Non mi vedete mai, però sono io». 

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