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venerdì 21 febbraio 2014

Processo "MINOTAURO". Stralcio dalle motivazioni della sentenza.

Lo ripetiamo anche questa volta.  Con “sabaudo orgoglio” avevamo dimenticato che, proprio lo scorso anno, la 'ndrangheta in Piemonte compiva cinquanta anni.
Nel lontano 1963,  un giovane muratore originario di Marina di Gioiosa Ionica, Rocco Lo Presti, veniva mandato al confino in Val Susa. Nel giro di pochi anni, quel giovane muratore diviene un protagonista del boom edilizio locale: procurando manodopera a basso prezzo per i cantieri, facendo venire da Marina di Gioiosa Ionica, in Calabria, il cugino Francesco Mazzaferro, divenendo titolare di un’impresa di movimento terra che ben presto ottiene il monopolio del settore in un’area della alta Val Susa. Infine,  stringendo rapporti con esponenti della politica locale. Il copione che si ripete sempre: le mafie votano e, soprattutto, fanno votare.
Avevamo dimenticato che, proprio a Torino, nel 1983  viene ucciso il giudice Bruno Caccia, procuratore capo di Torino, uunico  omicidio "eccellente" compiuto dalle mafie al Nord. Questa tragica vicenda presenta ancora punti oscuri, per i quali la famiglia del giudice chiede ora la riapertura del processo.
Avevamo dimenticato che nel 1997 Comune di Bardonecchia, il regno di Rocco Lo Presti,  viene “sciolto” per infiltrazioni mafiose; unico comune sciolto per mafia al Nord sino al 2013, quando analogo provvedimento colpisce in Piemonte i comuni di Leinì e Rivarolo Canavese.
Questo è avvenuto in Piemonte nel passato. Il presente ce lo racconta, almeno in parte , quanto emerso dal processo "Minotauro".

Fonte : La Stampa


Sui voti all’ex assessore Ferrero pesava l’ombra delle cosche

Depositate le motivazioni della sentenza Minotauro:
tra i politici appoggiati dalla ’ndrangheta figurava anche la prima responsabile della Sanità nella giunta regionale di Cota.

Caterina Ferrero e Fabrizio Bertot

TORINO
«Se non fosse stato per noi, non avrebbe preso un voto a Volpiano». Antonio Agresta, boss della ’ndrangheta condannato a 10 anni in Appello per associazione a delinquere di stampo mafioso, ininterrottamente detenuto dal 1992 al 2009 spiega così al suo interlocutore l’appoggio che la ’ndrangheta avrebbe dato a Caterina Ferrero, candidata, vincente, alle elezioni regionali del 2010 con 8417 preferenze poi diventata assessore della giunta Cota.  Eccolo il quadro emerso delle motivazioni della sentenza Minotauro.  

Il tramite per far confluire le preferenze delle famiglie, sarebbe stato - ancora una volta - Nevio Coral, suocero di Caterina Ferrero, ex sindaco di Leini, condannato a 10 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, un politico che «ha agito in dispregio delle regole di correttezza ed onestà che dovrebbero sovraintendere la vita pubblica». I giudici scrivono: «Si desume chiaramente come in quella competizione Coral avesse, ancora (!) una volta, chiesto ed ottenuto l’appoggio elettorale di personaggi appartenenti a famiglie notoriamente mafiose, promettendo qualcosa in cambio».  
L’ aveva già fatto per il figlio Ivano e poi per se stesso allorquando si candidò alla carica di sindaco a Volpiano nel 2011. 

Un altro ex sindaco, finora mai indagato nel procedimento Minotauro, rischia di finire nel mirino della giustizia. La Corte ha infatti ritenuto «doverosa la trasmissione degli atti in procura in relazione a Fabrizio Bertot», ex primo cittadino del secondo Comune sciolto per mafia (Rivarolo) da maggio europarlamentare Secondo la Corte «ha reso dichiarazioni non veritiere» sull’accordo stipulato dal segretario comunale Antonino Battaglia, l’imprenditore Giovanni Macrì e i principali esponenti della ‘ndrangheta torinese, compreso il capo Giuseppe Catalano.  

Le motivazioni hanno confermato quanto già emerso in dibattimento. La ’ndrangheta esiste, è unitaria e si ramifica in articolazioni. 

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