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mercoledì 24 aprile 2013

I giorni della LIBERAZIONE


"E' bene che si sappia cosa è stata la resistenza(...) la rivelazione di ciò che un popolo può fare quando prende in mano il destino del paese nelle  sue mani.Giorgio Bocca 

Quest'anno, le parole di Giorgio Bocca, giornalista e partigiano, sono state scelte per sottolineare il momento suggestivo del fuoco che percorrerà vie cittadine, fermandosi nei luoghi dove sono poste lapidi a memoria di coloro che hanno sacrificato la vita per l'affermazione degli ideali della Resistenza.
Mettiamo insieme le parole di coloro che hanno dato vita a quel "risorgimento italiano" per liberare il Paese dalla barbarie fascista e nazista! Mettiamole  insieme  ai principi di quella Costituzione Italiana che, con poco utile orgoglio diciamo essere una delle più belle carte costituenti che mai siano state scritte. Se davvero compissimo quell'atto ci accorgeremmo quanto abbiamo dilapidato in questi anni: valori, principi che dovevano essere alla base della vita sociale, politica, culturale italiana, sono stati cancellati, oscurati, negate nei fatti, da coloro che sono stati chiamati a guidare ( in quale direzione? verrebbe da chiedersi) le sorti del popolo italiano. 
Ricordiamoci altre parole! Questa sera, partecipando alle celebrazioni a memoria di quei giorni del 1945  , domani 25 Aprile festa della Liberazione, ricordiamoci anche altre parole: la parole che Piero Calamandrei pronunciò davanti agli studenti milanesi nel 1956. Di seguito ne riportiamo alcuni stralci.Siano quelle parole motivo di riflessione e di chiamata ad una nuova assunzione di responsabilità per ciascuno di noi, a prescindere dal credo partitico. 


 "(...) L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro(...) fino a che non c’è questa possibilità per ogni uomo di lavorare e di  studiare e di trarre con sicurezza dal proprio lavoro i mezzi per vivere da uomo, non solo la nostra  Repubblica non si potrà chiamare fondata sul lavoro, ma non si potrà chiamare neanche democratica perché una democrazia in cui non ci sia questa uguaglianza di fatto, in cui ci sia soltanto una uguaglianza di diritto, è una democrazia puramente formale, non è una democrazia  in  cui tutti i cittadini veramente siano messi in grado di concorrere alla vita della società, di portare il  loro miglior contributo, in cui tutte le forze spirituali di tutti i cittadini siano messe a contribuire a  questo cammino, a questo progresso continuo di tutta la società.
E allora voi capite da questo che la nostra costituzione è in parte una realtà, ma soltanto in parte è  una realtà. In parte è ancora un  programma, un ideale, una speranza, un impegno di lavoro da compiere. Quanto lavoro avete da compiere! Quanto lavoro vi sta dinanzi! 
(...)Però, vedete, la costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La  costituzione è un pezzo di carta: la lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni  giorno rimetterci dentro il combustibile, bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di  mantenere queste promesse, la propria responsabilità. Per questo una delle offese che si fanno alla  costituzione è l’indifferenza alla politica, l’indifferentismo politico che è -non qui, per fortuna, in  questo uditorio, ma spesso in larghe categorie di giovani- una malattia dei giovani.  ”La politica è una brutta cosa”, “che me ne importa della politica”: quando sento fare questo  discorso, mi viene sempre in mente quella vecchia storiellina,, che qualcheduno di voi conoscerà, di quei due emigranti, due contadini, che traversavano l’oceano su un piroscafo traballante (...) c’era una gran  burrasca con delle onde altissime e il piroscafo oscillava: E allora questo contadino impaurito  domanda a un marinaio: “Ma siamo in pericolo?”, e questo dice: “Se continua questo mare, il  bastimento fra mezz’ora affonda”. Allora lui corre nella stiva svegliare il compagno e dice: “Beppe,  Beppe, Beppe, se continua questo mare, il bastimento fra mezz’ora affonda!”. Quello dice: ” Che  me ne importa, non è mica mio!”. Questo è l’indifferentisno alla politica.(...) Quindi, quando vi ho detto che questa è una carta morta, no, non è una carta morta, questo è un  testamento, un testamento di centomila morti.
Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra costituzione, andate nelle  montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono  impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero perché lì è nata la nostra Costituzione."
Piero Calamandrei.


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