Varacalli ha spiegato che la struttura dell’organizzazione criminale «a Torino è la stessa cosa che in Calabria, non cambia nulla.
La `ndrangheta è fatta come un polipo, con la testa e i tentacoli».
Fonte: La Stampa
Si è guadagnato più durante le Olimpiadi del 2006 che in una strada di Calabria”
MASSIMILIANO PEGGIO
TORINO
Rocco Varacalli in una immagine di repertorio |
In aula il pentito Varacalli,
teste chiave per Minotauro, racconta gli anni dell’adolescenza: «Cosa serve lavorare tutto il giorno? Con la droga
puoi fare tanti soldi»
Rocco Varacalli uno dei
principali collaboratori di giustizia, noto anche per la sua recente fuga dal
programma di protezione, ha fatto il suo ingresso nell’aula bunker delle
Vallette, poco prima delle 10, per raccontare i rapporti delle famiglie
affiliate alla ’ndrangheta. Rapporti che si intrecciano tra la Calabria e il
Piemonte. Il suo racconto è iniziato dal periodo in cui era adolescente, a 17
anni, quando per la prima volta ha avuto coscienza della criminalità, a Torino,
giovane immigrato dal sud.
Un amico di famiglia lo ha
introdotto nel mercato della droga: «Cosa serve lavorare tutto il giorno,
sporcarsi di calce ? Con la droga puoi fare tanti soldi». Da questo punto è la
sua testimonianza, che si protrarrà per gran parte della giornata. A condurre
l’interrogatorio sono i pm Roberto Sparagna e Monica Abbatecola, di fronte al
collegio presieduto da Paola Trovati.
«Per aprire un locale di
`ndrangheta a Torino bisogna avere minimo 49 uomini, o di più e non di meno, e
serve il «crimine» con tutte le cariche. Se no non si può».
Varacalli ha spiegato che la
struttura dell’organizzazione criminale «a Torino è la stessa cosa che in
Calabria, non cambia nulla. La `ndrangheta è fatta come un polipo, con la testa
e i tentacoli». Poi, per spiegare che a seconda della situazione e del momento
storico la `ndrangheta guarda più al nord o al sud per i suoi affari: «si è
guadagnato più a Torino durante le Olimpiadi 2006 che in una strada di
Calabria».
Varacalli ha anche fatto riferimento alla Massoneria, «quella vera e propria». Mentre spiegava i vari gradi e i ruoli a cui il membro della ’ndrangheta può aspirare, Varacalli ha raccontato: «Attaccare i ferri significa essere completo nella Società minore ed essere pronto ad arrivare alla Santa, al Vangelo, ai gradi della Società maggiore. La massoneria ha voluto la Santa. Avere la Santa può avere a che fare con la Massoneria, quella vera e propria, che è come la ’ndrangheta, dove ci sono geometri, avvocati, preti. Chi arriva alla Santa è perchè è già capace di uccidere. Dopo la Santa ti riconosce la mafia, la massoneria e tutta la provincia».
Varacalli, che nel 2004 era diventato camorrista finalizzato all’interno del locale di Natile di Careri di Torino, al cui vertice negli anni si sono avvicendati Paolo Cufari, Saverio Napoli, Enzo Argiro’ ha spiegato la storia recente della ’ndrangheta in Piemonte e la sua strategia gerarchica. “Quando io sono stato attivato da Torino, nel 1994, gli ’ndranghetisti erano tutti uniti e c’era un locale solo, al cui vertice c’era Rocco Spera, un uomo anziano e zoppo” ha spiegato. Poi negli anni si sono sviluppati diversi locali, riconosciuti da San Luca. “I locali non riconosciuti si chiamano Bastarda e questi fanno gli stessi traffici della ’ndrangheta, ma da soli senza fare capo a San Luca” ha spiegato tra le altre cose Varacalli.