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venerdì 20 aprile 2012

'Ndrangheta, il padrino si getta dalla finestra della sua abitazione a Volvera (To)


Suicida Giuseppe Catalano: il suo nome è tra i più importanti dell’operazione «Minotauro», condotta dai carabinieri  nel giugno 2011. 
Si era dissociato ed era agli arresti domiciliari
Fonte : La Stampa

Il bar Italia a pochi passi dalla caserma della polizia in via Veglia, dove Giuseppe Catalano incontrava affiliati e gestiva affari

MASSIMILIANO PEGGIO
TORINO

"Ammetto di aver aderito all’organizzazione di cui sono accusato ma non intendo più farne parte». Così, con una lettera inviata al tribunale e alla procura, Giuseppe Catalano, considerato un padrino della ’ndrangheta e capo locale di Siderno a Torino, si era dissociato di recente dall’organizzazione criminale. Da una ventina giorni era agli arresti domiciliari per motivi di salute. Ieri si è tolto la vita lanciandosi dal balcone di casa, a Volvera.
Giuseppe Catalano, nato a Siderno il 10 maggio 1942, era finito in carcere due anni fa, a seguito dell’inchiesta coordinata dalla procura di Reggio Calabria. Ma il suo nome è tra i più importanti dell’operazione «Minotauro», condotta dai carabinieri del Comando Provinciale di Torino nel giugno 2011. Indagine monumentale contro l’infiltrazione della criminalità calabrese in Torino e provincia: 172 imputati, molti già a processo. Tra questi proprio Giuseppe Catalano. Il «padrino» era depresso.
Il suo fisico era provato dalla lunga carcerazione e da una malattia che si stava aggravando. Ieri ha deciso di farla finita buttandosi dal primo piano della sua villetta. Una volo di circa sei metri. Nella caduta ha riportato un grave trauma cranico. La figlia era in casa. Ha sentito un tonfo. Si è affacciata alla finestra e ha dato subito l’allarme. Giuseppe Catalano è stato trasportato in ambulanza al pronto soccorso dell’ospedale San Luigi di Orbassano. È arrivato alle 16,15. Era in arresto cardiaco. Non c’è stato nulla da fare. Sul fatto che il «padrino» si sia suicidato non sembrano esserci dubbi. Sul cadavere sarà comunque effettuata l’autopsia.
«I numerosi elementi hanno dimostrato - si legge negli atti dell’inchiesta Minotauro - sia l’appartenenza di Catalano all’associazione in argomento, sia il particolare ruolo di assoluto rilievo da lui ricoperto: tale carica lo ha portato a essere protagonista di varie vicende inerenti l’intero sodalizio nella sua dimensione territoriale piemontese». Gestiva il «Bar Italia» di via Veglia 59 a Torino.
Lì faceva affari, organizzava incontri con gli altri «militanti», brindava alle campagne elettorali. Come nel 2009, quando l’attuale assessore regionale al Lavoro, Claudia Porchietto, candidata alla presidenza della Provincia, fu filmata dai carabinieri sulla soglia del locale. «Per me Catalano era un contatto puramente elettorale, una delle migliaia di mani che ho stretto. Non lo conoscevo» disse poi l’assessore, prendendo le distanze dalla quella visita. Tra le relazioni finite nella bufera, anche quella con il sindaco di Rivarolo Fabrizio Bertot. «Non sapevo chi fosse Catalano. Questa storia mi ha distrutto» ripete da mesi il primo cittadino.

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