Fonte: LA STAMPA.
"Per questo!": in memoria di Giovanni Falcone
Eleonora Mino in scena nello spettacolo dedicato a Giovanni Falcone
Domani a Torino, l'" Hiroshima Mon Amour" ospita uno spettacolo teatrale ispirato al magistrato siciliano ucciso nel 1992 nella strage di Capaci.
Sono passati vent’anni dalla strage di Capaci, quando la mafia fece esplodere il tratto di autostrada dove stava passando l’auto di Giovanni Falcone con la moglie Francesca Morvillo e gli uomini della scorta. Ora la storia del magistrato siciliano arriva a teatro grazie a Eleonora Mino, operatrice culturale torinese con un passato da avvocato, nonché co-direttore artistico della Compagnia Bonaventura, che domani all’Hiroshima Mon Amour di via Bossoli 83 metterà in scena "Per questo!", rappresentazione teatrale tratta dal libro di Luigi Garlando “Per questo mi chiamo Giovanni” sulla storia di Falcone.L’iniziativa rientra nel programma “In viaggio…con Giovanni”, un insieme di eventi, letture, spettacoli ed incontri che si pongono come finalità quella di avvicinare le giovani generazioni alla questione della legalità. Il progetto, che ha ricevuto la Medaglia di Rappresentanza del Presidente della Repubblica, si concluderà il 29 aprile con la giornata “Legalità in Festa” presso la Casa Teatro Ragazzi e Giovani, durante la quale sarà ospite la sorella di Giovanni, la prof.ssa Maria Falcone.
Abbiamo chiesto a Eleonora Mino di raccontarci meglio lo spettacolo di domani sera.
Come nasce l’idea della Compagnia Bonaventura di realizzare “Per questo!”?
«La nostra compagnia lavora da tanti anni su progetti teatrali e di lettura. Siamo un gruppo di professionisti del teatro, attori e operatori culturali, che condividono progetti dedicati soprattutto alle nuove generazioni, bambini e ragazzi, e famiglie. “Per questo!” è stato scritto da me, Lucio Diana e Davide Viano, con la collaborazione alla messa in scena di Roberta Triggiani e la promozione di Silvia Limone. L’idea è nata circa un anno fa: per un percorso di lettura mi è capitato per le mani il libro di Luigi Garlando "Per questo mi chiamo Giovanni": ho cominciato a leggerlo in alcune scuole e ho scoperto quanto fosse efficace, accorgendomi anche di quanto poco sappiano bambini e ragazzi della storia del Giudice Falcone. E allora pian piano ho costruito tutto un percorso di laboratori, di incontri, e abbiamo messo insieme un gruppo di professionisti che avessero l’esigenza, come me, di raccontare una storia tanto importante: la storia di un gruppo di eroi, i giudici e i componenti del pool anti-mafia, senza retorica, ma con poesia e delicatezza».
Puoi rivelarci qualcosa riguardo la trama dello spettacolo?
«Lo spettacolo narra di una ragazzina che mente al suo papà: ha visto un atto di bullismo a scuola, molto grave, ma nega davanti ai genitori e alla maestra. Il padre, anziché sgridarla, porta la figlia a fare un viaggio a Palermo e le racconta la vita di Giovanni, cioè Falcone, che in quella città ha combattuto contro un mostro terribile. Così la ragazzina capirà che la mafia, quel mostro, c’è anche a scuola, nelle prepotenze di tutti i giorni, e che anche da piccoli bisogna trovare il coraggio di ribellarsi».
Cosa provi sul palco mettendo in scena questo specifico soggetto?
«Da piccola sognavo di fare il giudice, poi la vita mi ha portata altrove. Ora sono felice del mestiere che faccio, ma quando salgo sul palco e racconto di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Francesca Morvillo, Rocco Chinnici e di tanti altri, mi porto dentro anche un po’ di quella voglia di giustizia che mi mosse a studiare per diventare magistrato. E poi devo dire che la storia è così poetica, così delicata che il pubblico mi segue, sente i sentimenti di grande partecipazione che io provo, e che cerco di trasmettere loro. È uno scambio meraviglioso. La ragazzina che interpreto mi somiglia tantissimo, e conclude lo spettacolo dicendo “Mi immagino Giovanni come un mio vecchio amico, seduto, da qualche parte, che mi guarda, e allora io cerco di essere all’altezza della sua lezione”».
Cosa ti auguri che possa cambiare negli animi dei giovani spettatori, dopo la visione dello spettacolo?
«Mi basterebbe che venisse almeno un dubbio, ai tanti ragazzi che ci seguono. Che forse nella vita di tutti i giorni si può scegliere di comportarsi diversamente, secondo un senso etico di giustizia. Siamo talmente abituati a scendere a compromessi, a subire piccole ingiustizie senza lamentarci, o a vederne e a girarsi dall’altra parte che è ormai un abitudine, un modo di comportarsi che poi diviene o è già omertà, e che fa spaventosamente parte della vita di tutti i giorni. Spero che i più giovani capiscano che bastano pochi gesti, concreti, nella vita di tutti i giorni, per fare la differenza. Chissà che qualcuno dei ragazzi trovi il coraggio di dire: “Qui non si vendono più bambole”. Che vuol dire? Spiacente, non ve lo spiego! Venite a scoprirlo».
Cosa pensi del progetto della Compagnia Bonaventura? Credi che questo spettacolo possa aiutare i giovani ad avvicinarsi alla questione della legalità?
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