Essere "sentinelle del territorio" significa volerlo difendere. "Le zone a rischio sono a Pinerolo, Ivrea e in collina, da Chieri a Carmagnola".
In un nostro prossimo articolo tratteremo la vicenda CP7, l'intervento edilizio previsto ai piedi di Monte Oliveto, a Pinerolo
fonte La Stampa
Prima e finora unica in Italia a fare del consumo di suolo un tema politico, a otto mesi dall’approvazione del piano di governo del territorio che ferma la cementificazione dei terreni agricoli, la Provincia di Torino rilancia. Con dati aggiornati e un nuovo monito ai Comuni. Primo: negli ultimi cinque anni il consumo di suolo cresce a tassi sostenuti ma ridotti rispetto a prima (da 800 a 200 ettari l’anno) per effetto della crisi economica e della diffusione della sensibilità sul tema. Secondo: la forbice tra consumo di suolo e aumento della popolazione resta ampia. Terzo: l’aggressione al territorio si sposta lontano dai centri urbani, ormai ben oltre la seconda cintura torinese. E’ lì che l’osservatorio della Provincia individua il grande pericolo: nelle pieghe dei piani regolatori ci sono 4000 ettari di cemento già prenotati e realizzabili. Una villettopoli distribuita a macchia d’olio e di dimensioni gigantesche, pari alla metà della città di Torino o a cinquemila campi da calcio. Le zone a rischio sono a Pinerolo, Ivrea e in collina, da Chieri a Carmagnola.
La documentazione della Provincia, che sarà illustrata oggi nel convegno «Territorio: maneggiare con cura. Lavori in corso» (in corso Inghilterra 7 a partire dalle 10), illustra una serie di fenomeni che all’estero sono da anni oggetto di studio, ma in Italia largamente ignorati. Le immagini aeree acquistate da una scuola di volo di Parma per soli 50 mila euro (farle ex novo sarebbe costato dieci volte di più) e riferite alla fine del 2010 sono state confrontate con quelle scattate nel 2006. Il risultato è una galleria fotografica della cementificazione. Che la crisi edilizia ha solo spostato: meno capannoni e più villette; meno in città, più in collina. «Le crescite di urbanizzazione si concentrano sulle aree collinari e premontane del Pinerolese e dell’Eporediese, oltre che lungo l’arco della collina compresa tra Chieri e Chivasso e nel quadrante Nord-Est di Torino». E anziché completare agglomerati già esistenti, se ne creano di nuovi. I motivi: «Minor costo delle abitazioni, maggior standard abitativo, garanzia di accessibilità ai servizi».
Ma la dispersione sul territorio rappresenta un pericolo. «Gli enti pubblici non sono più in grado di garantire servizi a queste città polverizzate - spiega il presidente della Provincia Antonio Saitta - quindi abbiamo acceso un faro sulle varianti urbanistiche dei Comuni. E abbiamo detto basta alla moltiplicazione di strade e circonvallazioni che anziché risolvere problemi ne creano altri, diventando promotori di consumo di suolo». La prima applicazione del rivoluzionario piano di governo del territorio è incoraggiante. La Provincia ha bloccato alcune edificazioni selvagge su suoli liberi, ma soprattutto i Comuni hanno collaborato per evitare varianti urbanistiche invasive. Finora le città che hanno adeguato i piani regolatori sono undici, ma altre venticinque sono in fase avanzata. Nessun conflitto, zero ricorsi giudiziari. «In alcuni casi abbiamo sventolato il cartellino rosso, ma in generale c’è collaborazione - dice Saitta -, ora dobbiamo spingere i Comuni a puntare sul riuso di suolo già consumato».
GIUSEPPE SALVAGGIULO
TORINO
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