giovedì 23 giugno 2016

Paolo Borsellino: "Per Amore. Dimostrando a noi stessi e al mondo che Falcone è vivo”.


Fare Memoria. A Palermo, il 23 giugno 1992 è calata la notte quando Paolo Borsellino arriva, in ritardo, alla commemorazione organizzata dalle ragazze dai ragazzi dell'AGESCI a ricordare la Strage di Capaci.
Nel cortile di Casa Professa, il centro dei gesuiti palermitani, fra le fiaccole accese degli scout, un lunghissimo applauso sembra voler abbracciare Paolo Borsellino. Paolo Borsellino è turbato emozionato, e abbracciando Lui Giovanni Falcone, Francesca Morvillo Antonio Montinaro, Rocco Di Cillo, Vito Schifani, comincia a pronunciare le parole di un discorso fra i più belli e significativi della storia del nostro Paese. In quel discorso, Paolo Borsellino parla di Giovanni Falcone ma in realtà spiega a tutti noi la sola motivazione che ha guidato la "bellissima esperienza" che hanno condotto insieme, Giovanni Falcone , Paolo Borsellino e tutti coloro che si sono sacrificati per la difesa dei valori della Giustizia: per questo motivo le parole pronunciate da Paolo Borsellino quella sera vengono ricordate sempre come "Il Discorso dell'Amore" .
Riportiamo un estratto di quel discorso che termina con le parole : "Dimostando a noi e al mondo che Falcone è vivo".
Giovanni Falcone lavorava con perfetta coscienza che la forza del male, la mafia, lo avrebbe un giorno ucciso. Francesca Morvillo stava accanto al suo uomo con perfetta coscienza che avrebbe condiviso la sua sorte.
Gli uomini della scorta proteggevano Falcone con perfetta coscienza che sarebbero stati partecipi della sua sorte. Perché non è fuggito, perché ha accettato questa tremenda situazione, perché non si è turbato, perché è stato sempre pronto a rispondere a chiunque della speranza che era in lui? Per amore!
La sua vita è stata un atto d’amore verso questa sua città, verso questa terra che lo ha generato.
Perché se l’amore è soprattutto ed essenzialmente dare, per lui, e per coloro che gli sono stati accanto in questa meravigliosa avventura, amare Palermo e la sua gente ha avuto e ha il significato di dare a questa terra qualcosa, tutto ciò che era ed è possibile dare delle nostre forze morali, intellettuali e professionali per rendere migliore questa città e la patria cui essa appartiene.
[…] Per lui la lotta alla mafia non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale, che coinvolgesse tutti specialmente le giovani generazioni […], le più adatte a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità, e quindi della complicità.
Ricordo la felicità di Falcone quando in un breve periodo d’entusiasmo, conseguente ai dirompenti successi originati dalle dichiarazioni di Buscetta, egli mi disse: “La gente fa il tifo per noi”.

Questa stagione del “tifo per noi” sembrò durare poco, perché ben presto sopravvenne il fastidio e l’insofferenza al prezzo che per la lotta alla mafia doveva essere pagato dalla cittadinanza. Insofferenza alle scorte, insofferenza alle sirene, insofferenza alle indagini, insofferenza che finì per legittimare un garantismo di ritorno, che ha finito per legittimare, che ha finito a sua volta per legittimare provvedimenti legislativi che hanno estremamente ostacolato la lotta alla mafia, il loro codice di procedura penale. E adesso hanno fornito un alibi a chi, dolosamente spesso, colposamente ancor più spesso, di lotta alla mafia non ha più voluto occuparsi.
In questa situazione Falcone andò via da Palermo.
Non fuggì ma cercò di ricreare altrove le ottimali condizioni per il suo lavoro. Venne accusato di essersi avvicinato troppo al potere politico. Non è vero!
Pochi mesi di dipendenza al ministero non possono far dimenticare il lavoro di dieci anni.
E Falcone lavorò incessantemente per rientrare in magistratura, in condizioni ottimali. Per fare il magistrato, indipendente come lo era sempre stato. Morì, è morto, insieme a sua moglie e alle sue scorte e ora tutti si accorgono quali dimensioni ha questa perdita, anche coloro che, per averlo denigrato, ostacolato, talora odiato, hanno perso il diritto di parlare.
Nessuno tuttavia ha perso il diritto, e anzi il dovere sacrosanto, di continuare questa lotta… La morte di Falcone e la reazione popolare che ne è seguita dimostrano che le coscienze si sono svegliate e possono svegliarsi ancora.
Sono morti per noi e abbiamo un grosso debito verso di loro e dobbiamo pagarlo gioiosamente, continuando la loro opera; facendo il nostro dovere, rispettando le leggi, anche quelle che ci impongono sacrifici, rifiutando di trarre dal sistema mafioso anche i benefici che potremmo trarre , anche gli aiuti, le raccomandazioni, i posti di lavoro; collaborando con la giustizia, testimoniando i valori in cui crediamo, anche nelle aule di giustizia: accettando in pieno questa gravosa e bellissima eredità.

Dimostrando a noi stessi e al mondo che Falcone è vivo”.  

lunedì 20 giugno 2016

LUCA SALVAI ( M5S) è il nuovo Sindaco della Città di Pinerolo

LUCA SALVAI è il nuovo sindaco della città di Pinerolo. 


Rinnoviamo a Luca Salvai ( Movimento 5 Stelle), ai nuovi amministratori della città di Pinerolo, ai componenti tutti del Consiglio Comunale, l'augurio di svolgere il compito che gli elettori hanno loro affidato avendo a cuore unicamente "il bene lungimirante della nostra comunità". 
Nella lettera aperta "E' finita l'era dei fossilileggi qui il testo integrale), alcune settimane orsono avevamo scritto della necessità di un cambiamento necessario e non più rinviabile nei modi e nelle azioni dell'impegno politico-amministrativo. Avevamo pertanto auspicato "(...) che i candidati-sindaco e tutte le forze politiche pinerolesi agognino sinceramente il fresco profumo” di una azione politico-amministrativa nuova, saldamente ancorata a principi etici e morali." 
Quel che occorre ora è dare concretezza e continuità alla "volontà di cambiamento" che le cittadine e i cittadini di Pinerolo hanno voluto determinare.

A Luca Salvai, neo-sindaco, tutti gli eletti, i nostri Auguri per un proficuo lavoro 
al servizio della nostra comunità 


Gli esiti del ballottaggio svoltosi nella giornata di ieri hanno pertanto prodotto quella che per Pinerolo, città ritenuta "ideologicamente conservatrice", una vera e propria "rivoluzione politica". I numeri dell'affermazione di Luca Salvai (M5S) sanciscono la volontà espressa di "cambiamento". Luca Salvai ha infatti riportato 8013 voti , pari al 57.34%, contro i 5961 (42.66%) di Luca Barbero ( sostenuto da PD, Moderati, Citta Viva)
A partire da oggi  Luca Salvai, che ha già ricoperto la carica di consigliere comunale a Pinerolo, è chiamato ad amministrare Pinerolo coadiuvato da una giunta di cui si conoscono già alcuni degli assessori designati. In ordine alfabetico:   
- Antonella Clapier (istruzione); 
- Francesca Costarelli (turismo); 
- Martino Laurenti (cultura); 
- Lara Pezzano (politiche sociali); 
- Eros Primo (urbanistica). 

domenica 19 giugno 2016

"ELLIS ISLAND - LAMPEDUSA / WELCOME!”

Anche noi siamo lieti di invitarVi: DOMENICA 19 GIUGNO alle ore 21 presso il Salone Polivalente di Pinasca (TO)  avrà luogo la prima rappresentazione del Concerto-spettacolo: "ELLIS ISLAND - LAMPEDUSA / WELCOME!
"(...) Erigere muri, spianare fucili, istigare all’odio e alla divisione, non è mai stato patrimonio di chi vuole creare giustizia sociale, solidarietà e pace tra le nazioni. "
Estratto dal comunicato-invito dello spettacolo: "Si sale a bordo di questo treno di ricordi, di questo barcone di pensieri, di questa nave non abbastanza grande per contenere tutte le storie e le sofferenze dei migranti. Sull’onda di ritmi e melodie più o meno conosciuti, proponiamo un viaggio che ci porterà a sorvolare la terra spesso dimenticata di “quando i migranti eravamo noi”, per una breve storia di genitori, nonni, bisnonni che scrissero pagine necessarie alla crescita del nostro Paese. 
Poi torneremo al presente, a questo confuso incontro di popoli che vede l’Italia e l’Europa tra le mete desiderabili per una sopravvivenza che assomigli al vivere dignitosamente: un lavoro e un tetto, dando quotidiane risposte alla solitudine ed alla speranza di tornare alla propria terra. Questo incrocio di destini, di culture è un presente irreversibile, è futuro ed è già storia, sulle cui ragioni ci si può anche interrogare, ma sono solo le pagine del nostro domani che possiamo scrivere. Erigere muri, spianare fucili, istigare all’odio e alla divisione, non è mai stato patrimonio di chi vuole creare giustizia sociale, solidarietà e pace tra le nazioni. Ritrovare un senso alla partecipazione nella scelta dei valori che fanno l’identità culturale del nostro Paese, sempre più s’impone come un dovere oltre che un diritto. Lo dobbiamo a chi ha costruito per noi e alle generazioni a venire. Ogni volta che si delinea una “guerra tra poveri”, il nemico è alle spalle o sulle nostre teste. Per questo ci è più difficile vederlo."

martedì 14 giugno 2016

Ai candidati-sindaco: "Giù le carte!...fuori i nomi! Dialogo fra Dario Seglie e A. Francesco Incurato

Oramai è noto ai pinerolesi che il primo turno della tornata elettorale ha portato al ballottaggio i due candidati-sindaco Luca Barbero e Luca Salvai. Citiamo i dati dell'articolo pubblicato da Vita Diocesana : "(...) Il primo sostenuto dalla coalizione formata da Partito Democratico, Moderati, Città Viva, ha riportato il 40,26% dei voti. Il secondo candidato sindaco per il Movimento 5 Stelle il 25,22%. Guardando però ai relativi partiti di riferimento il risultato è di quasi parità. 3945 voti al PD 2 3772 al M5S. E questa è la sorpresa.(...)"
In attesa del ballottaggio che si terrà domenica 19 giugno 2016, riportiamo uno di quei dialoghi "via-mail", "dialoghi" che le moderne teconologie oggi giorno rendono possibile, avvenuto nei giorni passati e ora riportato dal giornale Vita Diocesana.
Nel dialogo alcuni dei temi che stanno a cuore ai cittadini che provino ad essere "cittadini responsabili".
I protagonisti del "dialogo": Dario Seglie, noto e infaticabile direttore Direttore CeSMAP-Centro Studi e Museo d’Arte Preistorica  e Francesco Incurato, modesto referente del presidio LIBERA "Rita Atria" Pinerolo. 
Il dialogo ha preso le mosse da quanto si era scritto nelle ore della prima tornata elettorale: Votiamo liberamente e consapevolmente! ( qui l'articolo integrale)
L'articolo è stato riportato da Vita Diocesana e cade nel mezzo degli ultimi due confronti a cui sono chiamati i due candidati-sindaco: il confronto tenutosi ieri e organizzato dall'Eco del Chisone e quello che si terrà questa sera organizzato da Vita diocesana e da associazioni Pinerolesi. 
Giù le carte
Cerco sempre di leggere con attenzione quello che scrivono persone stimabili, specie se le conosco de visu. Francesco Incurato è uno di questi; recentemente con l'e-mail di LIBERA - presidio "Rita Atria Pinerolo del quale è il referente, ha scritto, riferendosi al 5 giugno:
"Oggi per noi pinerolesi oggi è il giorno del "voto": siamo chiamati ad eleggere il prossimo Sindaco e ed i componenti del Consiglio Comunale che amministrerà la Citta.  Nel sistema politico che chiamiamo Democrazia, l'atto di amministrare "pro-tempore" una comunità ha un unico significato ed un unico obiettivo: sapere mettere in atto, costruire, poliche (pensieri e azioni) che perseguano l'interesse pubblico; pensieri e azioni che portino alla realizzazione del "bene lungimirante di una comunnità". 
Solo donne e uomini liberi, onesti capaci e meritevoli possono adempiere a questo compito ammirevole. "
Gli ho risposto:(...) nel tepore della tarda primavera elettorale, il calore della passione per amministrare, sintonico col grido della "pasionaria" politica, attivista e antifascista spagnola Dolores Ibárruri, ugualmente necessario per votare la "pericolosa categoria degli onesti” che citi ricordando le parole di Paolo Borsellino: "La Rivoluzione si fa nelle piazze con il popolo, ma il cambiamento si fa dentro la cabina elettorale con la matita in mano (…)”
Nella sua chiusa Francesco afferma che  “(...) ora le legittime speranze dei cittadini pinerolesi “vanno al ballottaggio” !...speriamo di non vederle riposte ad ammuffire, per altri cinque anni, in un qualche armadio di un qualche ufficio dello storico palazzo di “Piazza Fontana”.
Gli ho risposto: Quello storico palazzo, che fu l'Arsenale francese nel XVII secolo, ha una facciata rifatta con la torre che tu da architetto credo definiresti modernista-razionalista, e che il popolo semplicemente chiama fascista. Se i nuovi Amministratori terranno chiuse nei loro armadi la nostra idee e speranze per farle ammuffire, si manifesteranno come fascisti e dittatori e noi (la Società Civile) saremo obbligati (seguendo il precetto di Kant) a scendere in lizza e far abbassare il ponte levatoio. Se viceversa, come auspichiamo, saranno dei sinceri democratici aperti alla vera partecipazione (non quella improbabile ad es. dei focus group) avranno tutto il nostro contributo di idee, sempre per i famosi cieli blu dei nostri nipoti.
Si andrà al ballotaggio domenica 19 giugno e dovremo sapere qualche cosa di nuovo rispetto al primo turno elettorale; oramai i programmi li hanno dirameti in migliaia di volantini e santini.
Ora vogliamo sapere da ogni candidato sindaco, dai due Luca, con quale squadra si prepara a governare la Città, nomi e cariche assessorili. I curricula non servono più, ogni candidato consigliere presente nelle liste in ballo ci ha già detto chi è, familiari compresi. Se entreranno candidati esterni, allora diceci chi sono.

Giù le carte, il giro di poker è finito, vogliamo vedere chi dei due ha la scala reale in mano.
Dario Seglie

Infine , la locandina dell'incontro che si terrà questa sera:



martedì 7 giugno 2016

Anche don Ciotti invita a firmare per i referendum sociali: Scuola Pubblica - Beni Comuni - Trivelle Zero - Blocca inceneritori

E' in atto la raccolta firme per i cosiddetti referendum «sociali». Sono già state raccolte oltre 300 mila firme: lo ha comunicato il Comitato promotore, che ha lanciato contemporaneamente una mobilitazione straordinaria di raccolta in giugno. «Ne servono altre 200 mila», spiegano il Forum italiano dei movimenti per l’Acqua, il Movimento per la scuola pubblica e la Campagna «Stop devastazioni» per i diritti ambientali e sociali. 
«La mobilitazione per abrogare gli aspetti peggiori della legge 107 (la ("cattiva") scuola di Renzi), per bloccare il piano nazionale che prevede la costruzione di altri 15 inceneritori sul suolo italiano, per evitare la concessione di nuove trivellazioni in mare o in terra e per bloccare la direttiva della ministra Marianna Madia volta a privatizzare i servizi pubblici ha già ricevuto un’ottima risposta dagli italiani e dalle italiane. Fra i molti – aggiungono – ringraziamo Luciano Canfora, che ha firmato per i referendum sociali al Salone del libro di Torino, e don Luigi Ciotti, che lo ha fatto a Villafranca Tirrena. I loro e gli altri 300 mila nomi sui nostri moduli ci danno la spinta per affrontare quest’ultimo mese di raccolta firme, fiduciosi di uscirne vittoriosi»

Anche don Ciotti invita a firmare: qui il suo appello. Di seguito un estratto del suo appello:
"Anch'io ho firmato per i referendum sociali perchè condivido profondamente i loro obiettivi. Mi sembra importante chiedere il rispetto del voto del 2011 sull'Acqua pubblica....Importante contrastare la privatizzazione del diritto al sapere, tutelare l'ambiente, la salute di tutti...Io credo che in un tempo di privilegi e di diseguaglianze, di dignità e di libertà negate, la speranza stà nella condivisione e nella continuità dell'impegno. Dobbiamo essere "cittadini sempre"!...non ad intermittenza...Il No alla compra-vendita dei "beni comuni" è un cammino che dobbiamo percorrere insieme, tutti i giorni , ogni giorno..."



domenica 5 giugno 2016

Votiamo liberamente e consapevolmente!

Oggi per noi pinerolesi oggi è il giorno del "voto", il momento più importante (e più fragile) su cui si fonda il sistema politico che chiamiamo Democrazia: siamo chiamati ad eleggere il prossimo Sindaco e ed i componenti del Consiglio Comunale che amministrerà la Citta. 
Nel sistema politico che chiamiamo Democrazia, l'atto di amministrare "pro-tempore" una comunità ha  un unico significato ed un unico obiettivo: sapere mettere in atto, costruire, poliche (pensieri e azioni) che perseguano l'interesse pubblico; pensieri e azioni che portino alla realizzazione del "bene lungimirante di una comunità". 
Solo donne e uomini liberi, onesti capaci e meritevoli possono adempiere a questo compito ammirevole. 
panorama di Pinerolo
Ma se l'espresione del voto è il momento più importante del sistema democratico, sappiamo bene che è anche il momento più fragile: eleggere significa "scegliere", e affinchè la scelta contribuisca a "eleggere-scegliere" rappresentanti onesti, meritevoli e capaci, occorre che il voto sia "libero e consapevole".
Viviamo anni di crisi economica, morale ed etica. Sarebbero necessari cambiamenti, una "rivoluzione culturale" che ci consentisse di attuare politiche a favore delle comunità e di sconfiggere i fenomeni di corruzione, mafie, malaffare, odiosi privilegi di caste-cricche-cosche.
L'era dei fossili non è finita, anche se così avevamo auspicato (leggi qui!)  e occorrerà "combattere" a lungo affinchè il voto diventi espressione libera e consapevole, e non sia invece, come lo è tante volte, "comprato, barattato, costretto" per ottenere "...gli aiuti, le raccomandazioni, i posti di lavoro"
Sono le parole di Paolo Borsellinol'insegnamento di Paolo Borsellino, le parole pronunciate a commemorare la morte di Giovanni Falcone e a dichiarare, una volte per tutte, cosa sono le mafie e "il pensiero mafioso" contro cui dobbiamo lottare: "...gli aiuti, le raccomandazioni, i posti di lavoro." 
Paolo Borsellino: "La Rivoluzione si fa nelle piazze con il popolo, ma il cambiamento si fa dentro la cabina elettorale con la matita in mano. Quella matita, più forte di qualsiasi arma, più pericolosa di una lupara e più affilata di un coltello". 

Fra le tante "categorie di appartenenza", a volte riconoscibili in coloro che si presentano alle elezioni, noi facendo memoria di Italo Calvino, invitiamo a scegliere fra coloro che appartengono alla "pericolosa categoria degli onesti"

Italo Calvino
“ Apologo sull’onestà nel paese dei corrotti “ 
(La Repubblica, 15 marzo 1980)

Italo Calvino
"C’era un paese che si reggeva sull’illecito.
Non che mancassero le leggi, né che il sistema politico non fosse basato su principi che tutti più o meno dicevano di condividere. Ma questo sistema, articolato su un gran numero di centri di potere, aveva bisogno di mezzi finanziari smisurati (ne aveva bisogno perché quando ci si abitua a disporre di molti soldi non si è più capaci di concepire la vita in altro modo) e questi mezzi si potevano avere solo illecitamente cioè chiedendoli a chi li aveva, in cambio di favori illeciti. Ossia, chi poteva dar soldi in cambio di favori in genere già aveva fatto questi soldi mediante favori ottenuti in precedenza; per cui ne risultava un sistema economico in qualche modo circolare e non privo d’una sua armonia.
Nel finanziarsi per via illecita, ogni centro di potere non era sfiorato da alcun senso di colpa, perché per la propria morale interna ciò che era fatto nell’interesse del gruppo era lecito; anzi, benemerito: in quanto ogni gruppo identificava il proprio potere col bene comune; l’illegalità formale quindi non escludeva una superiore legalità sostanziale. Vero è che in ogni transizione illecita a favore di entità collettive è usanza che una quota parte resti in mano di singoli individui, come equa ricompensa delle indispensabili prestazioni di procacciamento e mediazione: quindi l’illecito, che per la morale interna del gruppo era lecito, portava con se una frangia di illecito anche per quella morale. Ma a guardar bene il privato che si trovava a intascare la sua tangente individuale sulla tangente collettiva, era sicuro d’aver fatto agire il proprio tornaconto individuale in favore del tornaconto collettivo, cioè poteva senza ipocrisia convincersi che la sua condotta era non solo lecita ma benemerita.
Il paese aveva nello stesso tempo anche un dispendioso bilancio ufficiale alimentato dalle imposte su ogni attività lecita, e finanziava -lecitamente- tutti coloro che, lecitamente o illecitamente, riuscivano a farsi finanziare. Perché in quel paese dove nessuno era disposto non diciamo a fare bancarotta ma neppure a rimetterci di suo ( e non si vede in nome di che cosa si sarebbe potuto pretendere che qualcuno ci rimettesse) la finanza pubblica serviva a integrare lecitamente, in nome del bene comune, i disavanzi delle attività che sempre in nome del bene comune s’erano distinte per via illecita.
La riscossione delle tasse, che in altre epoche e civiltà poteva ambire di far leva sul dovere civico, qui ritornava alla sua schietta sostanza d’atto di forza così come in certe località all’esazione da parte dello stato s’aggiungeva quella d’organizzazioni gangsteristiche o mafioseatto di forza cui il contribuente sottostava per evitare guai maggiori pur provando, anziché il sollievo della coscienza a posto, la sensazione sgradevole d’una complicità passiva con la cattiva amministrazione della cosa pubblica e con il privilegio delle attività illecite, normalmente esentate da ogni imposta.
Di tanto in tanto, quando meno ce lo si aspettava, un tribunale decideva d’applicare le leggi, provocando piccoli terremoti in qualche centro di potere e anche arresti di persone che avevano avuto fino a allora le loro ragioni per considerarsi impunibili. In quei casi il sentimento dominante, anziché la soddisfazione per la rivincita della giustizia, era il sospetto che si trattasse d’un regolamento di conti d’un centro di potere contro un altro centro di potere. Cosicché era difficile stabilire se le leggi fossero usabili ormai soltanto come armi tattiche e strategiche nelle battaglie intestine tra interessi illeciti, oppure se i tribunali per legittimare i loro compiti istituzionali dovessero accreditare l’idea che anche loro erano dei centri di potere e d’interessi illeciti come tutti gli altri.
Naturalmente una tale situazione era propizia anche per le associazioni a delinquere di tipo tradizionale che coi sequestri di persona e gli svaligiamenti di banche ( e tante altre attività più modeste fino allo scippo in motoretta) s’inserivano come un elemento d’imprevedibilità nella giostra dei miliardi, facendone deviare il flusso verso percorsi sotterranei, da cui prima o poi certo riemergevano in mille forme inaspettate di finanza lecita o illecita.
In opposizione al sistema guadagnavano terreno le organizzazioni del terrore che, usando quegli stessi metodi di finanziamento della tradizione fuorilegge, e con un ben dosato stillicidio d’ammazzamenti distribuiti tra tutte le categorie di cittadini, illustri e oscuri, si proponevano come l’unica alternativa globale al sistema. Ma il loro vero effetto sul sistema era quello di rafforzarlo fino a diventarne il puntello indispensabile, confermandone la convinzione d’essere il migliore sistema possibile e di non dover cambiare in nulla. Così tutte le forme d’illecito, da quelle più sornione a quelle più feroci si saldavano in un sistema che aveva una sua stabilità e compattezza e coerenza e nel quale moltissime persone potevano trovare il loro vantaggio pratico senza perdere il vantaggio morale di sentirsi con la coscienza a posto.
Gli onesti
Avrebbero potuto dunque dirsi unanimemente felici, gli abitanti di quel paese, non fosse stato per una pur sempre numerosa categoria di cittadini cui non si sapeva quale ruolo attribuire: gli onesti. Erano costoro onesti non per qualche speciale ragione ( non potevano richiamarsi a grandi principi, né patriottici né sociali né religiosi, che non avevano più corso), erano onesti per abitudine mentale, condizionamento caratteriale, tic nervoso. Insomma non potevano farci niente se erano così, se le cose che stavano loro a cuore non erano direttamente valutabili in denaro, se la loro testa funzionava sempre in base a quei vieti meccanismi che collegano il guadagno col lavoro, la stima al merito, la soddisfazione propria alla soddisfazione d’altre persone. In quel paese di gente che si sentiva sempre con la coscienza a posto loro erano i soli a farsi sempre degli scrupoli, a chiedersi ogni momento cosa avrebbero dovuto fare. Sapevano che fare la morale agli altri, indignarsi, predicare la virtù sono cose che trovano troppo facilmente l’approvazione di tutti, in buona o in malafede.
Il potere non lo trovavano abbastanza interessante per sognarlo per sé (almeno quel potere che interessava agli altri); non si facevano illusioni che in altri paesi non ci fossero le stesse magagne, anche se tenute più nascoste; in una società migliore non speravano perché sapevano che il peggio è sempre più probabile.
Dovevano rassegnarsi all’estinzione? No, la loro consolazione era pensare che così come in margine a tutte le società durante millenni s’era perpetuata una controsocietà di malandrini, di tagliaborse, di ladruncoli, di gabbamondo, una controsocietà che non aveva mai avuto nessuna pretesa di diventare la società , ma solo di sopravvivere nelle pieghe della società dominante e affermare il proprio modo d’esistere a dispetto dei principi consacrati, e per questo aveva dato di sé ( almeno se vista non troppo da vicino) un’immagine libera e vitale, così la contro-società degli onesti forse sarebbe riuscita a persistere ancora per secoli, in margine al costume corrente, senza altra pretesa che di vivere la propria diversità , di sentirsi dissimile da tutto il resto, e a questo modo magari avrebbe finito per significare qualcosa d’essenziale per tutti, per essere immagine di qualcosa che le parole non sanno più dire, di qualcosa che non è stato ancora detto e ancora non sappiamo cos’è. " 
Italo Calvino

giovedì 2 giugno 2016

La Repubblica Italiana nasce dal sangue della Resistenza e vive nella Costituzione

2 GIUGNO - FESTA DELLA REPUBBLICA
Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione.“ 


Quello è il passaggio conclusivo del discoro tenuto da  Piero Calamandrei il 26 gennaio 1955, a Milano nel Salone degli Affreschi della Società Umanitaria, partecipando ad un ciclo di conferenze sulla Costituzione rivolte agli studenti universitari e medi. 
Poche settimane dopo, ritornando sull'origine della Costuituzione Calamandrei ebbe ad sottolineare: «La Repubblica non fu e non doveva essere soltanto un cambiamento di forma di governo: doveva essere, e sarà, qualcosa di più profondo, di più sostanziale: il rinnovamento sociale e morale di tutto un popolo; la nascita di una nuova società e di una nuova civiltà». 
Ecco perchè oggi, a Firenze, una manifestazione promossa da movimenti , fra cui A.N.P.I.e LIBERA, ed esponenti autorevoli della società civile italiana leggerà la Costituzione che , prima ancora che riformata, avrebbe bisogno di essere attuata a perseguire il bene della comunità nazionale!


La riforma della Costituzione Italiana. Una riforma necessaria?...a chi giova?
Nel prossimo ottobre gli italiani saranno chiamati a votare un referendum costituzionale per approvare o respingere la riforma della Costituzione che porta il nome dell’attuale ministra Maria Elena Boschi, che ne è stata la promotrice insieme al governo di Matteo Renzi. Non se ne vorrà qualcuno se il primo appunto che viene al disegno di modifica della Carta Costituzionale muovae proprio dalla comparazione fra la storia personale, la statura morale ed etica, fra coloro che ne furono i primi redattori, i "padri costituenti", e la maggioranza partrtica, raccogliticcia e fragile che ore ne promuove una revisione parziale ma significativa!
Una maggiornaza che nasce addirittura da elezioni politiche che si tennero sulla base di una legge eletorarle sancita come "incostituzionale"(!), "il porcellum", la "legge porcata" così definita dal suo stesso autore il sen. Calderoli. Paradossi di una Italia "terra del Diritto" che, noi comuni cttadini, fatichiamo a volte ad accostare al principio della Giustizia. Una maggioranza che vede la sua conferma numerica, e quindi la sua legittimazione politica "a governare", solo grazie all'apporto di personaggi, fra i quali Denis verdini, più volte "rinviati a giudizio" dalla magistratura inquirente.
Altri dubbi vengono da una considerazioni di fondo: la riforma della Costituzione così come è prospettata non farebbe che sancire il degrado della cosiddetta "costituzione materiale" che si è avuta negli ultimi anni: i diritti dei cittadini ( il diritto al lavoro,all'istruzione, alla salute...), diritti alla cui attuazione la Carta Costituzione chiamava l'istituzione centrale, lo stato, degradati a "bisogni" subordinati a fattori di convenienza e fattibilità economica ( pareggio di bilancio, patti di stabilità; equilibri monetari...); la rappresentanza politica, il potere dei cittadini di eleggere i  propri rappresentanti, addomesticata da istituzioni formate attraverso nomine-incarichi di  "secondo livello" ( a cui si accede in quanto nominati-eletti da coloro che sono già stati nominati-eletti")
Non basta ancora: ad aggravare i dubbi di coloro che si oppongono alla revisione della Carta Costituzionale giungono anche le notizie di altre e differenti entità che si preoccupano ( e si occupano) dei principi stessi che sono alla base della Costituzione Italiana e di altre carte costituzionali europee nate dopo la dittatura nazi-fascista.
Già nell'aprile 2014, la rivista MICROMEGA riportava un articolo dal titolo piuttosto inquietante: "Si scrive Renzi si legge JpMorgan", scritto da Franco Fracassi.
Fra le altre cose , nell'articolo si legge che le riforme che si stanno delineando in Italia sembrano seguire "il dettato" tratteggiato da forze-poteri che altro non sono se non quei poteri finanziari che, proprio per lo strapotere acquisito dalla "finanza" sulla "politica", sono oramai in grado di indirizzare cambiamenti e revisioni di quelle "regole-tutele"  fondamentali che costituiscono la caratteristica delle carte Costituzionali europee, e soprattutto di quella italiana, spagnola, portoghese.
Riportiamo  quel passaggio, invitanto ad una attenta lettura. 


Estratto dall'articolo "Si scrive Renzi si legge JpMorgan"

"(...) Il 28 maggio 2013 la JpMorgan ha redatto un documento di sedici pagine dal titolo "Aggiustamenti nell'area euro".

«Quando la crisi è iniziata era diffusa l'idea che questi limiti intrinseci avessero natura prettamente economica. Ma col tempo è divenuto chiaro che esistono anche limiti di natura politica. I sistemi politici dei Paesi del Sud, e in particolare le loro Costituzioni, adottate in seguito alla caduta del fascismo, presentano una serie di caratteristiche che appaiono inadatte a favorire la maggiore integrazione dell'area europe.
I problemi economici dell'Europa sono dovuti al fatto che i sistemi politici della periferia meridionale sono stati instaurati in seguito alla caduta di dittature, e sono rimasti segnati da quell'esperienza. Le Costituzioni mostrano una forte influenza delle idee socialiste, e in ciò riflettono la grande forza politica raggiunta dai partiti di sinistra dopo la sconfitta del fascismo.
I sistemi politici e costituzionali del Sud presentano le seguenti caratteristiche: esecutivi deboli nei confronti dei parlamenti, governi centrali deboli nei confronti delle regioni, tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori, tecniche di costruzione del consenso fondate sul clientelismo, il diritto di protestare se i cambiamenti sono sgraditi. La crisi ha illustrato a quali conseguenze portino queste caratteristiche. I Paesi della periferia hanno ottenuto successi solo parziali nel seguire percorsi di riforme economiche e fiscali, e abbiamo visto esecutivi limitati nella loro azione dalle costituzioni (Portogallo), dalle autorità locali (Spagna), e dalla crescita di partiti populisti (Italia e Grecia)».
Riassumendo, la JpMorgan ci dice: liberatevi al più presto delle vostre costituzioni antifasciste.!" 
(...) Per l'economista Emiliano Brancaccio: «Maggiore è il potere del parlamento, più è difficile ridimensionare lo stato sociale. Un orientamento di segno opposto, invece, mira a redistribuire il reddito favorendo il profitto e le rendite, non certo a un ammodernamento del Paese. Nella Costituzione italiana e in quelle antifasciste ci sono norme che vincolano la tutela della proprietà privata, che può essere espropriata per fini di pubblica utilità. Le istituzioni finanziarie hanno spesso interesse a realizzare acquisizioni estere di capitali nazionali, e dunque hanno interesse a garantire che la proprietà del soggetto straniero che acquisisce sia tutelata. Con queste Costituzioni il soggetto straniero che viene ad acquisire spesso a prezzi stracciati capitale nazionale di Paesi in difficoltà non è totalmente tutelato perché potrebbe essere espropriato. Dietro la parolina magica "m odernizzazione", spesso pronunciata da JpMorgan, c'è dunque la tutela degli interessi di chi vuole venire a fare shopping a buon mercato in Italia e in altri paesi periferici dell'Unione europea».