venerdì 23 novembre 2012

Processo "Minotauro": a Torino è il giorno del pentito Rocco Varalli


 Varacalli ha spiegato che la struttura dell’organizzazione criminale «a Torino è la stessa cosa che in Calabria, non cambia nulla. 

La `ndrangheta è fatta come un polipo, con la testa e i tentacoli».


Fonte: La Stampa

Si è guadagnato più durante le Olimpiadi del 2006 che in una strada di Calabria”

MASSIMILIANO PEGGIO
TORINO


Rocco Varacalli in una immagine di repertorio 
In aula il pentito Varacalli, teste chiave per Minotauro, racconta gli anni dell’adolescenza: «Cosa serve lavorare tutto il giorno? Con la droga puoi fare tanti soldi»

Rocco Varacalli uno dei principali collaboratori di giustizia, noto anche per la sua recente fuga dal programma di protezione, ha fatto il suo ingresso nell’aula bunker delle Vallette, poco prima delle 10, per raccontare i rapporti delle famiglie affiliate alla ’ndrangheta. Rapporti che si intrecciano tra la Calabria e il Piemonte. Il suo racconto è iniziato dal periodo in cui era adolescente, a 17 anni, quando per la prima volta ha avuto coscienza della criminalità, a Torino, giovane immigrato dal sud. 

Un amico di famiglia lo ha introdotto nel mercato della droga: «Cosa serve lavorare tutto il giorno, sporcarsi di calce ? Con la droga puoi fare tanti soldi». Da questo punto è la sua testimonianza, che si protrarrà per gran parte della giornata. A condurre l’interrogatorio sono i pm Roberto Sparagna e Monica Abbatecola, di fronte al collegio presieduto da Paola Trovati. 
«Per aprire un locale di `ndrangheta a Torino bisogna avere minimo 49 uomini, o di più e non di meno, e serve il «crimine» con tutte le cariche. Se no non si può».  
Varacalli ha spiegato che la struttura dell’organizzazione criminale «a Torino è la stessa cosa che in Calabria, non cambia nulla. La `ndrangheta è fatta come un polipo, con la testa e i tentacoli». Poi, per spiegare che a seconda della situazione e del momento storico la `ndrangheta guarda più al nord o al sud per i suoi affari: «si è guadagnato più a Torino durante le Olimpiadi 2006 che in una strada di Calabria».  


Varacalli ha anche fatto riferimento alla Massoneria, «quella vera e propria». Mentre spiegava i vari gradi e i ruoli a cui il membro della ’ndrangheta può aspirare, Varacalli ha raccontato: «Attaccare i ferri significa essere completo nella Società minore ed essere pronto ad arrivare alla Santa, al Vangelo, ai gradi della Società maggiore. La massoneria ha voluto la Santa. Avere la Santa può avere a che fare con la Massoneria, quella vera e propria, che è come la ’ndrangheta, dove ci sono geometri, avvocati, preti. Chi arriva alla Santa è perchè è già capace di uccidere. Dopo la Santa ti riconosce la mafia, la massoneria e tutta la provincia».  

Varacalli, che nel 2004 era diventato camorrista finalizzato all’interno del locale di Natile di Careri di Torino, al cui vertice negli anni si sono avvicendati Paolo Cufari, Saverio Napoli, Enzo Argiro’ ha spiegato la storia recente della ’ndrangheta in Piemonte e la sua strategia gerarchica. “Quando io sono stato attivato da Torino, nel 1994, gli ’ndranghetisti erano tutti uniti e c’era un locale solo, al cui vertice c’era Rocco Spera, un uomo anziano e zoppo” ha spiegato. Poi negli anni si sono sviluppati diversi locali, riconosciuti da San Luca. “I locali non riconosciuti si chiamano Bastarda e questi fanno gli stessi traffici della ’ndrangheta, ma da soli senza fare capo a San Luca” ha spiegato tra le altre cose Varacalli.  




mercoledì 21 novembre 2012

Quando la crisi uccide la speranza


Leggi Marco Aurelio: "Di ogni singola cosa chiediti che cos'è in se, qual'è la sua natura..."

Lo abbiamo capito: quando parliamo della battaglia non-violenta alle mafie, quando parliamo di "antimafia", parliamo essenzialmente della "guerra" che, a partire dalle prime cooperative siciliane nate alla fine dell'Ottocento, è stata combattuta per la conquista del Lavoro:  il lavoro vero e onesto che permette di liberarsi dal ricatto degli uomini delle mafie. 

Il lavoro è il mezzo attraverso il quale si conferisce dignità e libertà alla nostra vita. 


Fonte: La Stampa

Non trova un lavoro

Si uccide a cinquant’anni


La moglie: nessuno lo voleva L’uomo, Massimo P., ha telefonato alla moglie al lavoro alle 11 e alle 14,30 ha impugnato la pistola che teneva in casa

Era disoccupato da gennaio, si è sparato alla tempia
MASSIMO NUMA
«Ci faremo sentire noi, grazie e arrivederci». Poi, «Il curriculum va benissimo, lei è proprio adatto al tipo di lavoro che noi offriamo;  unico problema l’età....». Stanco di queste risposte, stanco di camminare da un’agenzia interinale all’altra, stanco di ritornare a casa dalla moglie, che almeno un lavoro l’ha ancora, con la solita faccia di chi non riesce a risolvere il problema, lo stesso da mesi, esattamente da gennaio, quando era scaduto - senza rinnovo - l’ultimo contratto di lavoro. 

Il problema è quello di essere un precario, un disoccupato senza speranza. Abbastanza giovane per assumere ancora un incarico di responsabilità, ma ormai inesorabilmente tagliato fuori dal mondo del lavoro, in preda a una crisi che non accenna a risolversi. Così Massimo P., 50 anni, un’ex guardia giurata, residente in corso Brunelleschi, ieri alle 14,30, ha impugnato la pistola regolarmente denunciata, e s’è sparato un colpo alla testa. Morto sul colpo. Fine della sofferenza.  

L’ultima telefonata con la moglie, ieri mattina alle 11. Niente che lasciasse trapelare le sue intenzioni. Una coppia con una vita serena alle spalle, senza figli. «Era molto triste in questo periodo, proprio per la mancanza di lavoro, ma non prendeva nè farmaci, nè aveva mai dato segni di un esaurimento nervoso», ha detto la moglie alla polizia. E’ lei che, tornando a casa, ha scoperto il corpo. Il marito non ha lasciato alcun biglietto. «Da gennaio era rimasto definitivamente a casa, inutili tutti i suoi tentativi di trovare un’occupazione, di qualsiasi tipo, anche diversa dalla sua. Niente. Aveva collezionato solo delusioni». 
Un dolore profondo vissuto con dignità, senza mai abbandonare il rispetto per se stesso e gli altri. Quella lunga teoria di porte chiuse, di lunghe attese in uffici anonimi, con il vestito buono per fare bella figura, sempre in ordine, gli avevano scavato l’anima.  

Guardarsi allo specchio, ogni mattina, e chiedersi perchè svegliarsi e ritrovarsi prigioniero di un incubo, ad aspettare invano una telefonata; aprire il computer, scrutare la casella delle mail ingombre solo di spam. Ripercorrere per mille volte gli anni passati, quando i colleghi, i capi, lo stimavano per le sue qualità, per tutte quelle volte che si era trovato a risolvere situazioni difficili e delicate. E la sua onestà, che nel curriculum non si può indicare, come un inutile optional, valore zero. 

«Non riusciva più ad avere un impiego che non fosse a tempo, che durasse non più di qualche mese, a volte tre mesi, e poi di nuovo a casa, ad aspettare», spiega ancora la sua compagna, rimasta sola, con i ricordi felici di pochi anni fa, quando erano una coppia con i conti in ordine, con la possibilità di andare in vacanza, di dare un senso alla fatica quotidiana. Restano le foto di un mondo che non c’è più, con i suoi riti che sino a ieri sembravano immutabili.  

Gli agenti del 113 hanno ricostruito la storia, la Scientifica ha concluso l’intervento solo a tarda sera. Solo atti burocratici e una scarna relazione di servizio, eguale o simile ormai a tante altre, in questo periodo.  

martedì 20 novembre 2012

Lea Garofalo testimone di giustizia, uccisa e sciolta nell'acido dalla 'ndrangheta. Milano ricorda il suo sacrificio

Lea Garofalo, Lea Garofalo testimone di giustizia, uccisa e sciolta nell'acido dalla 'ndrangheta. Milano ricorda il suo sacrificio per il riscatto e la dignità di tutti noi. Iniziative dal 19 al 25 novembre.



l'ultima passeggiata di Lea Garfalo insieme alla figlia Denise

Riportiamo l’articolo scritto da Nando dalla Chiesa e pubblicato su "Il Fatto Quotidiano" il 2 aprile 2012

Lea Garofalo e le ragazze che non mollano

Sei ergastoli per il clan Cosco. Per tutti gli imputati dell’assassinio di Lea Garofalo, la giovane donna calabrese uccisa a Milano per ordine del marito. Colpevole di avere scelto di uscire con la figlia Denise dall’ambiente infernale del narcotraffico e delle faide tra clan e perciò testimone di giustizia. Attirata in trappola dal marito, “giustiziata” a colpi di pistola e successivamente sciolta in cinquanta litri di acido.
Una storia terribile che si è incisa nella coscienza di molti. La ferocia bestiale non aveva fatto però i conti con il coraggio della figlia, che ha trovato la forza di denunciare il padre. E di affrontare la clandestinità per sottrarsi alle pressioni e ai condizionamenti dei familiari. Un delitto, uno sfondo di traffici, un luogo di origine, che disegnano un tipico contesto mafioso, anche se in aula il pubblico ministero non ha voluto invocare l’aggravante di mafia. Da cui la scelta del comune di Milano di costituirsi parte civile. E da qui, soprattutto, l’entrata in scena di un attore collettivo che certo gli imputati non avevano previsto: un gruppo di giovanissime donne, mescolate a qualche coetaneo. Studentesse appena maggiorenni o perfino minorenni che avevano sentito parlare di questa storia in qualche incontro sulla legalità nella propria scuola. Che avevano saputo di questa ragazza fuggitiva e costretta a testimoniare contro il padre e che probabilmente non sarebbe stata creduta: l’avrebbero fatta passare come psichicamente instabile, avrebbero messo in giro su di lei voci ignobili, quante volte non è successo? E chi mai avrebbe preso le sue parti nella Milano in cui per fare accorrere i fotografi bisogna chiamarsi Ruby o Nicole?
Così le giovanissime donne hanno deciso di stare accanto a Denise e di fare propria la sua richiesta di giustizia. Lucia, Marilena, Giovanna, Giulia, Monica, Alessandra, Paola, Elisabetta, Costanza, più di una quindicina in tutto, si sono fatte trovare il 21 settembre al Palazzo di Giustizia, prima sezione della corte d’assise. Emozionate come delle debuttanti. I Cosco non capirono chi fossero e che cosa volessero quelle ragazzine. Così mandarono, perché anche questo succede, un agente della polizia penitenziaria da Giovanna per sapere come mai si fossero date appuntamento proprio lì. Quando lei si sentì interrogare, nonostante l’inesperienza, capì che qualcosa non andava: “E lei perché me lo sta venendo a chiedere?”.
A ogni udienza, appena finita la scuola, le ragazze si davano appuntamento. Dal Virgilio, dal Volta, dal Caravaggio, dall’Università. Anche se Denise non c’era, essendo sotto massima protezione. Si mobilitavano per lei, per la coetanea mai vista e mai conosciuta a cui avevano ucciso e sciolto nell’acido la madre. Con l’idea che quella ingiustizia pesasse anche su di loro. Rimasero perciò di sasso quando il presidente della Corte venne nominato Capo di gabinetto dal nuovo ministro della Giustizia. Quando seppero che per questo il processo sarebbe dovuto ricominciare. Davvero Denise, che già aveva fatto violenza a se stessa per testimoniare la prima volta, sarebbe dovuta tornare ad affrontare domande e insinuazioni? Lucia ricorda perfettamente lo sgomento: “Era novembre, un mercoledì pomeriggio, quando sapemmo che bisognava rifare tutto daccapo. Pensammo che era assurdo, che non esisteva, così decidemmo che il giorno dopo non saremmo andate a scuola e avremmo portato uno striscione bianco con le bombolette mettendoci davanti al tribunale per dire che volevamo giustizia per Denise. Qualcuno ci ammonì che rischiavamo di apparire critiche verso i magistrati, ma noi lo facemmo lo stesso. Ingenuamente, forse. Ma per giustizia”.
Continuarono a esserci. Hanno dato vita addirittura a un presidio di Libera intitolato “Lea Garofalo”Con tanti giovedì sera passati a decidere come coinvolgere giovani e adulti o per stabilire come ripartirsi i turni. L’altro ieri, appena è circolata la voce che la sentenza sarebbe stata pronunciata verso l’ora di cena, si sono date appuntamento di corsa al palazzo di giustizia. Fuori dall’aula, agitate, in silenzio, tenendosi per mano tutto il tempo, con qualche ragazzo che riscattava con la sua presenza il genere maschile. L’emozione della prima sentenza attesa in vita loro. I sei ergastoli? “Non c’è da essere contenti”, dice Giovanna, “Lea non tornerà in vita e un ventenne all’ergastolo (il fidanzato di Denise; nda) non è una bella notizia, però penso che Denise ha avuto giustizia e mi sento più leggera”. Altri i toni di Lucia: “Sono felice. Perché mi sembra che a volte le cose vadano per il verso giusto”. C’è quasi una morale in tutta la vicenda, a ripensarci. Una donna indifesa è stata uccisa con ferocia inaudita da sei uomini. Una donna indifesa anche lei, almeno all’inizio, ha avuto il coraggio di testimoniare per amore. Un’altra donna (la presidente Anna Introini) ha guidato il processo a passi veloci. E altre giovanissime donne hanno voluto che questa storia diventasse di tutti, facendone uno straordinario fatto pubblico.
Lea Garofalo, che gli assassini volevano fare tacere e scomparire per sempre, parla oggi con la sua storia a una città, forse al paese
Noi abbiamo fatto una cosa semplice, spontanea”, commenta Marilena, “si pensa sempre che si debbano fare grandi cose per cambiare, noi abbiamo solo voluto immedesimarci con un’altra ragazza e aiutarla. Certo la sentenza è importante, ma Denise continuerà a vivere sotto protezione. Per questo non finisce qui. Noi le staremo accanto ancora”.
Il Fatto Quotidiano, 1 Aprile 2012

giovedì 15 novembre 2012

Presentata a Firenze la diciottesima edizione della Giornata della Memoria e dell’Impegno in Ricordo delle Vittime Innocenti delle Mafie, promossa da Avviso Pubblico e Libera


Il 13 novembrea Firenze, presso la Sala Pegaso di Palazzo Strozzi, si è svolta la conferenza stampa di presentazione della diciottesima edizione della “Giornata della Memoria e dell'Impegno” in ricordo delle vittime delle mafie. Erano presenti: Andrea Campinoti, Presidente di Avviso Pubblico, Don Luigi Ciotti, Presidente di Libera, Gianni Salvadori, assessore della Regione Toscana, Andrea Barducci, Presidente della Provincia di Firenze e don Andrea Bigalli, referente regionale di Libera in Toscana.
“Ospitare la Giornata della Memoria e dell’Impegno a Firenze – ha affermato Gianni Salvadori, assessore della Regione Toscana - rappresenta per noi un’occasione importante. Sarà un modo per il nostro territorio di prendere coscienza della vera forza delle mafie e di come fare per contrastarle. La Toscana non è immune dal rischio delle infiltrazioni mafiose, abbiamo ben 61 beni confiscati alle mafie, 11 in più rispetto al 2010; mi sembra un dato da non sottovalutare”. Andrea Barducci, Presidente della Provincia di Firenze, ha continuato: “Noi daremo tutto il supporto necessario e cercheremo di fare in modo che, durante le giornate del 15 e del 16 marzo, ci sia una forte risposta da parte dei cittadini della Regione Toscana. Ma vogliamo anche dare continuità a questa Giornata della Memoria e dell’Impegno e proporre a Libera e Avviso Pubblico di svolgere in Toscana uno dei loro campi di lavoro estivi, per mettere in campo azioni concrete e dare dei segnali forti alla popolazione”.
Andrea Campinoti, Presidente di Avviso Pubblico, ha dichiarato: “Ringraziamo le istituzioni toscane per aver accettato con orgoglio la proposta di organizzare, a Firenze, la Giornata della Memoria e dell’Impegno. Sarà un momento di memoria ma anche un’occasione per tutti noi di mettere in campo un maggior impegno e un’opportunità per vedere cosa è stato fatto e cosa invece si deve ancora fare in questa Regione nella lotta alle mafie”. “Le mafie vivono di relazioni esterne – ha continuato Campinoti – e come Avviso Pubblico chiediamo ai partiti di stilare programmi chiari, di candidare persone oneste, responsabili, di non restare indifferenti. Visto che saremo in periodo elettorale, noi chiediamo alle forze politiche di non candidare rinviati a giudizio per gravi reati, perché chi ricopre un incarico pubblico ha un dovere in più, e non un diritto in più. Il dovere di dare l’esempio”.
La conferenza si è conclusa con l’intervento di Don Luigi Ciotti, Presidente di Libera, il quale, rivolgendosi ai rappresentanti istituzionali presenti, ha dichiarato: “Io non vi ringrazio, perché avete fatto solo il vostro dovere. Il prossimo 16 marzo saremmo in questa terra per ricordare Giampaolo Meucci, Antonino Caponnetto, Pier Luigi Vigna, Gabriele Chelazzi, le vittime della strage di via dei Georgofili e le tante vittime di mafia”. “La Giornata della Memoria e dell’Impegno non è un evento né una cerimonia, ma un momento importante per ricordare le persone che sono morte per la democrazia del nostro Paese. Leggere i loro nomi è un segnale forte – ha continuato Don Ciotti - un dovere che tutti noi abbiamo, prendendo l’esempio dagli stessi famigliari delle vittime che hanno trasformato il loro dolore in impegno”. Infine, don Ciotti ha avuto un pensiero per i giovani: “Ai giovani dobbiamo offrire cose concrete, una politica pulita, delle buone leggi e un’etica dell’economia, per costruire un modo alternativo, onesto e pulito. Il problema non è solo il male ma anche di quanti guardano e lasciano fare. Non dobbiamo essere cittadini ad intermittenza, ma dobbiamo essere cittadini veri”.
La XVIII edizione della “Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime delle mafie” che si svolgerà il prossimo 16 marzo a Firenze, è promossa da Avviso Pubblico e Libera, in collaborazione con la Rai Segretariato Sociale e Rapporti con il Pubblico, con il patrocinio delComune di Firenze, la Provincia di Firenze, la Regione Toscana e sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica.
http://www.avvisopubblico.it

mercoledì 14 novembre 2012

Il presidio “Rita Atria” incontra l'arch. Luca Barbero, capogruppo del PD nel Consiglio Comunale di Pinerolo.


Sentinelle del territorio. Le vicende urbanistiche della città di Pinerolo.

L’urbanistica ci pare un tema importante in quanto, a nostro parere, può rappresentare un indicatore utile ad individuare gli scopi, gli indirizzi, il “progetto generale” che guida e determina il carattere di una amministrazione locale.


  1. (dal min. 1.50): Perché non è stato ancora posto in discussione l’attuale Piano Regolatore Generale di Pinerolo, da tutti considerato -a parole- superato e sovradimensionato ?
  2. (dal min. 6.20): Nel quadro tratteggiato si inserisce la Legge 106/2011 e la circolare regionale che ne precisa i criteri di attuazione. Vuoi dare un giudizio su questa legge?
  3. (dal min. 10.50): Quali sono i punti fondamentali, l'asse portante, della circolare regionale che dovrebbe fornire gli strumenti di indirizzo alle amministrazioni? Tutto questo considerando che nella proposta di delibera presentata sul tema dal gruppo "Progetto per Pinerolo" si  legge: "(...) una sua applicazione non regolamentata rischia di generare disparità di trattamento, squilibri urbanistici e di originare plusvalenze a beneficio degli operatori che non portano alcun ritorno alla collettività”.
  4. (dal min. 15.05): L'area della PMT: le nuove aree residenziali che si vengono a generare dal cambiamento di destinazione d'uso chiesta dalla ditta, vanno a sommarsi a quelle previste dal PRG , le sostituiscono o diventano complementari?
  5. (dal min. 17.40): La preoccupazione che emerge anche dalla relazione presentata al sindaco di Pinerolo dalla sezione pinerolese di italia Nostra è che si inneschino processi di speculazione edilizia che vadano ad aumentare il numero delle abitazioni in Pinerolo, laddove dati ufficiosi parlano di circa  4.000 alloggi sfitti...
  6. (dal min. 21.14): Nella seduta della Commissione Urbanistica a cui abbiamo assistito, la maggioranza politica di Pinerolo ha espresso chiaramente l’intenzione di volersi esprimere su di un caso “particolare e specifico”, l’area della PMT, prima ancora che sia definito il quadro regolamentare generale sull'applicazione della legge, correndo così il rischio di apparire parziale nei confronti di un "caso specifico". Perché questo è avvenuto?
  7. (dal min. 25.00): Qual'è la differenza sostanziale fra "variante" ( al PRG) e "permesso di costruire in deroga" ( al PRG)?
  8.  (dal min. 26.20): Le semplificazioni permesse dal "permesso di costruire in deroga" non fanno si che questo permesso rischi di diventare una sorta di "contratto privato" fra l'imprenditore e l'Amministrazione, evitando i tavoli di confronto che dovrebbero servire a mediare e a coinvolgere anche la cittadinanza?
  9.  (dal min. 32.20): Da parte dell'Amministrazione, esiste l'obbligo di aderire alla proposta dell'imprenditore di operare con gli strumenti della legge 106/2011?
  10. (dal min. 35.05) Quali sono a vostro parere gli strumenti coi quali l’amministrazione può vincolare le aziende al mantenimento occupazionale a medio termine, dal momento che sembra essere questo spesso l’oggetto del patto fra impresa e collettività?
  11. (dal min. 39.10):  Ci è parso interessante il quesito posto alla maggioranza da un consigliere dell’opposizione:  quello proposto dalla PMT, e gli altri interventi abbozzati,  sono “progetti virtuosi” per la città di Pinerolo?” La Pinerolo che abbiamo "a cuore" ha davvero bisogno di questi interventi? 
  12. (dal min. 42.25): Nella circolare indirizzata alle amministrazioni vengono sottolineati due aggettivi importanti per le trasformazioni che si andrebbero a ipotizzare. gli aggettivi sono i seguenti: "compatibile" e "complementare". Vuoi spiegarci di cosa si tratta e che cosa implicano i due termini?
  13. (dal min. 48.15): Le edificazioni permesse dalla legge 106/2011, edificazioni ancora solo "in fieri", non corrono il rischio di far decadere il valore economico-commerciale del patrimonio edilizio esistente? E' stato considerato questo aspetto?
  14. (dal min. 51.41): Siamo un presidio di Libera. Vorremmo allora riproporre una domanda che avevamo posto a Marco Gaido e a Massimiliano Puca, promotore e presidente della neo-nata Commissione Consiliare Speciale: “Poichè l'urbanistica  e l'edilizia, come governo e utilizzo del territorio da parte di una amministrazione, sono purtroppo da sempre i settori che maggiormente hanno risentito dell’infiltrazione mafiosa, per il riciclo del "denaro sporco" e come posta per il "voto di scambio", ritieni che l'urbanistica e l'edilizia del territorio di Pinerolo siano settori da “attenzionare”?
  15. (dal min. 54.19): quali gli strumenti e gli atteggiamenti di cui dovremmo dotarci, noi cittadini e voi amministratori, per evitare quanto accaduto in territori a noi vicini? ( il riferimento è a quanto emerso dalle Operazione "Minotauro" e "Maglio" sulla presenza della 'ndrangheta in Piemonte)
  16. (dal min. 57.10): Una domanda secca: come mai il Sindaco Buttiero conserva ancora la delega all'Urbanistica?
  17. (dal min. 59.00): Massimiliano Puca ha parlato più volte dell’attuale maggioranza del Consiglio Comunale di Pinerolo come del “partito del cemento”. Questa definizione è solo una battuta? oppure: sulla base di quali ipotesi questa battuta può essere "tirata fuori"? 
  18. (dall'h. 1.01.09): Confermi quindi l'impegno dell'Amministrazione sui principi contenuti nel documento programmatico e riguardanti il consumo del suolo, la tutela del Paesaggio, del territorio? sentite questo come un impegno pressante e presente nella vostra pratica amministrativa? E poi: secondo noi, tema importante è quello del "conflitto di interessi che potrebbe verificarsi in determinate situazioni...
  19. (dall'h. 1.03.45): Come amministratori, vi sentite responsabili della tutela della Bellezza della città di Pinerolo...poichè, come sostenevano gli antichi Greci, l'Estetica viene prima dell'Etica?
  20. (dall'h. 1.05.425): La domanda conclusiva. Hai Tu delle domande da porre al presidio "Rita Atria"?